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L’acqua come materiale dell’arte

A cura di Giorgio Cellini

Secondo una possibile definizione da me proposta, essere artisti non è essere in grado di realizzare una o più opere d’arte, ma è la realizzazione di un modo di vivere e di essere nel mondo. Quindi l’arte è anzitutto un modo per porci delle domande e per provare a vedere le cose di tutti i giorni da nuovi e inaspettati punti di vista.

Se nella contemporaneità riassumessimo il nostro modo di percepire il mondo attraverso un senso parleremmo di visione. Se ne parlassimo in termini filosofici utilizzeremmo la parola tedesca Weltanschauung, traducibile in italiano con “immagine del mondo”, che serve a farci comprendere come possa esistere una concezione della vita e del mondo che accomuna gruppi di individui.

La Weltanschauung degli artisti potrebbe essere affine e vicina a quella di scienziati stravaganti: grandi curiosi e sperimentatori che non si accontentano di studiare ma devono provare, testare, realizzare, creare, teorie o opere che siano. A differenza degli scienziati, però, l’artista non applica una conoscenza e un metodo scientifico per lo studio e la comprensione del mondo: il suo approccio possiede semmai delle regole attribuite arbitrariamente, che possono essere anche soggettive o non universali – si ricordi infatti che anche l’incoerenza può essere un criterio più che valido per la ricerca artistica!

Il nostro obiettivo è oggi quello di capire come alcune performance o operazioni artistiche ci offrano spunti originali per guardare l’acqua, la neve, il ghiaccio da nuove e particolari prospettive. La storia dell’essere umano, come sappiamo, è indissolubilmente legata a questo elemento. Questa relazione è stata segnata prima di tutto da motivi biologici, di sussistenza, e successivamente economici e di spostamento… Oltre a queste, che rispondono a caratteri pragmatici o di necessità, esistono altri tipi di relazioni in cui l’acqua occupa un posto rilevante in tutto ciò che riguarda un aspetto spirituale e poetico, e trascendente – cosa sarebbe La zattera della Medusa di Théodore Géricault (1818-1819) o l’Odissea senza il mare?

Insomma, l’essere umano conosce molto dell’acqua, sia intesa come materia sia per la carica poetico-emozionale che porta con sé.

E che cosa ci sarà di “nuovo” da scoprire?
Cosa si potrà scoprire di “nuovo” grazie ad essa?
Cosa verrà messo in discussione con questo atteggiamento?

I due artisti di cui tratteremo hanno cominciato a lavorare dagli anni ‘60, in una stagione caratterizzata da forti contrasti socio-culturali promossi da quei giovani che tentavano di cambiare e stravolgere le regole del sistema. Le rispettive prassi artistiche sono inoltre connotate da una precisione e da un metodo pseudo-scientifico che le rende ancora di più assurde e inconcludenti. Da ciò deriva un agire ironico, che tocca punte di sarcasmo fino a diventare satira, rivolto contro la società e la cultura preesistente.

In questo momento di grandi cambiamenti cominciare, o ri-cominciare, dall’acqua sembra estremamente appropriato.

A tagliare l’acqua

Fabrizio Plessi (1940), artista che ha dedicato una parte considerevole della sua ricerca artistica all’acqua, si relaziona con questo elemento come se non ne fosse entrato in contatto prima di allora. L’artista ne studia le caratteristiche e un possibile utilizzo, con un portato esperienziale vuoto, sgombero da reminiscenze e ricordi. L’essenza fluida del materiale trattato ne determina il suo essere privo di contorno, di forma, attestandosi in maniera paradossale come uno dei materiali potenzialmente più malleabile. Il suo andamento – lo scorrere di un corso d’acqua -, la sua apparente ciclicità – delle maree, e delle piogge – ne determina il suo essere espressione e metafora di tempo e temporalità. L’acqua diventa il luogo, il soggetto, e infine lo strumento, per svolgere azioni assolutamente inutili, che proprio per il loro carattere di inutilità divengono opportunità d’indagine e conoscenza dell’azione stessa.

Le azioni emblematiche ed efficaci a spiegare questa prassi sono quelle del taglio dell’acqua. Ne fanno parte 100 pezzi d’acqua (1973), in cui l’artista taglia, con forbici da cucina, a cadenza di sessanta secondi, e quindi in parti equali, un getto d’acqua che sgorga da un lavandino, Stichter See in zwei gleiche Teile sägen (1975) in cui con una sega divide da sponda a sponda il lago tedesco di Stichter, e Quattro spedizioni inutili (1976) in cui si pone l’obiettivo di dividere esattamente a metà i quattro fiumi più lunghi del mondo – Nilo, Mississippi, Rio delle Amazzoni, Gange. Ora, chi potrà mai verificare se il primo tratto d’acqua di sessanta di secondi è lungo quanto il secondo?
Con che mezzi si potrà stabilire l’effettiva specularità delle due parti di lago legato? In che modo sarà possibile dividere il flusso dei due fiumi?

Se noi ci concentrassimo su questo genere di domande e se ricercassimo il risultato dell’azione rimarremmo assolutamente delusi di quello che troveremmo. Se scattassimo delle fotografie di un “prima dell’azione” e di un “dopo l’azione” non noteremmo nulla di diverso tra le due. Rimane allora la consapevolezza dell’artista di aver compiuto un’azione, di aver eseguito un gesto.

Prendendo come caso il taglio del lago Stichter, che come opera è materialmente presentato da due fotografie intitolate Il lago Stichter prima di essere segato e Il lago Stichter dopo essere stato segato, scopriremo che l’opera d’arte derivante – fotografie e titolo indirizzate ad un pubblico – si fa portatrice, testimone e propulsore, dell’azione e di ciò che essa porta. L’acqua diventa la materia invisibile attraverso la quale è possibile dare un significato a un’opera d’arte.

Attività n. 1

Tagliare è un’operazione che permette all’uomo di contare. Ma cosa accade quando le cose non possono essere tagliate e quindi contate o misurate, a causa della loro stessa natura?

Sarà proprio a causa dell’impossibilità di eseguire un’azione semplice ed elementare come questa, che possiamo guadare alle cose che ci circondano in modo rinnovatamente curioso.

Andate quindi alla ricerca, insieme ai vostri bambini, di tutte le cose im-misurabili.

Potete cominciare con l’acqua per proseguire con le nuvole, passando per la luce…

Catalogatele, descrivetele, fotografatele… e provate a immaginare dove ognuna di queste cose incommensurabili vi può condurre.

Attività ispirata all’opera/libro Misurare le cose im-misurabili di Ayumi Kudo.

Wow: ecco che arriva l’impossibile!

Per molti versi affini all’operazione di Plessi, si possono ricordare le performance – registrate e presentate tramite fotografie e video – realizzate da Gino De Dominicis (1947) tra il finire degli anni ‘60 e gli inizi degli anni ’90. La sua spasmodica ricerca dell’Immortale l’ha condotto a spingersi e a indagare oltre i limiti del visibile. A proposito di acqua, nel 1969 realizza il video Quadrati Cerchi in cui, seduto sulla riva di un fiume, lancia pietre tra i flutti con l’obiettivo di creare onde di forma quadrata anziché circolare. Dal video viene estratta una fotografia Tentativo di far formare dei quadrati invece che dei cerchi attorno ad un sasso che cade nell’acqua. Il tentativo di creare dei quadrati, che dimostra la resistenza a un’evidenza tanto scientifica quanto esperienziale ed empirica, è estremamente arduo ma De Dominicis, avvalendosi dell’intermediazione dell’opera d’arte, tenta di confutare l’impossibilità della missione. L’immortalità, che come si sa è questione di “tempi”, viene sfidata dalla ripetizione del gesto che innesca una ciclicità temporale, come quella delle maree o del fluire di un corso d’acqua. L’artista, nel caso specifico di De Dominicis, è un’alchimista che dal suo laboratorio tenta di modificare il mondo plasmando la materia in opera d’arte.

Attività n. 2

L’artista utilizza il tema dell’acqua per rapportarsi al tema dell’impossibile, tema meraviglioso per stimolare l’immaginazione dei bambini. E allora perché non giocare a inventare domande impossibili e da lì partire per un viaggio verso l’ignoto?

Ecco qui qualche esempio:
Quanto è lungo un pezzo di spago?
A cosa assomiglia l’universo?
Dov’è il dentro di nessun posto?

Ogni bambino può scrivere la propria domanda impossibile su di un foglio che verrà posto in un contenitore da cui a turno si pescherà. Dopo aver pescato a caso la propria domanda impossibile, ogni bambino proverà a immaginarne l’impossibile risposta o disegnandola o scrivendola sotto forma di storia e racconto.

Attività ispirata al libro Sessanta cose impossibili prima di pranzo di Harriet Russell.

Chiudiamo questa breve e personale riflessione con I’artista americano David Horvitz (1987). È attratto dal colore dell’acqua e dalla sua onnipresenza pervasiva. Nel 2017 ospite sull’isola di Favignana in Sicilia, realizza una serie di timbri con incisi i sostantivi italiani utilizzati per l’acqua in tutte le sue forme: pozzanghera, fiume, lago, mare, nebbia, eccetera. Con questi stampa piccole poesie di tre righe che diventano cartoline spedite a tutti coloro che compaiono nell’elenco telefonico dell’isola dell’anno precedente. Le cartoline vengono spedite dalla Sicilia continentale per far sì che compiano un viaggio in mare prima di raggiungere i destinatari. Horvitz non le firma, lasciando che il loro percorso e l’interpretazione dell’ignaro destinatario possa determinare gli effetti non controllabili e imprevedibili del suo gesto.

Attività n. 3

Perché non provare anche con i bambini questa attività?

Prendete dei cartoncini formato cartoline.

Sul retro invitate i bambini a creare brevi testi usando tutto il campo semantico relativo all’acqua.
Sul fronte, invitatateli a illustrare quanto scritto.

E poi, proprio come un flusso, invitateli a scambiarsi queste cartoline tanto preziose quanto semplici.

L’acqua accomuna tutti gli esseri viventi e proprio per questa sua aderenza alla vita la rende uno dei più fertili materiali con cui artisti, di diverse generazioni e con diversi peculiarità, sono stati in grado e saranno in grado di realizzare opere con un grande potere immaginativo e poetico, propulsore per immaginare e costruire un nuovo orizzonte del possibile.


Giorgio Cellini (Torino, 1990) sin dai primi anni di vita pratica l’arte a lui contemporanea. Si sposta a Milano per intraprendere la pragmatica dell’effimero e qui continua a sperimentare la quotidianità dell’arte fin quando ne avrà voglia.