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Passare alla storia

Intervista a Nora Krug

illustrazioni: Nora Krug

Crediamo sia importante tradurre l’intervista fatta a Nora Krug (qui l’intervista integrale e in lingua originale) in questo momento, perché accende i riflettori su tematiche importanti, che non possiamo più permetterci di ignorare: il nostro presente ci chiede di affrontarle adesso. Nora nell’intervista punta il dito contro la scuola, colpevole, a suo avviso, di non aver dato agli studenti gli strumenti necessari per fronteggiare quel che oggi non va, in quanto non sarebbe riuscita a trasmettere l’idea del legame strettissimo tra la storia e il presente in cui tutti noi siamo immersi. Nel libro Nora interroga il proprio passato e la storia della sua famiglia, per dare un significato nuovo, più complesso e più autentico alla propria identità. Ma come il vissuto e la storia personale di ciascuno, della storia della propria famiglia, può diventare strumento per leggere il presente liberandolo da stereotipi e false credenze? 

Dare valore alla riscoperta della storia di ciascuno è quello che l’autrice propone per provare a costruire nuove società dove la complessità del mondo, con le sue mille sfaccettature e contraddizioni, diventa materia viva per modellare comunità aperte e democratiche.  

Ad esempio, conoscere la storia dei propri nonni, magari emigrati in nuove città, può aiutare i nostri bambini e le loro stesse famiglie a maturare uno spirito di empatia verso quei compagni provenienti dall’altra parte del mare. Ridare forme, volti, voci e sentimenti all’insieme indistinto delle figure che popolano il nostro passato è uno strumento necessario per evitare facili e pericolose generalizzazioni.  

illustrazioni: Nora Krug

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Le parole “appartenenza” e “fare i conti” appaiono fin da subito nel titolo della tua commovente autobiografia. È come se volessi sottolineare che il sentimento che ti lega alla tua casa, la tua Heimat debba per forza fare i conti con la storia, con il Nazismo e con l’Olocausto. Perché hai sentito la necessità di raccontare questa storia ora?

Non avrei mai pensato di scrivere questo libro prima di lasciare la Germania. Mai mi sono sentita più tedesca che in questi 17 anni vissuti all’estero, e come tedesca che vive tra non tedeschi, ho compreso che, nonostante la mia individualità, io rappresento la mia nazione e quindi anche la sua storia. Mi sono spesso confrontata con l’esistenza di stereotipi negativi verso l’identità tedesca, mi sono state spesso rivolte domande molto sincere sul passato della mia famiglia a cui non sapevo come rispondere, e, a distanza di anni, ho sentito l’urgenza di affrontare la storia del mio paese da un nuovo punto di vista. Ho realizzato che per superare la vergogna astratta e collettiva che provavo come seconda generazione vissuta dopo la Seconda Guerra Mondiale (che ho cominciato a riconoscere retrospettivamente come un sentimento di vuota paralisi), avevo bisogno di scavare nel passato della mia famiglia e della mia città, fare quelle domande che non avevo fatto da bambina perché non capivo o da teenager perché troppo preoccupata per farlo. Durante i sei anni di lavorazione del libro, in Germania si è riformato un movimento di estrema destra, un movimento che, penso, sia stato a lungo sottovalutato. In questo lasso di tempo, la questione è diventata, assai tristemente, più rilevante che mai. L’estrema destra viene agevolata dalla paura della globalizzazione e dalle diverse ondate migratorie che in questi anni si sono riversate nel paese. Ma penso che anche il sistema scolastico abbia delle grandi colpe: abbiamo imparato ogni cosa ci fosse da conoscere sulla guerra e sull’Olocausto a scuola, ma non ci sono stati dati degli strumenti per applicare al presente quelle conoscenze apprese dalla storia, in modo tale da continuare a interrogare noi stessi se quello che stiamo facendo ora, ogni giorno, stia contribuendo in modo efficace alla costruzione di una società tollerante e aperta, alla difesa della democrazia, al riconoscimento che la democrazia è un processo e non qualcosa di dato per sempre. Insieme alla memoria del passato, queste domande ci permettono di assumerci la responsabilità delle azioni orribili commesse dal nostro paese. Questo senso di vergogna paralizzante è passato di mano in mano, di generazione in generazione, generando un senso di disorientamento culturale che, di contro, ha portato a mettersi sulla difensiva alimentando i movimenti di estrema destra. Quei tedeschi che come me credono sia necessario continuare a parlare del nostro passato e confrontarci con le atrocità della nostra nazione trovano molto difficile imparare a nutrire un sentimento d’affetto nei confronti del nostro Heritage culturale. Io credo fermamente che i tedeschi devono imparare che affrontare criticamente il passato non è in contrasto con l’amare incondizionatamente il proprio paese: se non lo impariamo, l’estrema destra reclamerà per sé quella devozione e questo è estremamente pericoloso. Un paese unito solo nei momenti migliori della propria storia o che sostiene solo una particolare categoria di persone non è una nazione piena d’amore.

illustrazioni: Nora Krug

Lavorare a questo libro mi ha insegnato che la storia non è qualcosa di appartenente al passato, che la nostra esistenza non è collocata in un vuoto storico; ho capito che siamo chi siamo grazie e a causa di ciò e di chi ci ha preceduto. Ho imparato che dobbiamo continuare a interrogare la nostra storia e la nostra memoria, che non ci dobbiamo mai stancare di fare domande scomode per non incorrere in interpretazioni stereotipate e parziali della storia. Dobbiamo anche capire e affrontare la responsabilità che abbiamo in quanto “portatori” del passato del nostro paese. Questo è ciò a cui è riconducibile il significato generale delle mie memorie.

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La questione dell’identità è centrale nella ricerca relativa alla tua famiglia e in Heimat. Viviamo in un mondo in cui il tema dell’identità è fondamentale nella definizione dell’individualità, che cerchiamo di delineare in termini di etnia, di orientamento sessuale, di genere… in che modo pensi che la storia nazionale e culturale contribuisca a dare forma alle identità individuali e collettive? Qual è la lezione che dovremmo trarre dall’esperienza tedesca in merito al tema dell’identità?

Le identità personali sono sempre legate all’identità nazionale e alla storia del proprio paese. Sono prodotti della storia. La storia non è un prodotto del passato, vive in noi. La Germania è la nazione libera e liberale che è oggi, per il suo travagliato passato. Chi può immaginare come sarebbe la Germania oggi, se Hitler non fosse esistito? Come saremmo come famiglia se la guerra non fosse mai scoppiata? Il discorso collettivo non può mai essere separato da quello personale.

illustrazioni: Nora Krug

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In un discorso al Museum of Jewish Heritage nel novembre del 2018 hai detto: “È importante far luce su quelle persone, come mio zio e mio nonno, che non sono eroi né colpevoli, una sorta di massa grigia tra gli estremi bianco e nero, in modo tale da comprendere come i regimi dittatoriali si impongono”. In che modo conoscere le vite di tuo zio Edwin e di tuo nonno Willi, e di quelli come loro, può aiutarci oggi?

È la categoria dei sostenitori che spesso viene tralasciata, anche se è probabilmente quella in cui la maggioranza di noi potrebbe identificarsi. Ed esitiamo a rivolgerci a loro, o forse non lo facciamo proprio per questo motivo, tendendo a focalizzarci sui colpevoli o sugli eroi. Hannah Arendt insegna. I tedeschi hanno voluto Hitler come loro leader, hanno votato per lui, e noi dobbiamo capire da cosa fu reso possibile questo evento storico, dobbiamo capirlo a livello individuale, dobbiamo capire cosa può insegnarci e che cosa loro avessero in mente nel fare le loro scelte. Oltre a capirli come massa grigia che rese possibile l’elezione del Führer, dobbiamo indagare attentamente le vite di ciascuno di loro per capire il perché delle loro decisioni. Quando si guarda alle singole vite e storie, si nota anche il fatto che le persone possono sempre scegliere. Mio nonno, ad esempio, ha deciso di aderire al partito nazista di sua spontanea volontà. Anche lui avrà avuto l’opportunità di aiutare in tanti piccoli modi, senza mettere a repentaglio la sua vita. Ma molto probabilmente, ha deciso di non cogliere questa opportunità. Infine, dobbiamo sempre chiedere a noi stessi: cosa avrei potuto fare? Una domanda ancora migliore potrebbe essere: cosa sto facendo, ogni giorno, per aiutare a difendere la democrazia? Ecco il messaggio centrale e generale di questo libro: noi dobbiamo continuare a indagare e analizzare la storia e la memoria che ne abbiamo, dobbiamo continuare a porre specifiche e scomode domande al fine di non incorrere in interpretazioni parziali e stereotipate della storia. Abbiamo il dovere di capire e assumerci le responsabilità in quanto testimoni del passato delle nostre nazioni, per dare forma al futuro.

illustrazioni: Nora Krug

Nora Krug Autrice e illustratrice, ha lasciato la nativa Germania all’età di diciannove anni, quando si è trasferita in Inghilterra per studiare Graphic and stage design al Liverpool Institute for Performing Arts. Nel 1999 si è laureata con un documentario sui pazienti di un ospedale psichiatrico in Bosnia dopo la guerra civile. Conseguito il Master in Illustration and documentary film all’Istituto di Belle Arti di Berlino, nel 2002 approda a New York grazie a una borsa di studio e si iscrive al programma di illustrazione della School of Visual Arts. Da allora, i suoi racconti per immagini sono apparsi sul New York Times, il Guardian, Le Monde diplomatique e A Public Space, come pure in antologie pubblicate da Houghton Mifflin Harcourt, Simon & Schuster e Chronicle Books. I suoi libri sono stati inclusi nella Library of Congress e nella Rare Book and Manuscript Library della Columbia University.

Nel graphic novel HEIMAT. L’album di una famiglia tedesca, Krug ha compiuto un tragitto nelle memorie della sua famiglia, nelle domande mai poste, nelle foto e nei cimeli ritrovati, unendo tutte queste tappe in un libro che è stato eletto Miglior graphic novel 2018 dal New York Times, dal Guardian e da The Comics Beat e che le è valso una pioggia di riconoscimenti, tra cui la vittoria del National Book Critics Circle Award nella categoria Autobiografie e l’elezione a illustratrice dell’anno per il Moira Gemmill Prize del Victoria and Albert Museum.
(biografia tratta dal sito di Festivaletteratura)