Ti spiego il mondo?
Intervista a Martina Recchiuti e Alberto Emiletti, Internazionale Kids
L’attualità si racconta e conosce attraverso le notizie che provengono da tutto il mondo. Non ci sono luoghi privi di fatti da spiegare, ma quando si tratta di decidere a chi rivolgere queste spiegazioni sorge più di un dubbio: ci si domanda a chi possa interessare l’episodio che si intende raccontare o se sia opportuno mettere a conoscenza del suo accadimento. Queste perplessità si fanno più forti quando il pubblico che si ha in mente di coinvolgere è quello dei bambini e dei ragazzi, che spesso si preferisce non rendere partecipi di ciò che accade nel mondo. Tuttavia, l’attualità è la realtà che anche loro, giovani cittadini, vivono e frequentano ogni giorno: è necessario che abbiano gli strumenti per comprenderla.
L’intervista che state per leggere è il risultato di un incontro con Martina Recchiuti e Alberto Emiletti, membri della redazione di Internazionale Kids, un giornale rivolto a bambini e ragazzi che si propone di spiegare loro il mondo.
Internazionale Kids è a tutti gli effetti un giornale per bambini. Perché avete sentito l’esigenza di dare vita a un simile progetto?
R: Ci siamo resi conto che un giornale dedicato ai bambini non esisteva, come se raccontare loro cosa accade nel mondo non fosse importante. I bambini, però, navigano su internet, guardano la televisione, ascoltano la radio, e, in questo modo, le notizie li raggiungono comunque. I più piccoli hanno bisogno di qualcuno – o qualcosa – che li aiuti a capire e decodificare queste notizie e crediamo che un giornale pensato apposta per loro possa svolgere questo compito. Del resto, anche in altri paesi europei o negli Stati Uniti è sempre più frequente che i quotidiani abbiano un dorso, una parte centrale o un allegato che spiega ai bambini le notizie “dei grandi”.
Perciò, l’esigenza di dare vita a Internazionale Kids nasce da una doppia consapevolezza: da un lato i bambini hanno la capacità e la necessità di capire ciò che succede intorno a loro, dall’altro non hanno gli strumenti che li aiutino a farlo ed è necessario fornirglieli.
E: Spesso diciamo che i bambini sono i “cittadini del futuro”, ma questa definizione è fuorviante. I bambini sono cittadini anche oggi e le notizie che li raggiungono riguardano la realtà in cui sono immersi adesso. I bambini sentono e vedono l’attualità, sono esposti ai racconti e ai commenti che ne fanno gli adulti ed è inevitabile che si pongano delle domande, che desiderino comprendere meglio: è giusto che si immaginino strumenti che possano aiutarli a capire. Gli stessi strumenti, poi, potrebbero farsi portavoce di notizie interessanti che altrimenti non arriverebbero alle orecchie dei bambini: il mondo è pieno di storie fantastiche che meritano di essere conosciute, ascoltate e lette! E poi, sì, anche guardando al futuro si rivela importante l’idea di un giornale che sappia parlare ai bambini: per essere, da grandi, direttori di giornali, è necessario che ne siano lettori sin da piccoli.
Secondo voi come mai, a fronte di una situazione diversa in Europa, in Italia fino al 2018 non si è sentito il bisogno di un giornale rivolto ai bambini?
E: Io credo che sia la pigrizia di noi adulti a farci pensare che un giornale per bambini non sia uno strumento necessario e che, di conseguenza, non si debba fare la fatica, anche economica, di realizzarlo.
R: In realtà io credo invece che, anche a guardare oltre confine, siano pochissimi i giornali che raccontano davvero l’attualità ai bambini. È qualcosa che hai visto anche tu, Ilaria, quando hai partecipato al lavoro di selezione iniziale che ha portato alla nascita di Internazionale Kids. Ci sono tanti giornali per bambini, ma di questi la quasi totalità è costituita da articoli di scienza, di tecnologia oppure parla di animali: è difficilissimo che vi si affronti l’attualità in quanto tale. Gli esperimenti che lo fanno davvero sono pochi ed estremamente recenti. Uno di questi è il New York Times for Kids, che è uno dei pochissimi giornali che spiega, per esempio, perché negli USA si sta protestando e che cos’è il movimento BLACK LIVES MATTER. La norma, non solo in Italia ma anche negli altri paesi, prevede che argomenti simili non si affrontino affatto.
Spiegare l’attualità ai bambini richiede che una notizia complessa sia raccontata in modo semplice. Credete che questo sia un esercizio particolarmente difficile?
E: Non credo che raccontare una notizia a un bambino piuttosto che a un adulto sia un lavoro diverso dal punto di vista giornalistico. Certo, ci sono delle differenze, ma la sostanza e l’impegno sono gli stessi. Quando ti rivolgi ai bambini, si deve fare più attenzione nel non dare per scontate alcune esperienze di vita. Proprio poco tempo fa, scrivendo un articolo in cui volevamo spiegare come si elegge il presidente degli Stati Uniti, ci siamo ritrovati a mettere in discussione quanto intendevamo scrivere, ovvero «devi mettere una croce su una scheda elettorale…»: si tratta di una frase molto semplice, ma che ci ha portato a domandarci quante schede elettorali, in effetti, possa aver visto la maggior parte dei bambini. Perciò, anche se alcuni bambini possono averne già avuto esperienza, magari accompagnando i genitori ai seggi o partecipando a votazioni in classe, ti convinci che è necessario provare a raccontare che cos’è una scheda elettorale.
Quando si racconta una notizia rivolgendosi a un pubblico di bambini si deve fare lo sforzo di provare il più possibile a immedesimarsi nelle loro esperienze di vita, arrivando a capire che ciò che per noi adulti è scontato non è detto che lo sia per un bambino. Non credo, però, che ci siano altre differenze: dare bene una notizia, sia che ci si rivolga a un bambino sia che si parli agli adulti, richiede sempre il medesimo sforzo. Da questo punto di vista, Internazionale Kids vive in un contesto fortunato e il nostro lavoro è agevolato: nato da Internazionale, che è un giornale di qualità, in cui la redazione si impegna a presentare le notizie nel modo migliore, controllando non solo i fatti, ma anche il linguaggio con cui si raccontano, Internazionale Kids si rivolge ai bambini con la stessa attenzione che Internazionale pone nel parlare agli adulti.
Mi sembra di capire che, nel pensare ai bambini, la vostra attenzione non cada sull’età, ma sulla loro esperienza. In questo modo decidete di prendere i bambini sul serio, evitando di assumere quegli atteggiamenti che, ritenuti adatti alla loro età, finiscono invece per allontanarli. Sono del tutto d’accordo con la vostra impostazione, che peraltro mi ricorda quanto diceva James Bradburne in un’intervista fatta qualche settimana fa in merito al rapporto tra bambini e museo. Ci sono limiti a ciò che può essere raccontato ai bambini? Ci sono cose che non dovremmo loro spiegare?
R: Ti rispondo con un esempio. Navigando su internet abbiamo trovato un sito, News for Kids, che prova ad analizzare e a spiegare le notizie di attualità ai bambini. Ce ne siamo serviti per parlare dell’esplosione che la scorsa estate ha devastato la città di Beirut. In quell’occasione ci siamo chiesti non solo come fare a raccontare ai bambini un simile episodio, ma anche se fosse giusto o meno farlo, vista la quantità di morti e la spaventosa devastazione. Ci siamo risposti che sì, era possibile e giusto dedicare un colonnino al racconto di cosa era successo: abbiamo evitato ogni tipo di sensazionalismo (abbiamo scritto che c’erano stati morti e feriti, ma abbiamo omesso il numero esatto), abbiamo indicato quali elementi chimici avevano causato l’esplosione e spiegato perché conservare in quella zona del materiale esplosivo fosse un errore. Abbiamo cercato di raccontare la notizia in modo che un bambino potesse capirla senza al contempo esserne spaventato o allontanato.
E: In generale, la scelta di non indugiare sul sensazionalismo e sulla tragicità dei fatti ha molto a che fare con il considerare i bambini a partire dalle loro esperienze. La percentuale di buone notizie che Internazionale Kids contiene è più alta rispetto a un giornale per adulti, ma questo non perché si vogliono nascondere le notizie più brutte ai bambini. Il punto è che l’esperienza tipica dell’adulto consente di gestire l’afflusso di notizie tragiche, mentre un bambino, di fronte a un elevato numero di racconti drammatici, reagirebbe con un eccessivo carico di ansia e preoccupazione.
R: Gli episodi drammatici non sono gli unici a farci dubitare sull’effettiva possibilità di raccontare e spiegare tutto ai bambini. Ci sono anche notizie che noi adulti diamo per scontato non possano interessare ai bambini e che, di conseguenza, non ci pare sensato proporre. Tuttavia, abbiamo imparato che il più delle volte dobbiamo ricrederci: abbiamo scoperto, per esempio, che una delle pagine più lette e più amate di Internazionale Kids è Il giro del mondo, ovvero la sezione di notizie (non tradotte, ma scritte da noi) che parlano di paesi lontanissimi, di fatti che accadono dall’altra parte del mondo, di questioni che riguardano i diritti o la politica. Abbiamo saputo da alcuni insegnanti che questo materiale è particolarmente letto e consultato con entusiasmo anche a scuola. I bambini sono estremamente interessati anche da ciò che può sembrare distante, complesso ed estraneo.
In generale, non credo ci siano contenuti che non possono essere raccontati ai bambini. È necessario però comprendere che rendere chiara e accessibile una notizia a un bambino implica che tu per primo, adulto che la racconti, l’abbia compresa molto bene. Ecco la ragione per cui, spesso, finiamo per non raccontare le notizie ai bambini: perché siamo noi i primi a non averle capite.
E: Secondo me qui torna la pigrizia tipica di noi adulti. È vero: spesso le notizie non si capiscono perché anche chi le racconta non le ha comprese fino in fondo. Tuttavia, mentre rivolgendosi a un bambino siamo costretti a fare i conti con la necessità di capire ciò di cui dobbiamo parlare, quando diamo una notizia agli adulti siamo meno scrupolosi e ci accontentiamo di una spiegazione poco chiara e superficiale. Un bambino che desidera comprendere ha un’aspirazione che non demorde: ha un atteggiamento implacabile che anche noi adulti dovremmo assumere. I bambini insistono e non si accontentano, ecco perché sono dei lettori fantastici.
L’idea di dover capire bene una notizia prima di spiegarla a un bambino mi è fortemente familiare: lavorando con i bambini e la filosofia, mi rendo conto che se io per prima non padroneggio bene un concetto, con i bambini non posso assolutamente fare quello che con gli adulti potrebbe invece –ahimè– funzionare, ovvero nascondermi dietro un linguaggio specialistico. Con un bambino non c’è maschera che tenga: ti devi spogliare e, se non hai capito, vieni immediatamente smascherata. Probabilmente è proprio per questo che quando un prodotto è costruito bene per un bambino funziona altrettanto bene con un adulto. Ce ne accorgiamo con i nostri laboratori, che, quando sono costruiti bene, funzionano tanto con i più piccoli quanto con i più grandi. E anche gli articoli di Internazionale Kids sono un ottimo esempio: sono scritti bene, senza ricorrere a un linguaggio che banalizza o semplifica, ma che, rendendo la notizia accessibile ai bambini, la rende accessibile anche agli adulti.
E: Non è un caso che Internazionale Kids abbia molti lettori adulti: la notizia non è edulcorata né banalizzata, nello scriverla non si ricorre a un linguaggio infantile, ma è semplicemente ben compresa e quindi ben spiegata. Per riprendere ciò che dicevamo prima, rispetto a un giornale per adulti Internazionale Kids contiene, in proporzione, un numero maggiore di elementi positivi: notizie che facciano venire voglia di entrare in relazione con il mondo, che incoraggino il desiderio di partecipare, di contribuire, di migliorare. La nostra è una posizione chiara, voluta, che si intuisce anche dalle copertine.
Del resto, credo che questo non voler indugiare sul sensazionalismo per dare più spazio al racconto di episodi positivi sia una buona pratica che dovremmo adottare anche noi adulti. Perché, forse, una narrazione che, pur senza censurare, pone l’accento sugli elementi positivi potrebbe spronarci a essere migliori.
R: Io credo che, nel dare una notizia, informare su ciò che accade nel mondo sia un obiettivo, ma è altrettanto importante capire cosa consegue dalla comprensione di un avvenimento. Perché, per esempio, è fondamentale raccontare ai bambini l’episodio di Beirut? Il punto non è che devono sapere per filo e per segno cosa succede a qualunque ora in ogni angolo del mondo: non è necessario che un bambino di otto anni debba esserne informato. Piuttosto, è importante che a partire da quella notizia riescano a capire che ci sono delle cose che si possono fare e altre che non devono assolutamente essere fatte, che è una follia nascondere delle scorie nucleari dentro un container del cibo e che le scelte scriteriate compiute da un governo hanno, a lungo andare, degli effetti negativi sulla vita di una città e delle persone che la abitano. Un bambino che viene a conoscenza di questi fatti ha modo di capire che ci sono cose giuste e cose sbagliate, che è molto importante preoccuparsi delle cose comuni, oltre che delle proprie, e che da grande, con il suo voto, con i suoi gesti quotidiani e con le sue scelte, potrà contribuire a fare in modo che cose simili non accadano più. Noi adulti siamo disillusi e rassegnati all’idea che non sempre si possa davvero fare qualcosa di incisivo, ma è fondamentale che un bambino possa crederlo, che sappia che su una cosa brutta che accade e che si è compresa si può avere il potere di non farla capitare più. Oppure, ancora: perché, come abbiamo fatto in uno degli ultimi numeri di Internazionale Kids, dedicare un articolo ad Alexa? Tutti sappiamo quanto i bambini si divertano a parlare con questi software, ma chi ha davvero mai spiegato loro che questi strumenti possono spiare e violare la nostra privacy, che registrano ciò che diciamo, così da mandarci messaggi ad hoc? Se decidiamo di pubblicare un articolo che illustra i pericoli insiti in questi strumenti non è perché vogliamo spaventare i bambini o convincerli che il mondo sia un luogo orribile, ma perché vogliamo che loro possano capire che uno strumento apparentemente semplice e divertente in realtà nasconde delle insidie. Non si deve averne paura, ma, se lo si utilizza, è importante conoscerlo e imparare a usarlo.
In questo periodo si parla moltissimo di come a scuola dovrebbero essere impiegate le ore di Educazione Civica. Anche sulla base di quello che state dicendo, mi viene in mente che si potrebbero sfruttare per imparare a leggere un giornale e a discernere le notizie, per capire perché sia importante farlo, per acquisire gli strumenti necessari a informarsi e comprendere ciò che si legge.
E: Forse, tornando alla prima domanda che ci facevi, non c’è un luogo migliore di un giornale per spiegare tutte queste cose: episodi tragici che devono essere compresi, fatti positivi che possono essere d’ispirazione, criticità di ciò che ci riguarda da vicino che richiedono un atteggiamento di consapevolezza. Ecco perché è fondamentale un giornale che si rivolga ai bambini, che, di conseguenza, devono imparare a leggerlo. Sono d’accordo: la scuola è il luogo giusto per farlo e, sì, c’è molto lavoro da fare. Ci siamo resi conto che i lettori di Internazionale Kids tendono a leggere gli inserti pubblicitari come fossero un contenuto tra gli altri. La pubblicità è un contenuto, certo, ma è qualcosa di diverso da un articolo o da un fumetto. La non abitudine a leggere i giornali porta a non saper distinguere tra un contenuto scritto da un giornalista che vuole raccontare una notizia e uno elaborato da un’azienda che vuole convincere a comprare un prodotto. Sono entrambi contenuti legittimi all’interno di un giornale, ma gli obiettivi che li ispirano sono molto diversi e differente è anche la considerazione che hanno del lettore. Del resto, che i bambini imparino a discernere i diversi tipi di contenuto non è una competenza utile solo nella lettura di un giornale: la pubblicità, per esempio, li intercetterà ogni volta che visiteranno un sito internet, useranno un’applicazione, guarderanno la televisione o, più semplicemente, passeggeranno per le strade delle città. In questo senso il giornale diventa l’occasione per favorire un percorso di crescita fondamentale.
R: La scuola è certamente un luogo fondamentale, ma credo che anche a casa si possa fare molto per allenare l’abitudine alla lettura di un giornale. Sono sicura che il solo fatto di avere in casa dei giornali e lasciarli a disposizione dei più piccoli perché possano sfogliarli autonomamente faccia già moltissimo: non si tratta di insistere, ma di lasciare aperta una possibilità. Trovando un giornale in casa, vedendo gli adulti leggerlo e consultarlo, anche i bambini potrebbero esserne incuriositi, aprirlo e magari leggerne alcuni contenuti – come i fumetti – e ignorarne altri; potrebbero poi chiedere a noi adulti di leggere insieme a loro un pezzettino di un articolo e a quel punto credo che noi dovremo impegnarci a farlo: l’esperienza della lettura condivisa è molto bella, perché, oltre che divertente, diventa l’occasione per fare tantissime domande, per comprendere fino in fondo ciò che si sta leggendo. In questo modo i bambini, col passare del tempo, acquisiranno una sempre maggiore familiarità con il giornale e, di conseguenza, alleneranno quasi spontaneamente l’abitudine alla lettura, che sapranno esercitare nelle occasioni e nelle opportunità più diverse.
Martina Recchiuti è caporedattrice di Internazionale Kids, il mensile per bambine e bambini che pubblica articoli, giochi e fumetti dai migliori giornali di tutto il mondo. Prima si occupava di tecnologia, web e social network. Lavora a Internazionale dal 1995.
Alberto Emiletti fa parte della redazione di Internazionale Kids e in passato ha organizzato il festival di Internazionale a Ferrara. Prima di lavorare a Internazionale ha fatto anche il libraio, il burattinaio e si è occupato di educazione ai diritti umani ad Amnesty International.