Il quartiere fa scuola
Intervista a Davide Bazzini
Davide Bazzini ci racconta La Scuola dei Quartieri, un progetto del comune di Milano dedicato alle periferie e a chi le vive. Impegnandosi ad ascoltare le idee degli abitanti del quartiere e a fornire loro gli strumenti per realizzarle e diventare così i protagonisti dei cambiamenti che intendono apportare, il progetto dà forma a un contesto formativo a partire dalle risorse che ci sono e che spesso non si notano abbastanza. Anche se si tratta di cose e di persone che sono lì vicino, a un palmo di naso.
Il vostro progetto, oltre a essere diffuso e a svolgersi al di fuori di un edificio di riferimento, non si rivolge a precise fasce d’età. Eppure l’avete chiamato “scuola”. Quale significato attribuite a questo nome e perché l’avete scelto?
La Scuola dei Quartieri è una scuola civica e popolare di innovazione e imprenditorialità sociale per contribuire alla trasformazione delle periferie partendo dai desideri, dai bisogni e dall’energia di chi ci abita. La Scuola, concepita nel solco della tradizione delle Scuole Civiche Milanesi, non ha aule, non è chiusa in un edificio, ma si svolge nei luoghi dove le persone vivono e lavorano, agendo con il preciso intento, insieme didattico e formativo, di rendere maggiormente inclusiva la pratica dell’innovazione sociale; è proprio questa intenzionalità formativa a giustificare la scelta di un appellativo “tradizionale” come “Scuola” per una proposta innovativa di incremento della capacità di progettazione degli abitanti dei quartieri della città. I quartieri, richiamati nel nome della Scuola, sono insieme i suoi destinatari e i protagonisti, perché nei quartieri si trovano le storie, le esperienze, le pratiche e i desideri che “fanno scuola”.
Concentrarsi sulle realtà di quartiere significa valorizzare le distanze minime e i rapporti di vicinanza tra gli individui e gli individui e i luoghi. Perché è importante valorizzare i rapporti di prossimità?
La Scuola dei Quartieri nasce dalla constatazione che “Sono i cittadini che fanno la città”. È una consapevolezza impegnativa, che costringe a privilegiare un approccio relazionale nella definizione delle policy pubbliche, ad avere attenzione alle intuizioni, alle ambizioni, alle aspirazioni – alla volontà di “fare qualcosa” –, che nascono dentro il campo di relazioni generato dai rapporti di prossimità.
Non perché “i vicini” debbano forzatamente andare d’amore e d’accordo e tantomeno per incrementare presunte identità locali o costruire comunità chiuse e rancorose, ma piuttosto perché è solo dal confronto – dentro lo spazio attorno e con le persone che, insieme, lo occupano e lo vivono – che nascono e prendono forma le “buone idee” che la Scuola ricerca.
Le “buone idee” della Scuola dei Quartieri – proposte di attivazione di progetti e servizi a elevato impatto sociale – non possono che nascere nello spazio di prossimità, nei luoghi dove le persone vivono e lavorano; altro non sono, infatti, se non tentativi di risposta che, grazie al dialogo – e molte volte anche, perché no, al conflitto – diventano fertili, generative, utili per provare, almeno un po’, a migliorare la qualità della vita.
Progettare è una parola che rimanda al futuro, ma che ha in sé anche l’idea di un processo che da un’idea porta alla sua realizzazione. È il progetto un modo di far proprio un futuro auspicabile altrimenti considerato irraggiungibile?
La Scuola dei Quartieri nasce attorno a una tematica sfidante: abbassare la soglia di accesso alla progettazione e al design di nuovi servizi, costruire una diffusa capacità di progettazione e trasformazione urbana, sostenere le forme di piccola o grande innovazione aperta per far crescere una nuova generazione di city makers. Insomma, sappiamo che per costruire città più inclusive, per aggredire le diseguaglianze generate dall’insostenibilità dei sistemi urbani, occorre saper progettare nuovo urbanesimo. Occorre una strategia che metta insieme inclusione e innovazione coniugando, se necessario, alti pensieri con azioni e soluzioni “artigianali” e sperimentali. Occorre, certo, una voglia di futuro ma forse – e ancor di più – occorre diffondere una capacità di progettazione che sappia far accadere le cose nel tempo presente.
Quando pensiamo alle città che non sono nostre, spesso ci vengono in mente i centri storici, le bellezze che essi ci possono offrire, i luoghi che ci piacerebbe visitare. La nostra visione è “limitata”, parziale. Quando pensiamo alla nostra città, invece – quella in cui ci troviamo a vivere –, il campo visivo improvvisamente si allarga. Succede perché quel luogo lo viviamo e lo conosciamo: non importa se viviamo in centro, in periferia o nella campagna appena fuori la città. Sappiamo che il luogo di cui facciamo parte è fatto di centro e di periferia, di vicino e di lontano, di turistico e quotidiano. Che importanza date alla periferia (elemento integrante e vivo della città) nel vostro progetto?
La Scuola dei Quartieri è attiva in alcune aree periferiche della Città di Milano (Lorenteggio e Giambellino; Lodi – Corvetto e Rogoredo – Santa Giulia; Q.re Gallaratese – Q.re S. Leonardo – Lampugnano, Stadio – Ippodromi e San Siro; Niguarda – Ca’ Granda – Prato Centenaro – Q.re Fulvio Testi, Bovisa, Dergano, Affori, Bruzzano e Parco Nord). L’attenzione a queste porzioni di città ha l’obiettivo principale di contrastare le crescenti disuguaglianze, tipiche delle metropoli a capitalismo avanzato, che hanno portato a delineare, anche a Milano, i contorni di una città a “due velocità”, con una forte polarizzazione tra quelle zone (soprattutto centrali) che corrono veloci, forti di maggiori disponibilità, e quelle, (prevalentemente periferiche) che arrancano, vincolate da maggiori difficoltà di accesso a infrastrutture e opportunità. La Scuola dei Quartieri può essere considerata un’infrastruttura sociale abilitante delle energie e delle capacità presenti nei contesti periferici, un investimento sul valore pubblico della conoscenza e sull’efficacia dell’intelligenza collettiva, dando centralità e protagonismo alle competenze e le abilità attivate con e per le persone che abitano e lavorano nelle periferie.
Quali sono gli episodi che volete raccontarci perché emblematici per trasmettere lo spirito del vostro progetto?
In tre anni di attività la Scuola ha registrato più di duemila presenze a iniziative pubbliche, lezioni aperte, eventi e didattica on-line. Centottantasette gruppi informali di cittadini (complessivamente più di 500 persone) hanno presentato candidature agli Avvisi Pubblici. Sessantanove gruppi informali (per complessive 210 persone) hanno frequentato la formazione avanzata. A valle di questa ingente mole di attività sono stati 48 i gruppi di cittadini che si sono costituiti in soggetti del terzo settore/imprese sociali e hanno avviato la sperimentazione. I temi toccati spaziano dall’economia Circolare alle attività di Commercio e artigianato a impatto sociale, dall’aggregazione e promozione artistica e culturale ai servizi alla persona e al sostegno alle reti di mutuo aiuto. Possiamo provare – a titolo esemplificativo – a citarne alcuni:
ConservaMi, nel quartiere Lorenteggio – Giambellino, è uno spazio open-source con attrezzature utili al fai da te e persone capaci di affiancare chiunque voglia imparare l’antica pratica della riparazione. Qualsiasi oggetto, elettrodomestico o mobile, può avere più vite. I volontari trasmettono tutto il loro know-how e, in questo modo, riparando oggetti, risparmiando soldi, ci si arricchisce umanamente attraverso la condivisione.
Forno condiviso, a Corvetto, è un punto di incontro in cui, attraverso l’uso sociale dell’attività di panificazione si parla la lingua del cibo; uno spazio in cui si può imparare a fare pane di qualità, in cui portare i propri prodotti a cuocere, fare corsi e stage di formazione. Un luogo di incontro e di scambio di idee, di conoscenze condivise intergenerazionali e interculturali, il tutto con un interesse speciale per la filiera corta del pane e dei prodotti da forno
Attitude Recordz, a S.Siro, è un centro di produzione artistica, casa discografica/studio di registrazione. Si rivolge principalmente ai giovani, inserendoli in percorsi formativi e lavorativi sia come artisti che come professionisti del settore. Attitude è un’etichetta per emergenti che vuole fare da raccordo fra il territorio e le case discografiche già affermate. È uno studio di registrazione accessibile e funzionale, un riferimento per i giovani già coinvolti in esperienze aggregative e per chi intende muovere i primissimi passi nel mondo della musica. Offre laboratori gratuiti, corsi di formazione mirati professionali e personali, allo sviluppo di una comunicazione efficace, percorsi individualizzati di mentoring, all’interno di uno spazio amichevole e qualitativo, gestito e coordinato da uno staff esperto.
Insula Net, a Corvetto, vuole dare centralità alla qualità dell’abitare; è un progetto che nasce dalla volontà di contribuire a livello locale allo sviluppo di un pianeta più sostenibile, equo e solidale. I loro ideatori si sono chiesti dove ciascuno di noi, con piccole azioni, può contribuire alla conquista di grandi risultati. La loro risposta? Nei condomini! Per questo hanno deciso di diventare amministratori “attivi”: «Insieme alle comunità condominiali vogliamo progettare azioni per il benessere negli edifici e nei quartieri!». Insomma, da amministratori a promotori di crescita per i quartieri.
Avere a che fare con la città vuol dire prendersi carico e cura delle persone considerandole elementi integranti e partecipativi di un contesto. Il vostro progetto prende spunto proprio dal voler ascoltare le voci delle persone per le persone. Da dove è nata quest’idea e come pensate sia cambiata la città attraverso le proposte delle persone che tutti i giorni la vivono?
L’abbiamo detto e lo ribadiamo: la Scuola dei Quartieri ha l’ambizione di abilitare le energie, le capacità, le competenze delle persone che vivono e abitano i contesti periferici della città. Il punto innovativo della Scuola è però corrispondente a un ribaltamento della prospettiva: non si tratta di “somministrare” politiche pubbliche di sostegno a persone e a territori fragili e bisognosi di cure, ma si tratta invece di investire sull’efficacia dell’agire e del pensare collettivamente, restituendo centralità e protagonismo alle persone che abitano e lavorano nelle periferie. Detto altrimenti: la Scuola dei Quartieri non ti chiede “di cosa hai bisogno” ma ti chiama, da subito, all’azione: “Tu puoi fare qualcosa che sia utile al tuo quartiere?”. Ecco, nello spostamento di prospettiva tra queste due diverse domande c’è il cambiamento, la trasformazione, che la Scuola prova ad indurre, la sua possibile carica generativa. È presto per dire se e come la Città è cambiata attraverso l’attivazione delle persone; certamente è stata svolta finora una diffusa “fertilizzazione” in alcune parti della Città, ottenendo una risposta che è, come dire, un buon presagio di speranza.
Davide Bazzini, laureato in Sociologia, Dottore di ricerca in Sociologia dell’Ambiente e del Territorio, ha da sempre accoppiato alla attività professionale di progettazione, ricerca e formazione sui temi socio-ambientali e di gestione territoriale molteplici esperienze legate alla progettazione e alla gestione di processi e progetti complessi in ambito di Innovazione Sociale e Rigenerazione Urbana. Attualmente è Project Manager del progetto “La Scuola dei Quartieri” del Comune di Milano.