Alla cura del prossimo
Articolo a cura di Ascosi Lasciti e della Redazione di FarFarFare
Esistono due categorie che da sempre agitano i nostri pensieri: lo spazio e il tempo sono capisaldi su cui il nostro agire si fonda senza dubitare, ma che si insinuano nelle incertezze di chi ama alimentare il proprio amore per le riflessioni e le domande.
La parola “prossimo” si fa complice nel portare confusione, perché dice vicino ciò che sembra lontano e imminente ciò che crediamo remoto. Cuce passato, presente e futuro con un filo continuo che non vuole spezzarsi, e si prende cura con affetto e attenzione dell’alterità, ovunque si trovi. Annulla distanze, le rende superflue. Unisce senza guardare ai chilometri: attraversandoli, non se ne cura.
A che cosa attribuiamo questo aggettivo? Che cosa riteniamo passibile del suo potere che sfida le leggi del tempo e dello spazio? Prossimo è un individuo a cui ci sentiamo legati, un oggetto che ci è familiare, un’esperienza che speriamo di vivere ancora o che non vediamo l’ora di scoprire per la prima volta.
Può essere prossimo un luogo che dista pochi passi da noi o verso il quale proviamo un affetto profondo; lo è se è casa di persone care e se, in generale, porta con sé un significato che attira la nostra attenzione, da sempre o tutto d’un tratto.
Per essere prossimo, però, un luogo deve essere noto. Come potremmo se no conoscerne la posizione, nutrire verso di esso un desiderio di cura e alimentare il legame che altrimenti non si vedrebbe neppure? Perché esistono luoghi potenzialmente già prossimi, di cui noi ignoriamo persino l’esistenza: si estendono dietro di noi, a un soffio dalle nostre spalle, mentre i nostri occhi non distolgono lo sguardo dall’orizzonte; hanno ospitato parenti lontani, da cui, senza saperlo, potremmo aver ereditato il colore degli occhi o un carattere particolarmente deciso; sono stati attraversati dalla storia di cui siamo figli e di cui ci sfuggono sempre troppi dettagli. Potrebbero, semplicemente, essere luoghi abbandonati, dimenticati, spaesati perché non sanno perché sono lì e che, sgomenti, si domandano chi si dirà mai disposto a prendersi cura di loro. Sono questi i luoghi che vanno scoperti: trovati, setacciati, studiati e presi come spunto per immaginare.
I luoghi non parlano la nostra lingua: non hanno parole per chiedere aiuto, attirare la nostra attenzione e provare a mostrare quanto sono preziosi. I luoghi sono spesso silenziosi e si offrono, più che allo sguardo, alla coda dell’occhio, sperando di ottenere di più. Fermi al posto che è stato loro assegnato, vanno in cerca di un prossimo che li riconosca e che sia disposto a raccogliere il loro passato, a consegnarli al futuro e a esplorarne lo spazio.
Ascosi Lasciti è un’iniziativa che si prende cura dei luoghi, vi si avvicina e li rende prossimi, anche quando sono invisibili, persi e abbandonati. È un progetto che nasce per condividere le esplorazioni, le storie e le leggende dei più suggestivi luoghi nascosti in Italia e nel mondo. Oltre ai luoghi abbandonati, vogliamo documentare, attraverso i nostri reportage, ciò che ruota attorno alle città fantasma, le rovine, i relitti e i sotterranei. L’intento è sì, quello di meravigliare il pubblico e far prendere coscienza dell’immenso patrimonio immobiliare sommerso, ma anche quello di raccontare aneddoti, di informare e, talvolta, denunciare. “Ascosi Lasciti” raccoglie attorno a sé i migliori esperti in fotografia, giornalismo, storia, arte, architettura e/o esplorazione urbana per creare un team eterogeneo di appassionati alla causa; uno per ogni regione italiana. Coltiva l’amore per i luoghi in rovina, creati, vissuti e poi dimenticati dall’uomo. Sono i doni nascosti del passato, gli Ascosi Lasciti, in un altrettanto riscoperto e antico italiano.
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