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Sound Toys from Trash

Laboratorio a cura di Attila Faravelli

The best that a child can do with a toy is to break it.
Arvind Gupta

Arvind Gupta è un inventore di giochi indiano e divulgatore scientifico. Attivo fin dagli anni ’70, Gupta ha sviluppato centinaia di dispositivi ludici semplici realizzati a partire da materiali di recupero. Questi “Toys from trash” vengono fatti costruire ai bambini ed esplorano nozioni di fisica, geometria, matematica, ingegneria e design, rivelando aspetti base del comportamento di elettricità e magnetismo, di fluidi come acqua e aria e indagando la trasmissione di fenomeni vibratori come la luce e il suono.

Sebbene lo scopo dei Toys sia originariamente legato alla necessità, fortemente sentita da parte di Gupta, di rendere disponibile un’istruzione scientifica di base a studenti delle aree più rurali e isolate dell’India, questi oggetti possono rappresentare una risorsa utile anche per dei bambini che abbiano un buon accesso alle risorse educative.

A essere messi in discussione sono infatti una serie di assunti di base, spesso poco discussi in ambito scolastico, sui quali si fonda la nostra quotidianità.

L’opacità del design

Gli oggetti iper-tecnologici che utilizziamo celano il loro funzionamento dietro superfici lisce, perfette e opache. Basti pensare a uno smartphone. I flussi di energia che ne rendono possibile il funzionamento sono a noi invisibili e confermano una forma di alienazione, da parte nostra, nei confronti del mondo materiale che ci circonda e dei suoi flussi. I toys from trash promuovono una forma di comprensione delle dinamiche materiali che li fanno funzionare.

Non “appropriazione

I toys from trash nascono sempre da forme più o meno estreme di “riappropriazione”: una cannuccia diventa un flauto, la camera d’aria di una bicicletta diventa il motore di una catapulta, etc. Utilizzare un oggetto concepito per fare una cosa per farne un’altra è una forma di re-invenzione creativa utile a  sfuggire al ‘determinismo funzionale’ del contesto in cui viviamo, ovvero un sistema di vita fortemente antropizzato entro cui ogni nostra azione è mediata da merci e beni ideati e prodotti da uomini per uomini, e pensati per degli utilizzi specifici.

Obsolescenza consumistica

Inventare giochi con materiali destinati alla spazzatura significa resistere all’obsolescenza forzata da parte di un sistema di produzione globale votato allo sfruttamento delle risorse e dell’ambiente, entro cui è promosso un consumo quasi istantaneo di beni e risorse.

L’uomo come unico attore del mondo

Diverse correnti filosofiche contemporanee, in particolare le forme di cosiddetto ‘New Materialism’ (ma non solo), propongono una visione del mondo come un unico insieme di corpi umani e non umani, entro cui le interazioni tra uomini e cose non consiste (o almeno non dovrebbe solo consistere) in uno sfruttamento funzionale, bensì in uno scambio tra ‘agenti’. I materiali sono entità vibranti di cui prendersi cura, assecondandone le tendenze e le specificità. I toys from trash rivelano la vitalità dei materiali con cui vengono costruiti.

Sofisticazione

I toys from trash sono oggetti semplici, per nulla sofisticati, come potrebbero essere le mappe tattili degli eschimesi. In contrasto con i sistemi digitali di navigazione satellitare, queste mappe sono piccole sculture tridimensionali di legno per orientarsi mentre si pagaia il kayak: su di esse sono riportate la forma delle coste, i posti dove parcheggiare la canoa e le isole vicino alla costa. Se cadono in acqua galleggiano, si possono usare con su i guantoni e se si rompono se ne può costruire velocemente altre. C’è un’eleganza nel ‘less is more’ dei toys from trash che mette in discussione le sofisticazioni spesso eccessive dei mezzi di cui ci circondiamo.

Quel che conta è il risultato

In un contesto sociale orientato alla performance e alla quantificazione dei risultati ottenuti, in ambito non solo educativo, i toys from trash si focalizzano invece sul processo stesso di realizzazione dei dispositivi. La natura dei toys from trash è di rimanere, anche quando finiti, delle sorte di ‘abbozzi’ spontanei e aperti più che dei prodotti finiti e perfetti.

La scienza come pratica sistematica

È nota la distinzione, da parte dei filosofi francesi Gilles Deleuze e Felix Guattari, tra una scienza cosiddetta ‘regale’, ovvero dedita a racchiudere l’intero universo in astratte formule matematiche, e una scienza sperimentale, a-sistematica, fatta da persone che sperimentano in modo pratico e diretto coi materiali, una scienza che riconosce un ruolo importante al fallimento, alla smentita e alla sorpresa. I toys from trash in ultimo, in scala ridotta, promuovono un sentimento di genuina scoperta e ricerca scientifica, condotta in prima persona e attraverso l’uso di tutti i sensi.


A partire da queste suggestioni, abbiamo creato dei sound toys from trash. Per ora ci abbiamo provato noi, ma l’idea, per essere sviluppata fino in fondo, deve ancora incontrare le mani e i pensieri di bambine e bambini. Nell’attesa che si possa lasciare ai più piccoli la possibilità di costruire e provare i loro sound boys from trash, lasciamo qui qualche traccia dei nostri esperimenti, affinché possano essere di ispirazione e vi incuriosiscano un po’!

In occasione del progetto Minestra Cruda,
in collaborazione con Jacopo Faravelli

Due poli di un cavo elettrico sono immersi in acqua distillata. Aggiungendo sale, l’acqua inizia a condurre elettricità: i due poli elettrici si collegano, trasportando il suono di un giradischi alle casse.
Un fonografo in grado di registrare e riprodurre suono senza elettricità, costruito con pezzi di una vecchia macchina da cucire, una candela profumata, un contenitore di plastica e un chiodo.
Una serie di altoparlanti fanno danzare la fiamma delle candele.
Un piccolo altoparlante cui è attaccato un tappo di sughero fa camminare una spazzola vibrando con un brano musicale.
Un vecchio mangianastri è portato in giro da una macchina telecomandata: il suono cammina in mezzo alle gambe delle persone.

In occasione del progetto Tilde,
in collaborazione con Enrico Malatesta e Nicola Ratti

Una patatina di polistirolo usata per gli imballaggi, se sfregata a terra o sul muro, rivela sia all’udito sia al tatto la texture e gli accidenti delle superfici.
Un magnete scappa via dalle mani quando ci si avvicina a un oggetto metallico e produce un suono percussivo impossibile da controllare.
Un motorino con attaccata una fettuccina di plastica percuote delicatamente gli oggetti, facendoli risuonare.
Un elastico lanciato contro un muro (o uno scatolone, un cartello stradale, una finestra) produce un suono molto forte senza danneggiare ciò contro cui lo si lancia.

Attila Faravelli è un sound artist e musicista elettro-acustico, approccia il suono in termini di fenomeno materiale e relazionale. Con la sua pratica esplora le relazioni che intercorrono tra suono, spazio e corpo. Il suo lavoro in solo è pubblicato da Senufo Editions e Die Schachtel e, in duo con Andrea Belfi (Tumble), su Die Schachtel, con Nicola Ratti per Boring Machines e su Presto!? insieme all’artista Nicola Martini. Con Enrico Malatesta e Nicola Ratti ha dato vita al trio Tilde. Ha presentato il suo lavoro in tutta Europa, USA, Cina e Sud Corea. Nel 2010 ha partecipato alla 12ma Biennale Internazionale di Architettura di Venezia e dal 2011 cura The Lift, ciclo di concerti di musica sperimentale. Nel 2012 è stato il curatore italiano per il progetto Sounds of Europe. È fondatore e curatore di Aural Tools, una serie di multipli-oggetti sonori che documentano i processi stessi (sia materiali che concettuali) di produzione sonora da parte di musicisti selezionati.