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Gita al museo con Filosofia

Articolo a cura dei Ludosofici
Intervista a Cecilia Cefis Zuliani e Sara Raimondi di Civita Mostre e Musei per Gallerie d’Italia – Milano

Quest’anno siamo tornati a realizzare uno dei progetti che amiamo di più e che, per le ragioni che tutti possiamo immaginare, aveva negli ultimi anni subito una brusca interruzione. 

Quasi avevamo dimenticato la magia che si respira trovandosi seduti in una sala da museo, letteralmente circondati da opere d’arte, a dialogare con i bambini e le bambine, con i ragazzi e le ragazze su questioni essenzialmente filosofiche. Per noi, che abbiamo la fortuna di svolgere un lavoro che ci emoziona costantemente, non dovrebbe essere sorprendente restare a bocca aperta ripensando e rielaborando quanto fatto nel corso delle nostre attività con i più piccoli. Eppure, in questo caso, non possiamo fare a meno di provare un misto sovrabbondante di entusiasmo e gratitudine. 

Ad accoglierci dal 15 al 25 novembre sono state Le Gallerie d’Italia di Milano. Lo spazio dedicato alle opere d’arte contemporanea è stato il teatro della nostra esplorazione, arricchita, ogni giorno, dalla compagnia di una guida del museo. 

Le scuole destinatarie della proposta sono state la scuola primaria e la secondaria di primo grado. Ogni classe partecipante, al momento dell’iscrizione, ha potuto scegliere tra tre percorsi tematici, che approfondiremo qui di seguito.


Parole nuove per nuovi mondi

Al loro arrivo nel museo, i bambini e le bambine, in questo caso i più piccoli partecipanti al progetto, vengono accompagnati al cospetto di alcune opere novecentesche, tutte racchiuse in un’unica stanza. A un primo sguardo, colpiscono i colori, le forme e i materiali utilizzati dagli artisti, ma, soprattutto, ad attirare l’attenzione dei bambini è lo scherzo che è stato fatto loro: le didascalie delle opere, utili a comprendere qualche dettaglio in più, sono state coperte e non sono leggibili. Ma come? Perché?

Ed è qui che comincia il percorso. Ci sediamo e annunciamo ai bambini che le opere che ci circondano ci aiuteranno nel trovare risposte – e forse altre domande – alla domanda dalla quale partiremo: che cos’è un nome?

Scattanti, tante mani si alzano e subito ci si accorge che le idee sono tante e attingono al mondo della grammatica appena studiata, ma anche dell’esperienza di ciascuno. Comprendiamo che il nome è qualcosa di molto importante, di nostro, di proprio, ma anche di tutto ciò che esiste… purché sia stato scoperto e, quindi, nominato. E si finisce col dire che anche ogni opera ha un nome particolare, un nome che la descrive, un nome con cui l’artista ha voluto raccontarci quello che ha immaginato nel farla: è il titolo, quello coperto che, al momento, nessuno può immaginare. O forse sì?

Una alla volta, osserviamo con attenzione le opere scelte. Se sono sculture, giriamo loro intorno per farcene un’idea il più completa possibile. Chiediamo allora ai bambini di suggerirci un nome che ben si adatti all’opera osservata: un nome capace di farci vedere quel dipinto o scultura dal loro punto di vista. Perché nominare ha il potere di mostrare prospettive a cui, fino a quel momento, non avevamo pensato.

Dopo tante proposte, sveliamo, se c’è, il nome scelto dall’artista, così da scoprire anche il suo punto di vista. Di ogni opera la guida ci racconta segreti e curiosità.

Il laboratorio che conclude il percorso prevede che ogni partecipante si prenda cura di un nome: un nome inventato, un insieme di sillabe che, per il momento, non è altro che un suono. Saranno i bambini ad attribuirgli un significato e una forma e a rappresentarla attraverso la tecnica del collage. Non si può sbagliare, ma nulla può essere fatto a caso: alla fine, si dovrà descrivere la propria creazione con dovizia di particolari, come se si leggesse la nuova voce di un dizionario.
Al termine della giornata, ogni classe ha creato un nuovo mondo a partire da una manciata di nomi inventati. A questo mondo darà un nome e in questo mondo potrà scatenare storie infinite.


Perché ogni bambino ha diritto di emozionarsi

Ciascuno di noi è attraversato continuamente da un flusso indistinto di emozioni. Non sempre questo mare è in tempesta. Anzi, a volte è così calmo che ce ne lasciamo travolgere nella più assoluta tranquillità. Sentiamo ciò che proviamo, riconosciamo i nostri stati d’animo e la loro intensità. È tutto sotto controllo: ci conosciamo, va tutto bene.

Capita, però, che le nostre emozioni si aggroviglino tra loro e con i nostri pensieri dando luogo a labirinti inesplorati. La sensazione che ne deriva può essere spaventosa o niente affatto spiacevole, ma è nuova e, se non ci allarma, di certo ci incuriosisce.

Nel proporre questo percorso, abbiamo pensato che le opere d’arte potessero aiutarci ad addentrarci nel mondo misterioso e sorprendente delle nostre emozioni: parole che celano molteplici significati, voci e corpi incontrollati, vissuti personali che si scoprono essere molto più comuni del previsto…

Muniti di taccuino e matita, i ragazzi e le ragazze sono lasciati liberi di girare per lo spazio del museo loro indicato. Potranno segnare sul quadernetto quante più opere vorranno, purché ciascuna sia corredata delle emozioni che suscita in loro. Saranno loro, in autonomia, a decidere se lasciarsi colpire emotivamente a un primo sguardo o concedere a un’opera qualche secondo in più, perché indagare le proprie emozioni vuol dire anche comprendere il tempo di cui hanno bisogno per emergere.

Scaduto il tempo, i partecipanti che lo desiderano condividono le loro annotazioni con il resto del gruppo. Scopriamo che la stessa opera ha scatenato emozioni simili, ma anche diametralmente opposte e, grazie alla guida, le confrontiamo con l’intento comunicativo dell’artista. Discutendo, ci accorgiamo che a uno stesso nome non tutti facciamo corrispondere lo stesso stato d’animo, che varia per intensità o per esperienza. Al contempo, troviamo affinità che non avremmo immaginato.

Che cosa sono le emozioni?
È davvero difficile rispondere a questa domanda, che però è capace di avviare esplorazioni profonde, individuali e condivise. Le opere d’arte ci hanno aiutato a restare fedeli alla complessità del problema e a suggerirci un possibile ordine, che pure non semplifica affatto.
A partire dal percorso fatto fisicamente passeggiando tra i dipinti e le sculture, i ragazzi e le ragazze realizzano infine una mappa emozionata: una rappresentazione che restituisca la sala esplorata alla luce delle loro scoperte e dei loro stati d’animo.


La bellezza salverà il mondo

Che cos’è la bellezza?
La domanda che dà avvio a questo percorso è a dir poco azzeccata considerato il luogo in cui ci troviamo. Un museo raccoglie e protegge bellezza, nelle sue forme più varie.
Perché è qui che vogliamo arrivare: provare a scomporre un concetto così tanto usato e così poco approfondito, e trovarne quante più possibili sfaccettature.

In prima battuta, i ragazzi e le ragazze rispondono alla domanda in modo spontaneo, attingendo alle loro riflessioni e dialogando con quelle degli altri. Dopodiché, muniti di un piccolo taccuino e di una matita, sono lasciati liberi di perlustrare l’area del museo delimitata da un perimetro preciso. Avranno qualche minuto per girare in autonomia, soffermarsi davanti alle opere e scegliere quella che, secondo loro, è più rappresentativa della bellezza. La annoteranno sul taccuino e, una volta scaduto il tempo, alcuni di loro saranno chiamati a dichiarare e motivare la loro scelta.

Le opere d’arte contemporanea spiazzano e si rivelano essere uno stimolante punto di partenza per una riflessione che, sul momento, vorrebbe rifugiarsi nell’armonia soggetto riconoscibile. In questo caso, è necessario pensarci di più, cercare di capire che cosa di quel dipinto o di quella scultura ci affascina e ci attrae: che cosa, essenzialmente, ce la fa ritenere bella.

Nel corso del laboratorio, dopo un breve esercizio di riscaldamento, tutti i partecipanti sono invitati a cercare una parola che racconti la sfumatura di bellezza che hanno scoperto grazie alla loro esplorazione tra le opere d’arte: colore, ritmo, caos, libertà, bianco, cambiamento, movimento, flusso, ricordo, formazione, somiglianza, uno e tanti, prezioso… sono solo alcuni dei nuovi volti che la bellezza ci ha mostrato.


E, per finire, la parola alle guide

Dal vostro punto di vista, come si intersecano arte, filosofia e bambini?
Sara Raimondi: Con l’opera d’arte l’artista esprime un’idea, un concetto, un punto di vista che ha una precisa connessione col suo contesto. Le opere sono un ponte tra noi e l’artista, frammenti di un’epoca, interpretazioni della realtà che trovano concretezza ad es. nella modalità di rappresentazione, nella loro funzione e nelle tecniche di realizzazione. La filosofia risuona quindi costantemente nell’arte e aiutando a decifrare in modo semplice il suo linguaggio i bambini e le bambine possono avvicinarsi ad alcuni temi della filosofia con grande immediatezza, divertendosi.

Cecilia Cefis Zuliani: Arte, filosofia e bambini sono strettamente legati. Gli artisti, quando producono un’opera, lo fanno sintetizzando un concetto. I bambini ultizzano lo stesso canale d’espressione, sintetizzano concetti sempre chiari nelle loro menti e questo comporta che nell’osservazione siano molto diretti. Vedono e percepiscono quello che spesso noi adulti percepiamo solo secondariamente. I bimbi in questa maniera arrivano diretti non tanto al significato quanto al percorso espressivo e alla carica emotiva dell’artista.

In che modo le opere d’arte possono aiutare i bambini e le bambine a districarsi nel labirinto delle loro emozioni?
Sara Raimondi: Davanti a un’opera d’arte provare a descrivere il tipo di emozione che ci può evocare un colore, una forma, una superficie ci mette profondamente in contatto con noi stessi e non è facile abbandonarsi alle sensazioni senza tener conto delle nostre sovrastrutture, almeno per un adulto. Diversamente i bambini accolgono con maggiore apertura l’immediatezza del linguaggio artistico che diventa per loro uno spunto, uno specchio per riconoscersi o differenziarsi esternando le loro emozioni.

Cecilia Cefis Zuliani: Se leggere un libro ci permette di conoscere, (per essere preparati ai fatti della vita), nella stessa maniera l’arte ci mostra scenari del contemporaneo (ogni artista è contemporaneo nella sua epoca). Permettere ai bambini di scoprire le emozioni davanti all’opera non può che arricchirli nel processo di conoscenza di loro stessi. Quando vivranno un’emozione che hanno visto nell’opera la rivivranno in loro stessi trovano un senso di appartenenza nel proprio mondo.

Bellezza è uno tra i concetti più complessi: in che modo la discussione e l’analisi fatta dai bambini ha arricchito (se questo è avvenuto, ovviamente) la tua concezione di bellezza?
Sara Raimondi: Mi ha molto stupito che alla domanda sulla bellezza i bambini e le bambine facessero riferimento quasi esclusivamente all’estetica del corpo, a come si appare. Quando l’attenzione poi veniva spostata nella ricerca della bellezza specifica delle opere d’arte ho trovato invece tanta varietà nelle risposte, un ventaglio amplissimo di cosa considerare bello. Dalla precisione ritmica di Castellani, all’esplosione di segni di Sanfilippo. Questo ha dato avvio a un dibattito interessantissimo che i bambini hanno portato avanti con entusiasmo.

Cecilia Cefis Zuliani: Nel mondo dell’arte il concetto di bellezza è applicato all’opera. In verità non tutte le opere sono belle in modo assoluto; le opere, in particolar modo quelle dal secondo 900 in poi hanno una bellezza trasversale legata al percorso di ricerca dell’artista e solo la conoscenza di tale percorso può portarci ad apprezzare. I bambini nell’osservazione non conoscono tutti i segnificati delle poetiche e spesso sono attratti da dettagli da cui scaturiscono storie legate principalmente alle emozioni che scaturiscono in loro. Personalmente lavorare coi bambini sul concetto di bellezza permette di “spogliare” l’opera dal significato originale per coglierne sfumature nuove. I bambini mi insegnano spesso a cambiare punto di vista, anche solo di angolazione, muoverci nello spazio, creare nuove trame.

Che cosa vi portate via da questa esperienza?
Sara Raimondi: Quello che mi porto a casa è aver dato un piccolo contributo a questo affascinante progetto che non risponde solo alle domande ma stimola i bambini e le bambine a fare l’operazione più importante cioè porle a loro stessi.

Cecilia Cefis Zuliani: Lavorare coi Ludosofici è anche per me un modo per cambiare prospettiva. Normalmente spiego le opere perché i bimbi possano capirne il significato; lavorare su dei concetti – come quello della bellezza, per l’appunto – permette di cambiare il punto di sintonia con l’opera.


Sara Raimondi è nata e cresciuta a Milano, si è laureata in Storia dell’arte presso l’Università Statale di Milano. Ha conseguito l’abilitazione alla professione di guida turistica nel 2015 e ha lavorato in diversi musei di Milano. Da più di 10 anni lavora alle Gallerie d’Italia, luogo in cui si occupa di condurre visite guidate, di progettazione didattica e assistenza ai visitatori in sala.

Cecilia Cefis Zuliani è mediatrice culturale presso le Gallerie d’Italia. Diplomata all’accademia di Belle Arti di Brera in beni Culturali con indirizzo di Comunicazione.
Da anni lavora nella comunicazione e fruizione diretta delle opere.