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Prima e dopo la luce

Intervista ad Antonella Angeloro per GAM

La luce come tema per connettere e unire la città. In che modo il Museo ha sviluppato questo processo a partire dal progetto Luci d’Artista, che quest’anno festeggia il suo venticinquesimo compleanno?

La nostra partecipazione al progetto risale al 2018. Come il PAV, anche noi quell’anno abbiamo deciso di accogliere l’invito della città ad aiutare a leggere le luci d’artista sparse sul territorio urbano sviluppando attività educative rivolte in un primo momento solo alle scuole e poi allargatesi anche ad associazioni ed enti territoriali.Inizialmente, ogni anno ci si dedicava a una sola luce. Ora, però, dal momento che il public program è cresciuto e, ad oggi, sono sei i musei a partecipare al progetto, ciascuno ha adottato la propria luce.

Quest’anno la città ha realizzato tre nuove Luci d’Artista. Una di esse, proprio per volere del nostro direttore, che fa anche parte del Comitato scientifico di Luci d’Artista, è stata commissionata a Giorgio Griffa, autore delle opere più rappresentative per la pittura del Novecento tra quelle conservate nel nostro museo. Ciò ci ha permesso di lavorare con lui sin dalla progettazione, a differenza di quanto solitamente avviene per le altre luci, presenti in città da venticinque anni. Insomma, quest’anno GAM ha lavorato su una luce che, inizialmente, non esisteva ancora, se non per uno studio preparatorio  che, subito dopo aver ricevuto l’incarico, Giorgio Griffa ha elaborato e ci ha consegnato.

Da un po’ di anni, abbiamo deciso di non incontrare direttamente gli studenti, ma di formare gli insegnanti, fornire loro tutti gli strumenti e i materiali necessari, così che, di volta in volta, possano riportare l’esperienza in classe. Pertanto, dovete immaginare che tutti i passaggi che descriverò sono stati proposti almeno con una settimana di intervallo l’uno dall’altro, di modo che nel tempo tra un appuntamento e l’altro, gli insegnanti avessero modo di mettere in pratica con i loro studenti quanto sperimentato con noi.

Per prima cosa, abbiamo dovuto creare il gruppo con cui lavorare. Gli insegnanti sono stati selezionati all’interno dell’Istituto Comprensivo Tommaseo, una scuola storica della città, in modo trasversale: undici docenti provenienti in parte dalla scuola dell’infanzia, in parte dalla primaria e in parte dalla secondaria di primo grado. La scuola è stata individuata perché si trova in Piazza Cavour, una piazza da sempre utilizzata a mo’ di giardino e luogo ricreativo dalle scuole che vi si affacciano e che, quell’anno, avrebbe ospitato la Luce d’Artista di Giorgio Griffa.

Abbiamo deciso di dedicare il primo incontro di formazione con gli insegnanti a un approfondimento della nostra collezione del Novecento, con particolare attenzione all’arte astratta e, in particolare, alla pittura segnica. La nostra idea era di avvicinare la figura di Giorgio Griffa, ovvero di arrivare a lui prima che la luce venisse inaugurata.
Hartung, Accardi, Capogrossi – questi gli elementi da cui siamo partiti.
Successivamente, abbiamo proposto loro un’attività un po’ particolare. Per aiutarli a lavorare sull’idea del segno come gesto istintivo e naturale abbiamo coinvolto il maestro Zen Raf Ianzano. Il maestro ha svolto con gli insegnanti una seduta di meditazione davanti all’opera di Giorgio Griffa esposta nei nostri spazi di laboratorio, e poi ha fatto con loro un workshop di pittura a inchiostro.

“Io non rappresento nulla. Io dipingo”: è questa la frase di Giorgio Griffa da cui siamo partiti per rendere al meglio l’idea della pennellata, del gesto assolutamente libero che non per forza raffigura qualcosa di riconoscibile. Volevamo che fosse questo concetto che gli insegnanti fossero in grado di trasferire ai bambini e ai ragazzi.
Anche per questo, per offrire loro un’esperienza più ampia, abbiamo portato i docenti partecipanti al piano di sotto, nel gabinetto che contiene stampe, disegni e, quindi, tutti i disegni di Giorgio Griffa normalmente non esposti in museo. 
Il laboratorio finale si è svolto in museo e ha visto partecipare anche gli studenti. Con loro e con gli insegnanti, abbiamo dipinto delle magliette con dei colori fluorescenti per stoffa, bianco su bianco, così che l’effetto finale fosse diverso alla luce diurna e al buio notturno.

Il programma di quest’anno ha inoltre previsto la collaborazione con la compagnia teatrale Teatro Società e, in particolare, con Claudio del Toro, che ha proposto agli studenti un laboratorio sulla maschera neutra (il volto è coperto, è possibile comunicare solo grazie alla forza del gesto e del movimento) a partire proprio da un testo di Giorgio Griffa. I suoi scritti, che si rifanno all’arte arcaica, antica, in qualche modo aiutano a evocare antiche divinità  e elementi ancestrali, primordiali, illuminati dal magico cielo di Azzurro Giallo, grazie a personaggi mitologici come Prometeo, Cassandra e Clitennestra.

L’opera, come si vede già nello studio, ricorda un po’ La Notte Stellata di Van Gogh. Attraverso la sua lettura della luce, Griffa intende parlarci dell’universo, delle particelle, del legame indissolubile che c’è con gli elementi primordiali.

Durante gli incontri con gli insegnanti abbiamo approfondito alcune parole chiave, le stesse che abbiamo loro consegnato perché lavorassero con le loro classi e ripercorressero insieme ai ragazzi il percorso fatto in museo, dall’inizio fino all’arrivo all’arte povera, tipica degli anni in cui operava Giorgio Griffa.

Nello spazio di Piazza Cavour tutte le undici classi hanno svolto un laboratorio teatrale indossando a loro volta la maschera neutra e la maglietta dipinta in museo. Insieme a Claudio del Toro, hanno lavorato sul corpo e sulla trasformazione fisica di sé, provando a tornare al passato, ai primordi, diventando i vari elementi essenziali.   
È stato emozionante vedere come durante la festa finale abbiano indossato le magliette, correndo sotto le luci.

La sera del 2 dicembre dei veri attori, sempre guidati da Claudio del Toro, hanno offerto al pubblico una prova aperta del loro spettacolo di maschera neutra ai piedi dell’opera Azzurro Giallo, che a quel punto era stata realizzata, e a cui anche i bambini hanno assistito.

Il 18 gennaio, infine, il percorso si è concluso con l’incontro con Giorgio Griffa qui alla GAM.


Un’ultima curiosità. Luce come vita, come conoscenza, come futuro, queste alcune delle connessioni che sono emerse nelle chiacchierate con le colleghe: c’è un’altra sfumatura che potresti indicarci, emersa in questi percorsi alla GAM?

Energia, direi. Lui ha insistito molto su questo concetto di luce come energia, come particelle; sull’idea della trasformazione; sul fatto che prima si immaginava l’universo in un certo modo e adesso le particelle ci hanno dimostrato che tutto è in continua evoluzione, in continuo mutamento, che nulla è fermo. 
Nel nostro percorso, noi abbiamo cercato, da una parte, di tornare indietro, al passato o agli elementi primordiali, dall’altra parte di andare verso possibili nuove scoperte, verso l’universo. Per questo, oltre a energia, suggerirei anche luce come particelle, luce come futuro. E anche luce come poesia, visto il nostro importante approdo ai testi. 
E semplicità. Perché è stato davvero interessante, con gli insegnanti ma anche con i bambini, trovare nei lavori di Giorgio Griffa una semplicità estrema (due, tre pennellate; quattro segni…), che può racchiudere davvero l’universo, l’infinito.