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Storie da (in)finire

A cura di Gaia Scarpari

Mi sono imbattuta ne La Storia Infinita quando, potremmo dire, non ero più né una bambina né una ragazzina. Una ricerca universitaria mi aveva destinato questo libro e, il 14 marzo 2016, ero in una libreria, alla ricerca di una copia. 


Era il mio secondo anno di università, frequentavo un corso di editoria e avevo appena imparato cosa fosse un paratesto. Quello che volgarmente avevo sempre chiamato “aspetto esteriore del libro” aveva finalmente preso un nome vero e proprio, un nome reale, e mi rincuorava che qualcuno lo avesse studiato con tanta minuzia prima di me.
Non mi sono mai vergognata di dire che, forse proprio per questa mia passione riguardante il paratesto, sono solita giudicare i libri dalla copertina. La copertina esercita su di me un enorme potere quando scelgo un libro: è lei che, spesso, mi spinge ad allungare la mano verso un libro piuttosto che un altro, a studiare un volume con gli occhi e a rigirarlo verso la quarta di copertina per assaggiarne la trama.

Quando ho comprato l’edizione de La Storia Infinita potevo scegliere tra quelle proposte da un paio di case editrici. Una più economica e tascabile e una un po’ più voluminosa e ingombrante. 

Attirata dalla copertina di quest’ultima e dall’assenza di trama sul “retro”, l’ho aperta e, con grande sorpresa, non ho trovato le sue pagine inchiostrate di nero.  Ogni capitolo, numerato dalla A alla Z, aveva dei capilettera decorati minuziosamente e le parole erano scritte utilizzando due colori: verde acqua e rosso mattone.

Non avendo mai letto quel libro prima di allora, non sapendo quasi nulla della sua storia,  ho istintivamente portato quell’edizione alla cassa convinta che, proprio per quella sua particolarità paratestuale, potesse regalarmi qualcosa di più rispetto ad una semplice edizione stampata nero su bianco.

E così è stato. 

Ma prima parliamo meglio di questo classico, mastodontico racconto, che ha fatto la storia del genere fantasy-fiabesco.
Non mi soffermerò troppo sulla trama, considerando il fatto che ognuno di voi potrà trovarla su internet o già conoscerla. Credo anche che sarebbe davvero sleale rovinarvi il piacere di una tanto travolgente lettura. 

Mi soffermerò però solo su alcuni importanti passaggi utili anche per capire meglio quanto detto prima.
Le prime righe de La Storia Infinita sono un invito ad entrare nella libreria antiquaria del signor Carlo Corrado Coriandoli. Ed è entrando in questo luogo che conosciamo il nostro protagonista, Bastiano Baldassarre Bucci, un bambino grassoccio, buffo e solo, fuggito per l’ennesima volta dalle prese in giro di alcuni compagni. Attirato dall’insegna del negozio, vi entra, ed è lì che inizia non solo la sua avventura, ma anche la nostra.
È proprio in quel luogo che, approfittando della distrazione del signor Coriandoli, decide di rubare un libro misterioso appoggiato al bancone. 

“Aveva rubato! Era un ladro! 
Quel che aveva fatto era ancora peggio di un furto comune. Questo libro era sicuramente uno al mondo e insostituibile. Sicuramente era il più gran tesoro del signor Coriandoli. Rubare a un violinista un violino unico al mondo, o a un re la sua corona, era ben diverso che rubar soldi dalla cassa.”

Il libro, da cui Bastiano è stato innocentemente e magneticamente rapito, è lo stesso che il lettore si trova in mano, è il libro de La Storia Infinita. Il bambino fugge, scappa fino alla soffitta della scuola dove, sentendosi al sicuro, inizia la sua lettura. Una lettura fatta di scoperte, minacce, coraggio e ricerca di sé. 

Nel regno di Fantàsia un male incombe, un pericolo mai visto minaccia la scomparsa del regno e la vita della sua regina: è lui, il Nulla, che avanzando inghiotte qualsiasi albero, foglia, persona, facendola scomparire come se mai fosse esistita. Un Nulla che, proprio perché è nulla, non ha un nome, non ha una forma e non si sa come fermare: è vuoto e impalpabile, pronto a distruggere qualsiasi cosa sia il suo contrario. 

Sarà Atreiu, un giovane coraggioso, valoroso e senza paura, a cui Bastiano tanto vorrebbe somigliare, che verrà incaricato dall’Infanta Imperatrice di avventurarsi alla ricerca di una soluzione per far cessare questa catastrofe. Sarà lui stesso a scoprire che l’unico modo per salvare Fantàsia consiste nel condurre un essere umano nel regno, che dia all’Imperatrice un nuovo nome. Mentre Bastiano continua la lettura, si accorge che i suoi pensieri sono in grado di influenzare le decisioni del protagonista e, di conseguenza, l’andamento della storia. 

È lui, lettore, che può intervenire all’interno della storia, partecipando e addirittura decidendo l’andamento della stessa. E sta proprio qui la potenza del romanzo: Atreiu, il protagonista, percepisce la presenza di Bastiano, sa che esiste un lettore che, insieme a lui, è l’altro grande protagonista di questo romanzo.

Ne abbiamo la nitida certezza quando, ad un certo punto del libro, Bastiano, colto dallo spavento per aver letto che Atreiu si trovava faccia a faccia con Ygramul (un essere particolarmente orripilante dalle molteplici forme), caccerà un urlo che troverà poco dopo scritto nella storia. 
È qui che avviene il primo intreccio, la prima fusione tra storia e racconto, tra narrazione e lettura. 

“Bastiano cacciò un urlo soffocato di spavento. 

Un grido di spavento echeggiò sopra l’abisso e fu accolto dall’eco che lo sospinse avanti e indietro. Ygramul roteò l’occhio a destra e a sinistra, per vedere se ci fosse in arrivo qualcun altro, perché quel ragazzino che ora le stava davanti paralizzato dall’orrore… no, quello non poteva essere stato. Ma non c’era nessuno.

“Non sarà mica che alla fine ha sentito il mio grido?” si disse Bastiano profondamente scosso. “Ma no, questo non è possibile.”

Una storia nella storia, è così che è La Storia Infinita. Un “metaromanzo”, ovvero un “libro nel libro”: una storia sola che, però, ne contiene tre.
La prima, ovvero quella identificabile con lo scritto dell’autore (quello che, per intenderci, terreste tra le mani), la seconda, quella che Bastiano ruba dalla libreria, e una terza, quella che uno dei personaggi della storia riscrive speculare a quella di Ende. 
È proprio ad un certo punto della narrazione che facciamo conoscenza del Vecchio Della Montagna, un uomo che possiede e ha il compito di scrivere un libro, chiamatosi proprio La Storia Infinita. Sarà proprio qui, a questo punto della storia, che Bastiano si renderà conto della ciclicità di cui essa è vittima. 

Lui stesso ora ne fa parte: leggendo, scopre con sorpresa che il vecchio della Montagna include anche lui nel racconto, interrompendo la narrazione proprio nel momento in cui Bastiano ha rubato il libro al Signor Coriandoli, per farla ricominciare daccapo uguale e identica a prima. 

Un cerchio infinito, un susseguirsi identico di avvenimenti che il protagonista capisce di poter spezzare solo prendendo coraggio ed entrando nella storia che lo chiama. 
Una ciclicità che viene ripresa da alcuni simboli, come quello in copertina, ovvero i due serpenti intenti a mordersi la coda, o come il capitolo “Z”, che in qualche modo pare rimandare al capitolo ”A“, proprio perché una storia infinita non dovrebbe avere la parola “fine”.

Un cerchio perfetto, ripercorribile infinite volte anche per via del passaggio continuo del ruolo di Bastiano da lettore a personaggio e da personaggio a lettore. Rompendo la barriera che divide queste due parti, la divisione tra loro non risulta più netta e chiaramente distinguibile.
Una tessitura di una singola storia che ne contiene infinite, evincibile anche grazie al continuo accennare dello scrittore ad altri spunti, altri racconti, prontamente interrotti da un: “Ma questa è un’altra storia, e bisognerà raccontarla un’altra volta”. Un escamotage narrativo che tiene il lettore appeso, attento e curioso nei confronti della moltitudine di narrazioni che la storia infinita può racchiudere. 

Non va dimenticato, però, che questa ciclicità non rinnega affatto la netta divisione tra passato, presente e futuro: sono proprio i ricordi e la fantasia ad avere un ruolo centrale nella vicenda. Due componenti presentate come indissolubili e strettamente connesse: l’una non potrebbe esistere senza l’altra. Chiamato a ricostruire il mondo di Fantasia attraverso i suoi desideri, Bastiano si troverà a dover cambiare se stesso, rinunciando al passato e dimenticando ciò che era prima, perdendo ricordi e perdendosi a sua volta. Solo attraverso la sua volontà, riuscirà a ripescare il passato che, secondo lo scrittore, è parte integrante della volontà di creazione, necessario strumento per sorreggere la fantasia. Un concetto che trovo simile a quello espresso da Italo Calvino con la frase: “La fantasia è come la marmellata, bisogna che sia spalmata su una solida fetta di pane”.

Un libro dunque con tempi, luoghi e personaggi distinti, che hanno però la capacità e l’abilità di compenetrarsi in maniera perfetta, tanto da richiedere una distinzione paratestuale voluta dallo stesso Ende. 
Sarà l’autore stesso, infatti, a battersi con l’editore tedesco Thienemann Verlag, perché il libro venga stampato in doppio colore: rosso per identificare il tempo nella storia di Fantàsia, e verde acqua per indicare quello del mondo, che potremmo chiamare ordinario. 
Una stesura di un libro che ha richiesto parecchio tempo, circa tre anni, come dichiarerà lo stesso autore in risposta all’ennesima lettera dell’editore che gli domandava notizie riguardo al manoscritto.

Ne La Storia Infinita, era così che non avevo idea di dove fosse l’uscita di Fantàsia. Il libro sarebbe dovuto uscire già un anno prima. L’editore aveva organizzato le stampe, la carta era già pronta e mi chiamava continuamente per chiedermi: ‘Quando me lo consegnerai finalmente?’, e io dovevo sempre rispondere: ‘Non posso darti niente, Bastiano non torna più indietro. Cosa devo fare?
Devo aspettare il momento giusto, quando emergerà dal personaggio stesso la necessità di ritornare’ e per questo diventò un’odissea
.”

È così che mi piace immaginare Ende: lui stesso vittima di un incessante scrivere, quasi senza conoscere una fine. Avvolto tra il tempo della scrittura e del mondo usuale, tra il tempo della storia e il tempo della vita reale. Una ciclicità che aveva finito per avviluppare lui stesso.
Sarà proprio la storia stessa a suggerirgli, ad un certo punto, di difendere l’idea che questa venisse confezionata e consegnata al lettore con i particolari dettami tipici di un libro di magia: una copertina di cuoio con bottoni di madreperla. La reticenza dell’editore (che chiaramente non voleva addossarsi tali spese di produzione) diede luogo a innumerevoli discussioni. Il compromesso tra le parti si materializzò in una pubblicazione dalla rilegatura in seta, la stampa a doppi colori e finissimi capilettera illustrati da Roswitha Quadflieg. 

Questa cosa con i due colori e questi continui incroci sono una sorta di regola che viene proposta al lettore. Viene invitato a giocare. Negli ultimi anni abbiamo dimenticato che arte e letteratura sono, tra l’altro, anche gioco. Gioco nel senso più alto del termine. […] Ma è proprio per questo, perché nella letteratura per ragazzi è possibile giocare, che ho iniziato a cimentarmi nel genere. Ora ho varcato il limite. Questo carattere giocoso voglio mantenerlo a tutti i costi.

Una veste che trovo, a mio personalissimo gusto, ancora più azzeccata di quella immaginata originariamente dall’autore. 

Dico ciò perché credo che, in questo libro, il paratesto sia del tutto in linea con i caratteri della storia: la prima edizione stampata infatti, rassomiglia in maniera quasi identica a quella che Bastiano si trova a leggere nella soffitta della scuola. La presenza di un doppio colore per la storia e per i suoi tempi, la copertina in seta rossa, non sono altro che quello che potremmo banalmente e fantasiosamente immaginare, come un “paratesto nel paratesto”.

“Sollevò il libro e lo osservò da tutte le parti. La copertina era di seta color rubino cupo e luccicava mentre la rigirava di qua e di là. Sfogliandolo fuggevolmente vide che i fogli erano stampati in due colori diversi. Illustrazioni pareva non ce ne fossero, ma in compenso vi erano meravigliosi capilettera figurati. Quando tornò ad osservare la copertina, ci scoprì sopra due serpenti, uno scuro e l’altro chiaro, che si mordevano la coda, formando così un ovale. E in questo ovale c’era il titolo, in strani caratteri:
La Storia Infinita.”

 Michael Ende, La Storia Infinita, traduzione di Amina Pandolfi, Corbaccio, 2002, pp.12-13

Sarà il grandissimo successo dell’opera, diventata ormai uno dei classici della letteratura per ragazzi, a vederla tradotta in più di quaranta lingue. 

L’editore Longanesi sarà il primo a pubblicare, nel 1981, l’edizione italiana, con una sopraccoperta che, se tolta, rivelerà la famosa copertina in seta rossa dove incisi vi sono due serpenti che si mangiano la coda.
La storia pervade ogni singola parte del testo. Nemmeno se lo volessimo, potremmo mantenere una distanza dalla storia, perché essa trapela e straborda dal testo: ogni pagina o colore o carattere del testo ha un significato all’interno di esso. Un paratesto studiato per invitare il lettore ad entrare nel tempo della storia. Perfino passando una mano sulla copertina, potremmo pensare di provare lo stesso brivido provato da Bastiano quel giorno, nella bottega del signor Coriandoli. 
La Storia Infinita è un libro che inizia, in alcuni casi, ancora prima di cominciare a leggere, quando inconsapevolmente e magneticamente ci sentiamo attratti da quel testo per la sua unicità, per la sua particolarità, e non sappiamo come rinunciarvi, un po’ come Bastiano nella libreria.
Perché in quel momento, ci sentiamo esattamente come si è sentito lui, solo che ancora non lo sappiamo.

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Attività 1:
(Non) giudicare dalle apparenze!

E voi avete mai giudicato un libro dalla copertina?
Andate a caccia tra tutti i libri che avete in casa e scegliete solo quelli che a una prima occhiata vi ispirano di più. Osservatene attentamente la copertina e immaginate quante più storie potete proprio a partire da lì.
Ma potete anche fare il contrario: inventate una copertina e poi immaginate la storia! Oppure create voi la copertina da dare a un amico e chiedetegli di inventare una storia! Che cosa succede se date la stessa copertina a più amici? Quante storie saranno scritte a partire da un unico spunto?

Attività 2:
Tessitori di storie

Ogni storia ha i suoi tempi, che vanno rispettati, altrimenti immaginate che pasticcio sarebbe… O che divertimento! Pensateci un po’. Che cosa accadrebbe se Cenerentola non si accorgesse dello scoccare della mezzanotte? O se il lupo arrivasse in ritardo e non incontrasse Cappuccetto Rosso? E se, in realtà, le storie non avessero una fine, ma continuassero per sempre, anche dopo il “vissero felici e contenti”? E qual è il prima di ogni storia?
Ad ogni tempo una storia e a ogni storia il proprio tempo!