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A giocare con il corpo

Laboratorio a cura dei Ludosofici

In occasione della Design Week, la settimana che la città di Milano, ogni anno, dedica al design, insieme al centro culturale polifunzionale Base abbiamo provato a giocare con il design, provando a individuare le caratteristiche che condivide con l’approccio filosofico.

Se ci soffermiamo a riflettere sulla parola design, scopriamo che, tradotto in italiano, significa progettare, ossia gettare oltre: ma che cosa getta oltre il progettista, lǝ designer? 
Sogni e idee che, grazie alla fantasia, all’immaginazione e all’ingegno, superano le barriere dettate dalle convenzioni e dalle convinzioni. Si può dire che il progetto (e quindi il design) sia un ponte tra il presente e il futuro.  Lǝ designer è quindi unǝ professionista che di mestiere guarda con molta curiosità e attenzione se ciò che lǝ circonda può essere migliorato e, così, studia e analizza i problemi e progetta ciò che serve per superarli. 

Ed ecco qui la prima similitudine con la filosofia: combattere il cinismo con spirito costruttivo e impegnarsi a immaginare un’alternativa. I grandi filosofi del passato hanno provato proprio a fare questo: coniugare l’istanza narrativa insieme a quella argomentativa, presentare modelli nuovi di mondo, di società, di umanità e fare così della filosofia un vero motore di cambiamento.


Lǝ designer non progettano solo oggetti, ma sempre più spesso si occupano di persone e del loro benessere. È per questo motivo che Base quest’anno ha invitato scuole, università, giovani studentessǝ e artisti a sognare e progettare una nuova IDEA di mondo possibile, più accogliente e giusto per tuttǝ. Già nella parola IDEA è racchiuso questo sogno che, giorno dopo giorno, ognuno di noi può provare a trasformare in realtà, partendo da 4 parole chiave. 

INCLUSIONE: ci invita a creare un ambiente in cui tutti si sentano accolti e rispettati, così da poter partecipare e contribuire con le proprie idee.

DIVERSITÀ: ci insegna che ogni persona è unica e ha caratteristiche che la rendono diversa e speciale da tutte le altre, come ad esempio l’origine etnica, la provenienza, il genere, l’età, la religione o convinzioni personali  e la disabilità. 

EQUITÀ: ci sollecita a rimuovere tutte le barriere e gli ostacoli che impediscono alle persone di partecipare veramente alle decisioni che le riguardano. 

ACCESSIBILITÀ: significa progettare prodotti, dispositivi, servizi o ambienti che siano adatti per le persone con disabilità, in modo che tutti possano partecipare davvero e in modo efficace.

Abbiamo provato a ragionare su una nuova I.D.E.A. di mondo possibile partendo dal corpo e, soprattutto, giocando con esso.


Il corpo ci permette di scoprire il mondo fuori di noi, ma anche il mondo dentro di noi. È lo strumento attraverso il quale esploriamo e interagiamo con il mondo esterno, ma allo stesso tempo ci fornisce informazioni preziose sul nostro mondo interiore, sulle nostre emozioni, sensazioni, pensieri e bisogni. Ma cosa succede quando alcuni sensi funzionano diversamente rispetto a quelli della maggior parte delle persone? Se il nostro modo di camminare o di guardare cambia, può cambiare anche il nostro modo di pensare?

È partendo da questa macchina straordinaria, in continua trasformazione, che abbiamo provato a co-progettare e immaginare nuove proposte insieme ai bambini che sono venuti a giocare con noi.

Stiamo sperimentando questi laboratori proprio in questi giorni e quindi proveremo a condividere con voi quanto sta succedendo.

Laboratorio Uno: “Punti di s(vista)”

Dopo aver scelto un’opera, abbiamo invitato i bambini a coricarsi a pancia in su e a provare a guardare l’opera proposta dal basso verso l’alto. 

Li abbiamo invitati a mantenere questa posizione per qualche secondo e poi a cercarne una nuova. Oltre a cambiare posizione, potevano anche decidere se stare seduti o in piedi, se stare a carponi, in ginocchio o anche cambiare andatura: rotolare, strisciare, gattonare, saltellare… 

A partire da queste nuove prospettive, sono stati invitati a disegnare l’opera dalla nuova prospettiva e, per introdurre un nuovo elemento insolito, la superficie da usare non era il foglio bianco ma l’intero pavimento, dipinto attraverso i gessetti.

Al termine di questo gioco abbiamo posto loro alcune domande: 

Come cambia, di volta in volta, l’opera esposta? 

Secondo te, cambiare ogni tanto il punto da cui guardare le cose può essere uno strumento utile per capire i pensieri e le emozioni delle persone vicino a noi?

Laboratorio Due: Corpi intrecciati

Cosa accadrebbe se si dovessi fare ogni cosa insieme ad un’altra persona? Provate a immaginare i sentimenti che potreste provare se ogni movimento, per quanto piccolo e insignificante, dovesse essere concordato con un’altra persona, la quale, a sua volta, ha desideri e necessità diverse dalle proprie.  

Grazie a delle bende elastiche, abbiamo legato i bambini e le bambine in varie modalità: braccio destro a braccio sinistro, gamba sinistra con gamba destra, schiena contro schiena…  Dopodiché li abbiamo invitati a esplorare la mostra insieme al compagno o alla compagna toccata loro in sorte.

Infine abbiamo chiesto loro di rispondere a queste domande:

Come cambia la visione delle opere che ti circondano? 
Cosa provi ad aspettare il tuo compagno?
Va troppo veloce? 
Va troppo lento? 
Guarda cose che a te non interessano? 
Come vi potreste mettere d’accordo?

Laboratorio Tre: Vedere oltre…

Come sarebbe il mondo se non lo potessimo più guardare direttamente con i nostri occhi, ma si potesse solo immaginare a partire dal racconto degli altri?
Quale nuova visione ne avremmo? 
Di quali nuovi sensi potremmo aver bisogno? 
O quali tra i sensi che abbiamo già dovremmo sviluppare maggiormente?
È difficile ascoltare?

Abbiamo chiesto ai bambini e alle bambine partecipanti di formare delle coppie. A turno, uno dei due è stato bendato. L’altro, dopo aver scelto un’opera tra quelle proposte, è stato invitato a raccontarla al compagno. 
Una volta terminata la descrizione, chi era bendato veniva esortato a guardare l’opera coi propri occhi. Gli è stato chiesto se l’immagine tratta dal racconto del compagno o della compagna corrispondesse a quello che ora poteva osservare.
Una possibilità è stata anche quella di provare a disegnare, sempre a occhi chiusi, l’opera descritta.