Laboratorio a cura di Gaia Scarpari

Pensiamo spesso a una città come a un unico luogo.
Se non è la nostra, ne attraversiamo le piazze, passeggiamo sotto i suoi portici, visitiamo i suoi palazzi più belli, ci lasciamo incantare dai posti che non conosciamo.
Se camminiamo per la nostra città, invece, quella in cui abitiamo (o meglio dire, in questo caso, quella che abitiamo) non ci comportiamo sempre allo stesso modo. Camminiamo svelti e senza tempo, alziamo solo di tanto in tanto il naso verso l’alto, passiamo per i suoi luoghi distrattamente.
Perché accade ciò? Succede perché la conosciamo, perché è nostra e ci sembra di viverla un numero infinito di giorni; per questo, possiamo concederci di non ammirarla sempre allo stesso modo.
Diversi possono essere i rapporti con la città:
Io, ad esempio, sono cresciuta in un paesino, non molto distante da una città decisamente piccola. Una di quelle che, per attraversarla a piedi, impieghi massimo venticinque minuti.
“Città” per me voleva dire scuola, amici, libertà e “diventare grandi”.
Forse perché la città non è stata mia fin da subito. È stato un cambiamento, una nuova fase, qualcosa da affrontare: un luogo da conquistare!
Con il passare del tempo, con l’incontro di una metropoli, città è diventato un luogo ancora più grande: Milano era sinonimo di autonomia, responsabilità, creatività, confronto.
Ci sono state anche città “pace”, in cui ritrovarsi, fare respiri profondi. Sono…