Vai al contenuto

A partire dalla realtà

Articolo a cura di Irene Caselli

Come possiamo raccontare le notizie ai bambini? Una domanda che è sempre importante porsi, ma che lo è diventata ancora di più di questi tempi in cui gli eventi legati alla pandemia di coronavirus stanno avendo un impatto fortissimo sulle nostre vite, anche su quelle dei bambini, ovviamente.
Proprio mentre iniziavo a consultare le mie fonti e a leggere le ricerche sul tema per scrivere questo intervento, il governo greco ha annunciato un altro lockdown completo nella regione dell’Attica, dove si trova Atene e dove attualmente vivo anche io. Ciò ha significato, ancora una volta, la chiusura delle scuole. Da quando mio figlio ha cominciato l’asilo ha avuto cinque settimane di scuole aperte, seguite da due mesi di chiusura e da altre cinque settimane di apertura. E ora le scuole chiudono di nuovo.
Lorenzo aveva appena iniziato ad abituarsi alla sua routine, a tornare a casa cantando le canzoncine che aveva imparato e a dire i nomi dei suoi amici. Come potevo spiegargli ciò che stava succedendo? Quando ho iniziato a cercare in giro opinioni e idee sul condividere le news con i bambini, mi sono accorta che c’è pochissimo materiale dedicato alla prima infanzia. Questo perché si dà per scontato che i neonati e i bambini molto piccoli non siano in grado di comprendere la complessità e che in ogni caso non si ricorderanno degli eventi.
Ma se è vero che non siamo in grado di ricordarci direttamente di ciò che ci è successo nei primi due anni di vita (ad oggi si crede che i ricordi inizino verso i tre anni e mezzo di età, come ho scritto in un articolo sulla mia newsletter The First 1,000 Days qualche tempo fa, anche se questa stima varia molto in dipendenza della cultura e della comunità in cui i bambini crescono), gli eventi dei nostri primi anni di vita hanno un fortissimo impatto su quello che diventiamo più tardi, e i traumi possono lasciare delle impronte molto profonde.
E quindi, che tipo di news possiamo condividere con i nostri figli quando sono così piccoli? E come lo possiamo fare? Ne ho parlato con esperti che si occupano di bambini tra gli 0 e i 4 anni, età tra cui cui ovviamente ci sono grandi cambiamenti, ma che rappresenta l’età che solitamente rimane fuori dalle analisi. Questi sono alcuni dei consigli basati sul materiale e sulle idee che ho raccolto durante le interviste e dei link a delle risorse che troverete in fondo all’articolo. Un avvertimento, però: i bambini sono molto diversi tra di loro, ed è fondamentale lasciarsi guidare da com’è il vostro bambino, dalle sue abilità, dalla sua capacità di comprensione e, insieme, da ciò che provano.


Le ultime notizie sono vietate

Immagina la scena: la TV è accesa in sottofondo su una trasmissione che parla delle ultime notizie su proteste, su morti causate dal coronavirus e su un qualsiasi altro evento che sta attanagliando la nostra nazione. È provato che, negli adulti, il consumo di news negative aumenta l’ansia e persino la depressione. Questo è ancor più vero per i bambini e per gli adolescenti. «Le news non sono pensate per i bambini», dice la dottoressa Helen Dodd, professoressa di psicologia infantile all’Università di Reading, nel Regno Unito. Potresti tendere a pensare che non stiano seguendo mentre tu stai ascoltando la radio in macchina, ma non è vero. «È impressionante quanto essi assorbono e quanto ciò può preoccuparli», dice Dodd. Quindi, comincia con lo spegnere la televisione e la radio, a meno che non ci sia un programma specifico che si occupa di notizie spiegate ai bambini.


Farsi guidare dal bambino

Ok, non riuscirai a fare una vera e propria conversazione con un neonato e neppure un lattante, ma puoi cercare di capire quello che provano osservandoli da vicino. Il tuo bambino ripete una parola più spesso delle altre? È appiccicoso o irritabile? Il suo comportamento abituale è cambiato? È possibile che ciò che impressiona te (la notizia delle violenza della polizia) possa non riguardarlo direttamente nella sua vita quotidiana, e magari non se n’è nemmeno accorto. Se non chiede o se non dà segno di essere impressionato, forse le news che pensavi fossero importanti da condividere non sono dopotutto così essenziali. Se invece chiede con insistenza dei suoi amici, o della scuola, per esempio, chiedigli che cosa sa già e poi completa quelle informazioni, se puoi. Se chiede quanto il coronavirus passerà, rispondi con onestà e sii capace di dire: non lo so.


Non condividere troppo

Personalmente sono particolarmente colpevole su questo punto nelle mie interazioni con mio figlio. A volte riempio i vuoti come se dovessi raccontargli ogni cosa che mi passa per la testa, ma non è sempre una buona cosa per mio figlio. Potrei trasmettergli involontariamente della tensione e dargli più informazioni di quante può assorbire. Quindi presta attenzione a quanto dici direttamente a tuo figlio e in che contesto, ma anche a quando ti ascolta parlare con altre persone. Nello stesso modo in cui non gli fai bere alcol o non lo nutri di cibi grassi, che non sono in grado di digerire o di assimilare, pensa ai dettagli delle notizie che potrebbero essere troppo per loro, mi ha consigliato Jolande Zewuster, una psicologa olandese specializzata nel rapporto tra genitori e figli.


Neonati e lattanti possono gestire molta più complessità
di quello che pensiamo

Un chiaro esempio è il fatto che i bambini percepiscono la diversità molto prima che gli adulti siano capaci ad affrontare il discorso del razzismo, come dimostrano alcuni studi. «Già dai primi tre mesi di vita, bambini che hanno a che fare con visi della stessa etnia preferiscono i visi con quelle caratteristiche», mi ha spiegato la dottoressa Krista Aronson, professoressa associata di psicologia del Bates College, nel Maine, in una intervista via mail. Ciò significa che se ci sono bambini di origine africana nella loro scuola o se ci sono bambini migranti che vengono discriminati o il cui accesso alla mensa scolastica viene limitato, come è accaduto a Lodi, in Italia, o anche peggio, se ci sono episodi di violenze razziali, potrai introdurre qualche elemento di complessità aiutandoti con libri o esempi che hanno di fronte ai loro occhi. Per esempio, potresti parlare loro di quanto sia ingiusto che il passaporto o i documenti dei loro compagni non siano validi quanto i loro. Puoi anche utilizzare dei libri per impostare la conversazione nella giusta direzione. Se vuoi diversificare la tua biblioteca, l’Associazione Scosse offre dei buoni consigli. Se tu e il tuo bambino appartenete a una minoranza, allora è particolarmente importante occuparsi di questi argomenti direttamente. «Come genitore, vuoi che le migliori informazioni provengano da te», dice la psicologa americana Faith Sproul in questo video.


Se le news ti stanno influenzando troppo,
cerca di capire prima di tutto quello che provi tu

Se le news ti riguardano personalmente fai attenzione per prima cosa alle tue emozioni (provi rabbia? tristezza? paura?) prima di approcciare l’argomento e cerca di capire se è il momento giusto per il tuo bambino. I sentimenti vanno bene, ma ricorda che un bambino piccolo assorbe i segnali da te. Se non ci sentiamo al sicuro, nemmeno loro si sentono al sicuro. «Vogliamo mantenere al sicuro i nostri figli, ma non li teniamo al sicuro tenendoli al riparo dalle news, bensì mostrando loro come le si affronta», dice Zewuster. Se le news ti riguardano personalmente (se hai perso una persona cara, per esempio), allora cerca se puoi avere l’aiuto di qualcun altro. «È importante avere qualcuno vicino che non si senta travolto dalle emozioni e che possa stare dietro al bambino».


Giocare è un ottimo modo di affrontare le news

Molti ricercatori, inclusa Dodd, hanno raccolto dati su come sono cambiate le abitudini ludiche dei bambini durante la pandemia. In particolare lei ha osservato che molti bambini hanno incluso il coronavirus nei loro giochi, imponendo una “distanza sociale” ai loro orsacchiotti, o mettendo delle maschere alle bambole, o facendo giochi tipo “Splat the Virus” – una variazione del gioco della campana sul marciapiede. «Potremmo trovarlo un po’ inquietante negli adulti, ma per i bambini è molto salutare processare le news giocando. In queste situazioni, fateli semplicemente giocare, altrimenti togliereste loro una occasione per capire quello che sta accadendo. Fa molto bene», dice Dodd. In più, giocare può aiutare i genitori e i bambini a legare in momenti difficili, fintanto che permettiamo ai bambini di decidere, senza imporre i nostri giochi. Come ho già avuto modo di scrivere, il tempo ludico dei bambini ha bisogno di non essere strutturato, altrimenti smette di essere un vero giocare.


Mostra ai tuoi figli che fare qualcosa è possibile

Se le news ti fanno arrabbiare, fai qualcosa. Partecipa a una manifestazione, scrivi una lettera al consiglio comunale. In questo modo puoi far vedere ai tuoi figli che agire è possibile. Inoltre, chiedi a politici locali e nazionali di rispondere alle domande e ai dubbi dei bambini, come ha fatto Jacinda Ardern quando chiese che che la fatina dei denti venisse considerata una lavoratrice essenziale durante la pandemia per permetterle di recarsi liberamente nelle case dei bambini quando il loro denti cadevano. I bambini rappresentano quasi un terzo della popolazione mondiale e i governi dovrebbero essere in grado di rispondere anche alle loro preoccupazioni.


Pensaci prima tu

In Occidente, siamo tutti molto restii a parlare della morte, e molti genitori bianchi evitano il tema razziale. Uno studio, per esempio, ha mostrato come i bambini di genitori bianchi assorbano pregiudizi razziali dai loro genitori quando questi ultimi evitano di parlare loro del razzismo. Quindi, siate pronti ad affrontare i vostri stessi pregiudizi e ad avere conversazioni complesse durante le quali potreste ritrovarvi a dover dire che non avete delle risposte. Alla fine della giornata, la cosa migliore per un bambino è ascoltare le news da te piuttosto che percepire che qualcosa non va o venirci a contatto indirettamente dai telegiornali o da altre persone. Altrimenti, i bambini piccoli potrebbero persino inventarsi qualcosa che è ancora peggiore. Lorenzo, mio figlio, ora associa la morte a un lupo che si mangia un coniglio che ha visto in un libro che leggiamo spesso insieme. In questo modo, se sente parlare della morte, lui pensa ai lupi. Ciò può risultare abbastanza terrificante per lui, mentre parlargli di una morte naturale potrebbe fargli sentire meno la minaccia.

Qualcuno di questi consigli mi è stato utile quando ho dovuto spiegare a Lorenzo che l’asilo era chiuso? Io credo di sì. Dieci giorni dopo la chiusura, Lorenzo si sveglia ancora chiedendo se andrà o meno a scuola. Quando noi gli diciamo di no, lui risponde dicendo “oraviru”, che è la sua versione personale della parola “coronavirus”. Non entriamo nei dettagli. Gli diciamo che le scuole sono chiuse, così come i parchetti, che è a causa del coronavirus e che dobbiamo mettere le mascherine per quello. Gli abbiamo spiegato che nessun altro bambino va a scuola e che non si sta perdendo nulla. Ora lui insiste per avere la sua mascherina personale e di tanto in tanto se la mette per giocare. Non abbiamo dovuto spiegargli nulla delle nuove varianti del virus, perché — per fortuna — non è una cosa che in questo momento sta riguardando la nostra quotidianità. E speriamo che tutto questo sarà finito prima che inizi a porci delle domande più complesse.

Irene Caselli è un’esperta reporter multimediale e scrittrice ora focalizzata sui temi della sessualità, dei diritti delle donne e dell’infanzia. Al principio della sua carriera ha lavorato per una decina d’anni come corrispondente dall’America Latina. Ha lavorato per la BBC in Venezuela quando Hugo Chàvez è morto e il suo lavoro è apparso su numerose pubblicazioni, inclusi il Washington Post, The Guardian e El País. Nel 2019 fu assunta per “First 1,000 Days” inviata del The Correspondent, una piattaforma internazionale e finanziata dai suoi membri. È stata una delle 5 scrittrici scelte tra circa 2000 applicanti. Quando The Correspondent ha chiuso nel dicembre del 2020, ha lanciato la sua personale newsletter, The First 1,000 Days, in collaborazione con Slow News.

Irene ha pubblicato un capitolo in Unbias the News, un libro che riflettere su come avere delle redazioni più aperte alla diversità. Ha anche co-prodotto un documentario sulla disparità di genere delle donne nel calcio. 

Irene è stata premiata dal IWMF, the European Journalism Centre, e dal Dart Center for Journalism and Trauma. Modera dibattiti e festival, insegna regolarmente giornalismo e fa da mentore a futuri giornalisti. Parla 6 lingue e ora sta imparando il greco. Nel tempo libero, scrive favole per bambini che testa sul figlio Lorenzo.