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Ascolta, scuola!

Articolo a cura di Alberto Pian

Che cos’è il podcasting?
È molto importante fare chiarezza su questo punto, perché spesso si attribuisce l’appellativo di podcast a qualcosa che non lo è. Per esempio, un file audio, anche all’interno di un sito internet o erogato da YouTube, non è un podcast. 
Un podcast è un file audio incapsulato in un sistema XML, che prevede un’erogazione attraverso la lettura di un’applicazione Reader, ovvero un lettore specifico. Il podcasting è nato come una sorta di blog audio e ne utilizza la stessa identica tecnologia: ci si abbona a una serie di episodi che fanno parte di un palinsesto generato sulla base dello stile radiofonico. Il podcasting non necessita di una pagina web o della navigazione su Internet, perché, essendo incapsulato in un sistema XML simile a quello che gestisce i blog, arriva su abbonamento e, per fruirne, sono sufficienti applicazioni come iTunes o Spotify.

Il podcast è nato nel 2004 in California proprio con l’intenzione di bypassare la rete web. L’utente abbonato a una serie di trasmissioni che veicolano contenuti di suo interesse tramite podcast non è più costretto a cercare ogni volta in rete ciò che desidera, ma può riceverlo sui propri dispositivi e ascoltarlo mentre va al lavoro, fa colazione o svolge una qualunque azione quotidiana. Perciò, il podcasting è un’alternativa al web e, come accennavo, è molto vicino al mondo della radiofonia. Il podcast è uno strumento molto easy. Proprio come la radio, richiede un ascolto e nessuna interazione con Internet, ad eccezione del momento iniziale in cui ci si abbona a un servizio specifico.

Di solito, il podcast è monotematico. Questo è un dato che, ancora una volta, avvicina il podcasting allo stile radiofonico. Chi organizza un podcast sceglie l’argomento di cui parlare e a questo dedicherà le sue puntate: non mescola, come farebbe una pagina Internet o un sito, informazioni relative a contenuti differenti tra cui si devono individuare e riconoscere quelli che ci interessano. Il podcast è coerente, esattamente come una trasmissione radiofonica: non tradisce e, per questo, è percepito come uno strumento affidabile.

C’è un esperimento che voi insegnanti potete fare. Chiedete alle famiglie dei vostri studenti se il senso di verità della medesima informazione (prendete come esempio anche temi spinosi come il COVID o la vaccinazione) sia maggiore quando erogata dalla televisione o tramite un canale radiofonico. Quale risposta otterrete? Sicuramente sarà la radio, poiché a essa è associata una maggiore fiducia e una maggiore autenticità nel veicolare le informazioni. Ciò è dovuto al fatto che la radio è priva di immagini, ovvero di tutta quell’opera di persuasione invasiva, pubblicitaria, dell’effetto speciale visibile utile a inglobare lo spettatore nella trasmissione. Nella radiofonia c’è solo l’ascolto e si ha la sensazione, corrispondente a verità, di una minor oppressione, di essere tenuti lontano dalla pubblicità, dal marketing e da un’operazione di facciata, anche se, ovviamente, ci sono inserti pubblicitari. Questo contribuisce ad attribuire un senso di verità maggiore alla radiofonia che non alla televisione.

L’aspetto che abbiamo appena evidenziato è molto importante anche da un punto di vista didattico. I ragazzi, oggi, vivono in un mondo e sono immersi in una cultura fortemente determinati dalle immagini. Oltretutto, per quanto sia vero che oggi chiunque può produrre fotografie e immagini con uno standard più o meno accettabile, non si può negare che siamo di fronte a un grande decadimento culturale, in cui la qualità dell’immagine fotografica e del racconto rischia di perdersi. La comunicazione visiva – pensiamo a social come TikTok o Facebook – è stereotipata e molto banale, povera di contenuti nuovi, interessanti e validi dal punto di vista artistico. Per questo, può rivelarsi vincente proporre ai ragazzi contenuti che investono un solo organo di senso: l’udito, che, secondo me, li porta ad assumere una maggiore distanza critica da questo mondo. Non voglio suggerire l’eliminazione delle immagini, sia chiaro, ma invitare a trovare espedienti che consentano ai più giovani di accostarsi al mondo con maggiore cultura e senso critico.

McLuhan diceva che la radiofonia è uno strumento ad alta definizione, perché si rivolge a un solo organo di senso: tutto quello che si deve sapere si conosce tramite l’orecchio. Allo stesso modo, diceva che la televisione, invece, – lo scriveva negli anni ‘50 – è a bassa definizione perché colpisce diversi organi. Nel dire questo, McLuhan aveva ragione, ma faceva anche una previsione sbagliatissima, secondo cui la radiofonia, più impegnativa perché rivolta a un solo organo di senso, sarebbe stata relegata ai margini della comunicazione e scalzata dalla televisione. 
E qui c’è un altro esperimento che invito gli insegnanti a fare: chiedete ai vostri studenti e alle loro famiglie se oggi sia più diffusa la televisione o la radiofonia. Vedrete che tutti opteranno per la televisione, riflettendo una percezione sociale che però non combacia con la realtà dei fatti. Basta recuperare le statistiche ufficiali per vedere che il pubblico più vasto e la maggiore quantità di ore di ascolto riguardano la radiofonia – la radio, il podcast e l’ascolto audio -, non la visione. 
Questi dati sono confermati dall’impennata che negli ultimi anni hanno avuto gli audiolibri. Il fenomeno è esploso con l’inizio della pandemia, ma ora si sta consolidando: la fruizione di questi strumenti non è rimasta confinata a un momento di crisi, che ha avuto semmai il merito di far conoscere il mondo degli audiolibri, fino a quel momento largamente sconosciuto.


Detto questo, quali aspetti educativi interessanti per la scuola, per la didattica e anche per le famiglie possiamo trarre dal mondo del podcasting e, più in generale, della radiofonia?

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Attraverso il podcast e l’ascolto radiofonico, presentiamo alle giovani generazioni un modo diverso di fruire informazioni e contenuti: allarghiamo l’orizzonte culturale e aumentiamo anche il senso critico dei nostri studenti. Provate, per esempio, a far ascoltare sotto forma di audiolibro un romanzo che vorreste proporre in lettura. Le ambientazioni sonore, le intenzioni vocali restituiranno un prodotto che non ha nulla da invidiare, quanto a coinvolgimento e qualità, a un film. Inoltre, permette di riflettere, per esempio, sul sound-design e sulle figure professionali chiamate a realizzarlo. L’ascolto di un audiolibro consente di mettere in dubbio un dato scontato per noi occidentali, ma in realtà del tutto opinabile, per cui le immagini veicolano la verità in modo più efficace: per alcune popolazioni, come gli Inuit, non è così e, al contrario, è ritenuto decisamente più affidabile ciò che si ascolta rispetto a ciò che si vede. Chi ha stabilito che la vista sia fonte di verità? Proponete ai vostri studenti questo esperimento: collocatevi di fronte a loro, invitateli a chiudere gli occhi restando fermi; quindi muovetevi nella classe senza smettere di parlare, fino a posizionarvi in fondo all’aula, di modo che tutti vi diano le spalle; chiedendo loro dove vi trovate, tutti risponderanno che siete dietro di loro, ma, invitati ad aprire gli occhi, non vi vedranno: la vista non consente loro di scoprire quale posto dello spazio occupate, poiché, diversamente dall’udito, non funziona a 360°.

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Il podcasting, e quindi la radiofonia, è utile dal punto di vista della produzione didattica anche al fine di consolidare quanto si è appreso. Creare una trasmissione radiofonica è più facile che realizzare una trasmissione televisiva: l’assenza di immagini evita il problema del montaggio, dell’illuminazione, della scenografia, ma elimina anche l’imbarazzo di dover mostrare il proprio volto. La sola oralità rende più libera e rilassata l’espressione e si parla più agevolmente di qualunque argomento. 
Ricorrendo al format della trasmissione talk, che prevede una conversazione tra i presenti in studio intervallata da telefonate da casa, si può discutere degli argomenti affrontati in classe. Perché non lasciare l’ultimo quarto d’ora di lezione a un riepilogo radiofonico di quanto discusso fino a quel momento? Si costituisce ogni volta un team diverso formato da tre o quattro persone che si dispongono intorno a un microfono a parlare dell’argomento del giorno, simulando anche eventuali esperti, ricercatori o telefonate da casa fatte sul momento con un cellulare. 
Un simile espediente renderebbe l’apprendimento significativo – come diceva lo psicopedagogo Ausubel – perché, mettendo in piedi una trasmissione radiofonica, gli studenti sono costretti a rielaborare i contenuti discussi e appresi per comunicarli con un linguaggio sintetico, popolare e avvincente, capace di catturare le persone. È un’operazione che rende inevitabile ragionare sul tipo di comunicazione, trovare le parole giuste, ma anche non affliggersi nell’eventualità di un errore, che è “il bello della diretta” e può essere serenamente recuperato e corretto da chi è al microfono insieme a me. La radiofonia garantisce un’atmosfera familiare. Ce ne rendiamo conto anche quando siamo in auto e ascoltiamo una trasmissione alla radio: le voci ci seguono, sembra che abitino il nostro stesso spazio. Ecco, questa è l’intimità dell’ascolto, un aspetto fondamentale anche ai fini della relazione educativa, che è innanzitutto una relazione affettiva.

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La radiofonia pone l’accento sulla voce, che veicola le parole, i significanti, la qualità di suoni che ispirano il mio immaginario senza invaderlo con la stessa prepotenza delle immagini. Se io pronuncio la parola “mela”, ciascuno di noi può pensare a una mela diversa, attingendo alla propria esperienza. La trasmissione radiofonica e le voci di cui si compone mi permettono di integrare le parole con il mio immaginario, di essere maggiormente coinvolto e dunque di sentirmi partecipe in uno spazio di discussione che diventa inevitabilmente più intimo, più personale.
Del resto, la voce stessa è espressione di sé, del proprio stile e della propria persona: da sola, è sufficiente per rivolgersi e catturare l’ascoltatore che, per quanto fisicamente lontano, ha la sensazione di essere il suo diretto interlocutore.

Alberto Pian ha introdotto il podcasting nelle scuole italiane nel 2005 con “Radio Tony” elaborando specifici format della lezione. Collabora con il Master DOL del Politecnico di Milano per l’insegnamento del Podcasting. Ha avuto incarichi di responsabilità in Apple e ha ottenuto riconoscimenti nazionali e internazionali. Ha elaborato e avviato in Italia i più importanti progetti e modelli di didattica con iPad e ha elaborato innovativi modelli di successo per lo storytelling in campo aziendale, ideando numerose metodologie narrative e per l’alta formazione. E’ autore di Podcast a scuola (Laterza) e ha pubblicato decine di libri e centinaia di articoli.