Buio di luce
Laboratorio a cura di Roberto Sartor
Che il Natale si stia avvicinando o che sia appena passato lo capiamo anche se fossimo degli sbadati senza calendario.
Le nostre case, città e paesi si riempiono di luce: per le strade, sui balconi, negli angoli più impensabili delle nostre stanze.
Una cosa bella da sapere è che questa è una tradizione antica. Sin dai tempi più lontani, questo periodo dell’anno è dedicato alla luce. Riti popolari, canti, gesti e oggetti rimandano a celebrare la luce proprio nel periodo dell’anno che – almeno nell’emisfero boreale – è il momento in cui la natura ne concede meno. Le giornate si accorciano fino al solstizio d’inverno (21 dicembre), il giorno più corto dell’anno, in cui la notte è la più lunga e il giorno è il più corto. Nell’antichità, in questi giorni si accendevano fuochi per aiutare il sole a rinascere, mentre nel mondo Cristiano le lucine accese negli alberi e nelle case sono un invito a far entrare il neonato Gesù. E poi c’è Santa Lucia, che già nel nome porta con sé la parola “luce”: celebrata il 13 dicembre (in passato si pensava che il giorno del solstizio fosse proprio quello di Santa Lucia), le si domanda protezione per la vista.
Un periodo di buio, questo dell’inverno, ma anche di nascita – dove piano piano le giornate, in maniera quasi impercettibile per noi, cominciano anche ad allungarsi e, insieme a esse, gli alberi e le piante iniziano a stiracchiarsi e a risvegliare le loro funzioni vitali.
Quale modo migliore, allora, di godersi queste “feste” giocando un po’ con la luce?
Spazio
La cosa più strana è che, per giocare con la luce, ci serve… il buio!
Un stanza di sera. Oppure chiudendo finestre e serrande, o utilizzando teli e coperte e qualche sedia per creare stanze magiche in cui sperimentare.
Occorrente
- macchina fotografica
- torce e lampade
- oggetti
- specchi, carta stagnola, lucidi colorati, cartoncini sagomati, carta velina, tessuti, ecc.
Risultato
La maggior parte delle volte il risultato sarà un’immagine, effimera tanto quanto avremo voglia di farla esistere tenendo le nostre luci accese. Potremmo catturare queste immagini con una macchina fotografica oppure provarci anche solo per vedere cosa succede quando…
- … prenderete pezzi di plastica da bottiglie o altri oggetti, e poi carte veline – qualsiasi cosa che abbia un po’ di trasparenza, come specchi e vetri – e, insieme a essi, oggetti con forme strane, con fori e buchi, oppure creando forme bizzarre con cartoncini e forbici. Sarà sufficiente una torcia e una parete per iniziare a proiettare le forme e vedere l’effetto che faranno allontanando o avvicinando gli oggetti, per arrivare a costruire mondi fantastici per vere scenografie di nuove storie, tutte da inventare.
- … vi divertirete (se avete la fortuna di trovare in cantina un vecchio proiettore di diapositive) a ingrandire i piccoli segni lasciati sulla diapositiva con un pennarello o potrà utilizzare la sua forte luce proiettata per fare un po’ di ombre cinesi con le mani e allenarsi a riprodurre le più difficili.
- … vi soffermerete a osservare come cambia l’ombra di un qualsiasi oggetto illuminandolo da punti diversi. A volte le ombre si allungheranno e si potrà intravedere in loro forme di animali bizzarri o di oggetti inesistenti a cui dare un nome.
Per qualche ispirazione, guarda le opere dell’artista Vincent Bal. - … proietterete delle forme prendendo un tubo di cartoncino (come quelli della carta assorbente, per intenderci), posizionando a un’estremità una pellicola trasparente e disegnandoci sopra la forma desiderata. Dall’altro lato del tubo, una torcia accesa proietterà la forma disegnata e, allontanandosi o avvicinandosi alla parete, si potrà sperimentare diverse “messe a fuoco”.
- … osserverete come cambia l’ombra di un albero o di un altro oggetto che entra nelle nostre case potremmo vedere una forma che si allunga e si allarga a seconda della posizione del sole. E perché non metterci un bel foglio (a terra o nel muro adiacente) e tracciare ogni 10/20/30 minuti il contorno di questa ombra? Ne verrà fuori un disegno completamente nuovo e, nella migliore delle ipotesi, un trattato matematico di trigonometria!
- … in una stanza buia, con qualche torcia e un po’ di amici proverete a mandarvi dei messaggi utilizzando l’alfabeto Morse. In questo alfabeto, usato in passato per le comunicazioni via radio e telegrafo, ogni lettera dell’alfabeto corrisponde a una sequenza di punti e linee. Come avveniva con i suoni telegrafici, la linea corrisponde a un segnale di una durata più lunga, il punto a un segnale più corto. Con l’alfabeto Morse sotto mano (stampato su un foglio) i due o più gruppi di amici potranno comunicarsi delle frasi, delle poesie o dei “messaggi segreti”.
Per chi vuole cimentarsi con qualcosa di assai complicato…
Vi è mai successo di vedere le foglie di un albero muoversi all’interno della vostra stanza, semichiusa da un balcone o una persiana? Vi siete chiesti come sia possibile questo fenomeno?
Sappiate che ciò che state notando è il principio alla base della fotografia (che non significa altro che “scrivere con la luce”). Infatti, la capacità di fermare un’immagine si basa proprio su una legge ottica per cui la luce che passa attraverso un foro proietta l’oggetto attraversato dalla luce al di là del foro, dandogli una forma capovolta. A seguito di questa scoperta molti pittori utilizzarono le cosiddette “camere oscure” per rendere i propri dipinti il più possibile vicini alla realtà. Solo nel 1800, con i progressi della chimica, si riuscì a capire come “fermare” quell’immagine in una lastra metallica e successivamente nella carta per dare vita a quella che oggi conosciamo come fotografia, che, nonostante si sia evoluta nella tecnologia, utilizza ancora questo principio ottico.
Dietro a ogni lente (anche quella del telefonino), c’è un foro che cattura e capovolge la luce!
Se riuscite a oscurare una stanza, lasciando un piccolo foro (utilizzando un sacco nero da spazzatura o delle coperte molto spesse) vedrete che lentamente, man mano che l’occhio si abitua al buio, uscirà un’immagine che corrisponde esattamente a ciò che sta di fronte al foro. L’esperimento riuscirà se fuori è giorno e, meglio ancora, durante una bella giornata di sole.
Per qualche ispirazione, guarda le opere del fotografo Aberaldo Morell.
La cosa bella del giocare con la luce è quell’atmosfera che si crea nello stare al buio, un misto di paura e meraviglia, di gioco e scoperta, di forme che cambiano e che generano immagini e storie. La luce ci invita a guardare le cose, a sperimentarle, a cambiare senso e forma ad oggetti e materiali. Ognuno potrà inventarsi e trovare facilmente strumenti e spazi per giocare un po’ con la luce… osservando cosa succede alle luci che illuminano le nostre strade o stando rannicchiati in una capanna di coperte immaginando di essere uomini primitivi al riparo nella profondità di una grotta.
Roberto Sartor si occupa di didattica e formazione esperienziale, legata al rapporto con i luoghi, con i patrimoni culturali e naturali. Lavora con bambini, ragazzi, famiglie, insegnanti, musei, aree protette, comunità, associazioni, scuole, università e istituzioni, mescolando pedagogia, arte, scienza, fantasia, gioco, esplorazione, racconto, design, comunicazione.