Carta bianca
Intervista a Dario Zeruto
Quante possibilità può offrire un foglio di carta tutto bianco che si presta a essere piegato secondo regole eleganti e delicate? Con molta probabilità, se avremo la pazienza di osservarle da diversi punti di vista, scoprendo luci e ombre e lasciando scorrere il lento incedere del tempo, saranno infinite. E saranno incredibili.
Dario Zeruto, ingegnere e artista, ci racconta la magia che vive ogni volta che dà vita alle sue sculture di carta.
Ho pensato subito a te quando abbiamo deciso il tema sella neve. Come la neve, anche la carta non è solo bianca, ma presenta in sé mille sfumature di bianco. Qual è la tua relazione con questo colore quando lavori la carta?
Questo mi fa pensare subito ad alcuni versi, che, nella traduzione italiana, recitano “il bianco per sognare”. Quando un foglio è bianco, puoi riempirlo: hai la capacità di definire il lavoro di creazione del foglio di carta. Anche quando lo lavori con altri elementi o strumenti, quando pieghi e ritagli per trasformare il materiale, il fatto di lavorare in bianco ti dà la possibilità di creare quello che vuoi, di riempire quel materiale con la tua anima. Per questo preferisco, di norma, lavorare con la carta bianca: permette più capacità creativa.
Senza dubbio, il legame con la neve è forte. Come questa, anche la carta è morbida, soffice; ti trasmette una sensazione di infinito.
Hai detto due parole a cui sono molto legata: la piega, che mi riporta un po’ al pensiero del filosofo tedesco Leibniz, quando parla della realtà come fatta di infinite piegature, che vanno distese. E, a proposito di infinito, è sempre Leibniz che ha messo le basi per il calcolo infinitesimale. Dunque ti chiedo: qual è il tuo rapporto con queste due immagini e categorie, piega e infinito?
La piega, per me, è uno strumento di creazione incredibile. Io, di formazione, sono ingegnere meccanico e da sempre ritengo che il materiale sia alla base di tutto. La piega ti dà una possibilità pazzesca di trasformare il materiale. Il processo che spiega perché si può piegare un foglio di carta è proprio la trasformazione del materiale: la trasformazione meccanica che si dà tra le facce del foglio di carta, che è una serie di forme, una direzione, risulta in forme e direzioni contrarie. Questa contrapposizione di elementi meccanici è ciò che rende possibile la piegatura del foglio.
Quando pieghi, si creano moltissimi strati, che ti permettono anche di allungare, di raccogliere il materiale; di fare questo movimento che somiglia a un respiro. Quanto al tema dell’infinito, credo che sia incredibile come, variando i parametri geometrici della piegatura della carta, i risultati possano essere infiniti.
Piega e infinito sono elementi che si intrecciano. Entrambi mi affascinano e mi appassionano.
Prima hai detto che il bianco è il colore dei sogni e io lo definisco come il colore dell’immaginazione. Da Remy Charlip a Munari, che, al posto di disegnare e raccontare, lasciano immergere il lettore. Come si può estendere questo discorso anche alle tue sculture?
Il tema del colore è un’altra componente: il bianco dà l’opportunità di lavorare in maniera più grande con le luci e con le ombre. Quando lavori con la carta bianca, raggiungi degli aspetti e delle possibilità che con una carta colorata non riusciresti a cogliere, proprio per quanto riguarda la luce e le ombre che si creano. Questo, per me, è qualcosa di incredibile: ogni volta ti sorprendi delle possibilità che ti offre la stessa struttura. Basta guardarla da un’altra posizione e diventa diversa.
Il bianco, poi, si presenta in varie tonalità. Questo dato, unito ai differenti tipi di carta e di superficie del foglio, offre davvero un infinito numero di possibilità.
Le tue creazioni ricordano molto la struttura di un fiocco di neve, sia per il rigore matematico sia per l’elegante delicatezza. Che relazione c’è tra rigore ed elegante delicatezza?
Credo che a unire questi due concetti sia proprio la matematica. Per me, anche per la formazione che ho, la matematica è essenzialmente eleganza. Oltre a essere una delle poche cose stabili nel mondo, ti permette di lavorare con precisione e raffinatezza. Ci riesce, perché i numeri sono così: raffinati e precisi. E ti raccontano al mondo in un modo che oserei definire pulito, asciutto.
Questa raffinatezza e precisione è l’essenza dell’eleganza che si può trovare in una struttura pieghevole, che è proprio nata dalla matematica. Dico sempre che la grammatica della piegatura della carta è la geometria e questa è figlia della matematica.
Il legame tra rigore ed elegante delicatezza, perciò, è proprio la matematica; sono i numeri.
Dario Zeruto è nato a Cuba e vive a Barcellona. Laureato in Ingegneria Meccanica all’Istituto Superiore del Politecnico de L’Avana, inizia fin da giovane da autodidatta a sperimentare la lavorazione del tessile. La sua formazione diventa più rigorosa quando entra in contatto con alcune artigiane dell’isola Suriki (Bolivia), grazie alle quali impara tecniche ancestrali della tessitura.
Da quel momento ha sviluppato una ricerca continua e una formazione propria, trovando la sua specifica modalità di espressione artistica nell’incrocio tra le tecniche tessili, la rilegatura e la tridimensionalità della carta attraverso la piegatura e l’intaglio. Affianca alla produzione artistica un’intensa sperimentazione didattica, collaborando con istituzioni pubbliche e private in Italia, Spagna, Svizzera, Germania, Paesi Bassi e Regno Unito.