C’era una volta una mappa…
Intervista a Massimo Rossi

Ci sono mappe, scritte tanti anni fa, che rappresentano un mondo molto diverso da come lo conosciamo oggi. Forse non saranno in grado di darci le giuste indicazioni stradali, ma leggerle è ugualmente importante: quante storie sapranno raccontarci?
Perché di fronte a una mappa o un mappamondo sia grandi che piccini provano una sensazione di meraviglia così grande da far spiccare il volo alla loro immaginazione?
Perché, credo, ogni mappa rappresenta un potenziale viaggio. Si vedono dei luoghi e, di conseguenza, l’immaginazione è immediatamente sollecitata.
Dipende ovviamente dal tipo di mappa che abbiamo davanti agli occhi. Una carta tecnica regionale fatta ai giorni nostri non ci permette di compiere chissà quali viaggi, perché offre del mondo un punto di vista molto legato alle superfici ed è in bianco e nero. Se invece guardiamo le mappe del passato, come quelle esposte nella mostra Mind the Map, troviamo colori, ma anche illustrazioni di mostri, animali e paradisi terrestri sparsi in diverse parti del mondo, dall’Europa al lontano Oriente.
Le mappe sollecitano la nostra immaginazione proprio in virtù delle figure e delle annotazioni che ci sono sempre state. Quando guardiamo una mappa, leggiamo anche un po’ la storia dei luoghi che rappresenta. È questo che ci spinge a viaggiare.
Insomma, le mappe soddisfano il nostro bisogno di storie: sono dei piccoli racconti delle cose che accadono nelle varie aree del mondo.