Chi è il Krampus?
Articolo a cura di Flavio Pintarelli
Quella dei miei genitori non è ancora una di quelle dimore da anziani dimesse e decadenti, che aspettano solo un erede in grado di ristrutturarle. È, invece, una casa luminosa e ben tenuta la cui geografia ricordo ancora alla perfezione. Perciò, mi avvicino alla libreria e prendo il grosso e pesante album fotografico che riposa su un ripiano. Soffio via la polvere dalla pelle che avvolge la copertina. Chissà da quanto tempo nessuno ne sfoglia le pagine come sto facendo io adesso, mentre le giro accarezzandole con rispetto per godere del loro leggero crocchiare sotto i polpastrelli. La foto è lì, dove è sempre stata, dietro uno dei sottili fogli di carta velina che separano le pagine una dall’altra. Io, però, non ci sono. O, meglio, ci sono ma non mi si vede. O, almeno, non mi si vede del tutto.
L’otturatore della vecchia macchina fotografica di mio papà è scattato proprio nel momento in cui ho ficcato la faccia tra il cuscino e il corpo di un amichetto. Un fremito d’orrore è corso lungo l’intera sala quando, dalla porta che si vede alla sinistra dell’inquadratura, è entrata la figura truce e grottesca di un Krampus. Forse ne avete già sentito parlare, del Krampus. Forse, durante una settimana bianca, li avete anche visti sfilare per le vie di un paesino di montagna. Forse anche voi vi siete spaventati alla sua vista o, forse, avete riso di lui, pensando che una sottile transenna bastasse a mettervi al sicuro dalle sue grinfie. Ma vi siete mai chiesti chi sono, davvero, i Krampus?
La risposta più semplice, che è anche la più banale, è che i Krampus siano diavoli. Non è così. I Krampus sono molto, molto più antichi del diavolo. Tanto è vero che i primi missionari cristiani ad attraversare le Alpi li trovarono già lì e non ci fu verso di scacciarli. Così, per tenerli a bada, decisero di metter loro a fianco un santo, San Niccolò. Ai Krampus importò poco o nulla, perché loro erano spiriti che emergevano dalla terra, la stessa che calpestano e raschiano coi loro zoccoli, e dall’oscurità, quella della notte, scura e rigurgitante orrori, che cala tra le case e i prati di montagna al culmine dell’inverno, quando quella della luce del sole sembra una speranza destinata a non rinnovarsi mai più.
Così è stato per anni, decenni, secoli. Ogni inverno, i Krampus tornavano a ricordare agli uomini che oscurità, terrore e mistero sono parti essenziali della loro esistenza. Senza di esse l’uomo sarebbe diverso da ciò che è stato per un tempo lunghissimo. Ma l’uomo, si sa, è il testardo figlio di Prometeo, che rubò il fuoco agli dei e per questo fu punito. Così, col tempo, altri badanti hanno affiancato il santo per addomesticare i Krampus e provare a sconfiggere l’oscurità invernale e i suoi orrori. Tra questi il mercato.
All’inizio del Novecento, la borghesia europea, che da tempo aveva tagliato i suoi legami coi poteri della terra e dell’oscurità per vivere al sicuro tra le mura delle città, s’innamorò dell’immagine del Krampus e la riprodusse, meccanicamente, su migliaia di cartoline. Fu così che i Krampus furono costretti, loro malgrado, a piegarsi alla spietata legge del mercato, orrore tutto umano, che li superava in potenza. Trasformati in merce, scambiati per gioco e piacere, i Krampus furono umiliati, ma non sconfitti. Seppero adattarsi infatti alla modernità, incarnandone tanto i valori quanto le paure e, con nuovi abiti, tornarono ad agitare i sonni degli uomini, anche laddove essi credevano d’essere al sicuro. Cos’è infatti il truce Krampus proletario dietro a cui il pingue borghese prova a passare inosservato in una cartolina dell’artista L. Kainzbauer se non il ritorno di quello spirito ctonio che aveva infestato gli inverni di epoche più antiche e selvagge?
Ebbene sì, rifletto mentre chiudo l’album e lo rimetto a prender polvere sul ripiano della libreria da cui l’ho tratto poco fa, i Krampus potranno non regnare più incontrastati nell’oscurità invernale, ma restano a ricordarci che non saremmo nulla senza di loro, perché la vita di noi uomini oscilla sempre tra la luce e l’ombra, tra la gioia e l’orrore, tra la ragione del giorno e la follia selvaggia della notte.