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Come nasce il disegno

Racconto con immagini e inviti a sperimentare.

Laboratorio a cura di Melania Longo

Nascere significa venire alla luce, avere inizio. È un verbo antichissimo che ci porta indietro nel tempo, fino a 6 mila anni fa.

Come molte antenate delle parole che oggi fanno parte del nostro patrimonio linguistico, anche il verbo “nascere” ha iniziato a viaggiare muovendosi tra i fiori selvatici della tundra indiana e il bianco fitto delle vette dell’Himalaya. La sue radici si sono bagnate nelle acque del Gange e hanno abitato la lingua più antica del mondo, da cui sono nate le lingue indoeuropee: il sanscrito

Samiran Sarkar, Mysterious Himalaya, 2012

Seguendo il suo viaggio anche la mia mente si è messa in cammino, incontrando lungo la strada tante immagini che a lei si sono intrecciate. 

A pensarci bene, tutto quello che esiste in natura o che viene creato artificialmente prima non c’era e poi, a un certo punto, nasce.

Illustrazione di Alessandro Sanna, dal libro Crescendo, Gallucci ed.

Viene al mondo un bambino.
Nascono cinque cuccioli di gatto.
Si leva il sole. 
Appare la luna.
Nasce una stella. 

The book of Miracles, Folio 1506, Taschen ed.

Sbucano i primi denti.
Sboccia un fiore.
Spunta la barba.
Sorge una nuova città.

Egon Schiele, Town and River a Krumau Landscape, 1916

Si forma un pensiero.
Nasce un’idea.
Harold inventa un disegno.

Illustrazione di Crockett Johnson, dal libro Harold e la matita viola, Camelozampa ed.

E tu, come continueresti la lista? Ti viene in mente qualcos’altro?

I miei pensieri andrebbero ancora avanti, ravvivati da questo inesauribile gioco di associazioni, ma decido di fermarmi, perché ho trovato che, se alla parola nascere associo il disegno, dentro la mia immaginazione cominciano a fremere nuove idee.

Alla domanda: “Come nasce un disegno?” la mia mente risponde tirando fuori dai cassetti della memoria visiva i disegni raffinati, ricchi di ironia e intelligenza, di uno tra i più grandi disegnatori del XX secolo: Saul Steinberg.

Una delle frasi che ripeteva più spesso era: “Sono una mano che disegna e basta”.

Cosa intendeva dire secondo te?

Saul Steinberg, 1948

Per Saul Steinberg il disegno è la primordiale forma del pensiero. 

Una linea su un foglio bianco può avere un’energia tale da esprimere ciò che nasce nella nostra immaginazione. La grande capacità di questo artista è stata quella di riuscire a trasmettere un’idea ricorrendo a forme semplici e nitide, anche senza utilizzare i colori.

Tra le opere che più di altre esprimono l’essenza del suo lavoro c’è The Line. 

Si tratta di un grande disegno, in bianco e nero, originariamente di 10 metri, progettato per decorare il Labirinto dei Bambini in occasione della decima edizione della Triennale di Milano (1954).

Il labirinto della Triennale di Milano decorato con il disegno “The Line”

Il disegno raffigurava una linea lungo la quale prendeva forma un mondo, a volte enigmatico e ipnotico, fatto di architetture, gatti, panni al sole, treni, città.

Quest’opera così affascinante è diventata poi un libro, purtroppo oggi introvabile. 

Se sei curioso di scoprire com’era, puoi guardare il disegno in questo video:

Incredibile, vero, quante cose possono nascere da un tratto fatto con la penna sul foglio? 

Ti è stato d’ispirazione? 

Allora prova anche tu a trasformare una linea in tante cose diverse: disegna senza timore, lasciati andare, accogli l’imprevisto, gioca con l’errore.

Per creare anche tu un labirinto della fantasia, unisci tra loro dei fogli così da ottenere una striscia lunga di carta e sorprenditi di quante cose possono saltar fuori dalla tua matita. 

Puoi fare questo gioco anche in famiglia e creare un’opera d’arte collettiva.

Il tema della linea, così importante per Steinberg, ci porta ora indietro di 73 mila anni per scoprire qual è il primo disegno fatto dall’uomo.

Nel 2018, Nature, una delle più prestigiose riviste scientifiche esistenti (pensa che viene pubblicata dal 1869!), forse in assoluto quella considerata di maggior rilievo nell’ambito della comunità scientifica internazionale, ha diffuso la notizia del ritrovamento della più antica traccia grafica della storia.

Frammento della Grotta di Blombos, 73 mila anni

Si tratta di una piccola pietra, di quasi 4cm di lunghezza, ritrovata in Sud Africa, nella Grotta di Blombos, decorata attraverso l’utilizzo di una matita di ocra rossa con nove linee sottili intrecciate.

Qualcuno, con un pizzico di ironia, osservandole ha detto che si potrebbe trattare del primo #hashtag della storia. 

Guarda con occhi curiosi l’immagine (quella al centro ricostruisce al computer il disegno): pensi sia davvero il simbolo dell’hashtag? 

Cosa ti sembra?

Frammenti di gusci di uova di struzzo con disegni incisi, Grotta di Blombos

La Grotta di Blombos è una vera e propria miniera per gli archeologi. L’immagine qui sopra si riferisce, infatti, ad altri preziosi frammenti di gusci di uova di struzzo incisi con molti segni lineari. 

Tu cosa pensi rappresentino?

A me alcuni ricordano i binari della ferrovia, altri un recinto, altri ancora sembrano voler imitare la texture di una pagina a quadretti.

A questo punto è probabile che ti stia chiedendo: “Perché queste testimonianze sono considerate così importanti?”

Perché grazie a esse sappiamo che l’homo sapiens, ancor prima di esprimersi con l’arte figurativa (di cui un esempio sono le pitture rupestri della Grotta di Lascaux, in Francia), comunicava con un linguaggio essenziale, privo di figure riconoscibili, simile a quello a cui tutti noi abbiamo iniziato a dar vita quando eravamo bambini molto piccoli, tra i 12 e i 18 mesi d’età.

Figure di uri (antenati dei bovini moderni) nelle grotte di Lascaux risalenti a 18mila anni fa

Sono la prova di come i simboli abbiano da sempre fatto parte della nostra cultura e che alle origini di ogni disegno ci sia il segno o il simbolo. 

Del resto, il famoso designer Bruno Munari, alla domanda: “Cosa c’è prima del disegno?”, aveva risposto, nel suo solito modo geniale, così:

Lo studio delle linee, dei simboli e del linguaggio grafico degli uomini primitivi ha permesso sia agli scienziati sia agli artisti di esplorare a fondo, e da punti di vista diversi, anche il tema del disegno infantile per cercare di capire cosa sono quelli che, spesso con un accento negativo, vengono definiti scarabocchi.

Lo storico dell’arte e psicologo Rudolf Arnheim ha scritto che il segno visibile prodotto sul foglio dai bambini nasce come desiderio di movimento. 

In altre parole è come se, attraverso i primi punti e le linee veloci, i bambini camminassero o saltellassero sulla pagina bianca che, nella loro percezione, diventa uno spazio da esplorare e in cui muoversi in totale libertà. 

Poi, piano piano, cominciano a notare le tracce lasciate sul foglio ed entra in gioco la memoria, che conserva tutte le immagini prodotte per tirarle fuori successivamente. A questo punto, i disegni iniziano a trasformarsi in qualcosa di diverso e di riconoscibile agli occhi di noi adulti. 

Ci avevi mai pensato? 

Personalmente non avevo mai considerato l’argomento da questo punto di vista, poi, invece, osservando mio figlio con i suoi primi esperimenti con fogli, matite e disegni, ho scoperto che è proprio così.

Quelli che ti mostro sono due suoi disegni fatti a 17 e 19 mesi.

Disegno di Antonio del 29 settembre 2020
Disegno di Antonio del 15 novembre 2020

Ma perché è particolarmente diffuso il pensiero secondo il quale i lavori dei lattanti siano solo dei pasticci, o comunque qualcosa di serie B, mentre sono considerati di serie A quelli in cui è possibile vedere delle forme simili alla realtà?

Uno dei motivi è legato al fatto che, per molto tempo, l’arte greca, secondo la quale i disegni, le pitture e le sculture dovevano imitare esattamente la realtà, ha condizionato il modo di valutare tutte quelle forme d’arte che non obbedivano a questo principio, come se ci fosse una teoria dell’evoluzione finalizzata alla conquista del realismo.

Questa statua in marmo, che raffigura mirabilmente un atleta nell’atto di lanciare un disco, è la copia dell’originale in bronzo realizzata dall’artista Mirone nel V sec. a. C. ed è un emblema dell’arte classica greca.

Oggi, invece, grazie alla sperimentazione di tanti artisti e alle loro conquiste nel linguaggio visivo, sappiamo che l’arte non è solo imitazione della realtà, ma è un’altra cosa rispetto ad essa. 

I disegni, perciò, sono delle esistenze indipendenti rispetto agli oggetti a cui vengono rapportate.

Ha cercato di dircelo anche l’artista René Magritte con l’opera intitolata “Il tradimento delle immagini”.

René Magritte, La trahison des images, 1928-29

Quella che Magritte dipinge non è una pipa vera, ma una sua rappresentazione. Sulla tela non c’è una pipa reale, un oggetto, ma una riproduzione possibile di esso. E infatti la frase nel quadro significa “Questa non è una pipa”.

Queste parole ci dicono chiaramente che l’arte è un sostituto della realtà, è quell’energia che ci permette di creare un nuovo mondo, prima inesistente, che nasce sul foglio grazie alla nostra immaginazione.

I bambini, soprattutto, quelli tra i due e i cinque anni, possiedono una sconfinata libertà di invenzione, una dilagante immaginazione creatrice che li porta a inventare immagini di grande forza comunicativa; non vogliono in alcun modo fare una copia della realtà.

Questo lo aveva ben capito Rhoda Kellogg, una maestra statunitense della scuola dell’infanzia dal 1928, che è stata la studiosa che più di ogni altro ha dato un notevole contributo alla ricerca sull’origine del disegno e degli “scarabocchi”.

Pensa che nell’arco della sua vita ha raccolto e studiato circa un milione di disegni, realizzati dai bambini tra i 3 e i 5 anni. Oltre la metà di questi disegni è archiviata nella Rhoda Kellogg Child Art Collection, a San Francisco.

Nelle immagini qui sotto ho copiato dei segni ricorrenti che Rhoda ha individuato nei lavori grafici dei bambini e che è anche possibile riconoscere in molte opere di arte contemporanea.

Tavola 1, alcuni elementi
Tavola 2, altri elementi inventati dai bambini e studiati da Rhoda Kellogg

Insieme alla Kellogg, infatti, molti artisti del Novecento hanno rivolto il loro interesse ai disegni dei bambini, trovando in essi una ricca fonte di ispirazione.

Per offrirti un assaggio di come abbiano preso in prestito alcuni elementi del linguaggio grafico infantile ho allestito una piccola galleria di opere d’arte astratta.

I tuoi occhi saranno immersi tra linee verticali e orizzontali, linee che si intrecciano, ammassi di linee, punti, cerchi, cerchi con raggi, asterischi, croci, figure molto stilizzate, etc. 

Guardando queste immagini sapresti dire qual è la tua preferita e perché? E ancora, riconosci qualcuno dei segni che ti ho mostrato nelle tavole precedenti?

V. Kandinskij, 1910
P. Klee, 1939
J. Mirò, 1940 
P. Picasso, 1924
H. Hartug, 1975
L. Fontana, 1953
C. Twombly, 1957 
F. Kline, 1956

Il pittore Cézanne ha scritto: “Bambini e artisti sono categorie molto vicine: lo stupore di un bambino, che deve conoscere il mondo, è molto simile allo stupore di un artista che vuole conoscerlo o smettere di ri-conoscerlo. Il lavoro di un artista consiste nel liberarsi (con più o meno fatica) da tutto quello che già conosce e riuscire a vedere lo stupore della realtà” (Cézanne, 1989).

Se queste opere d’arte ti hanno ispirato e incuriosito, ti invito a sperimentare nel modo che sentirai a te più congeniale, provando a giocare con l’arte e a trovare in essa un’occasione di riscoperta della realtà.

Scomponi l’immagine di Kandinskij che ho scelto per te. Copia su un foglio i simboli che ritieni utili a esprimere la tua idea e crea il tuo capolavoro.

V. Kandinskij, Disegno per piccoli piaceri, 1913

Ricorda, non chiamarlo scarabocchio!


Melania Longo è nata a Taranto il 31 gennaio 1983. 

È storica dell’arte con una specializzazione nell’ambito dei Servizi Educativi Museali, conseguita presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Dopo gli esordi come studiosa di arte contemporanea per l’Università del Salento, si dedica come libera professionista al mondo dell’educazione all’arte.

Utilizza l’arte come strumento pedagogico ed estetico in percorsi di formazione, per bambini e per gli adulti, coltivandola come un immenso giacimento di conoscenze, narrazioni ed esperienze, per imparare a vedere e conoscere. Intorno agli albi illustrati sviluppa attività di studio, con particolare riferimento alla lettura delle immagini e al loro ruolo nella formazione dell’immaginario di ognuno di noi. 

Alcune sue ricerche e saggi sull’educazione al visivo sono stati pubblicati dalla rivista “Andersen” e dal blog “Topipittori”. Dal 2012, come membro dell’associazione LedA (Laboratori educativi e didattici per l’Arte) cura i Servizi Educativi del Museo Storico di Lecce e dal 2015 è co-curatrice del Picturebook Fest – Festival dell’arte e della Letteratura per bambini e ragazzi di Lecce.

Insieme all’illustratore Alessandro Sanna, ha avviato un progetto di ricerca sul disegno nell’arte e nel pensiero visivo, da cui è nato il libro “Codice Rodari”, Einaudi ragazzi editore, presentato al Festivaletteratura di Mantova 2020. È consulente nella progettazione di atelier e percorsi di mediazione del patrimonio culturale, per scuole, musei, biblioteche e festival.