Componendo
con il poeta dell’aria
Laboratorio a cura di Chicca Gagliardo
Sette esercizi di scrittura in volo
C’è un libro sull’orlo del cornicione.
Chi lo ha lasciato lassù?
Tutto sembra immobile.
All’improvviso.
Un soffio di vento.
Il libro si muove, vibra.
Cadrà?
Il vento lo apre, le pagine girano, ed ecco un altro soffio e un altro e un altro. La voce del Poeta dell’aria come una brezza esce dalle pagine e girando nell’aria crea una trama dentro la trama.
Invitando ognuno al volo poetico.
A esercitarsi nel comporre in bilico sul filo dell’invisibile che diventa visibile che diventa musica che diventa chissà.
Primo soffio di vento
Toccare l’invisibile
Adesso ti spiegherò come si tocca l’invisibile. Come si tocca l’aria. Non solo con la punta di un dito, ma con la mano intera. E poi con tutto il corpo.
Prova dove l’aria sembra ferma. In un luogo dove il vento non si mostra. In una stanza chiusa.
I primi movimenti assomigliano a quelli di un pianista: devi rendere le tue mani così lievi da poter sentire l’aria che si abbassa e si solleva sotto i polpastrelli.
Ora sfiora i fili d’aria, muovili.
Crea una corrente: basta far andare con forza le mani avanti e indietro. L’aria ti scorre tra le dita.
Chiudile al volo: hai l’aria in mano.
Ti sembra vuota.
Ti sembra di non avere nulla.
Quanti soffi, quanti respiri che vengono da chissà dove ci sono nell’aria che è dentro la tua mano, quanti silenzi, quante onde sonore, quante voci l’hanno attraversata?
L’aria riflette la pienezza del vuoto.
Con il palmo aperto prova ad accarezzare questo vuoto che ti circonda, sapendo che il tuo più minuscolo movimento muove l’intero paesaggio dell’aria.
Secondo soffio di vento
Scrivere nell’aria
Il volo è una scrittura del corpo nel cielo.
Ci si arriva con piccoli tocchi.
Per scrivere nell’aria occorre sensibilizzare il dito e lo sguardo.
Inumidisci l’indice di saliva, aiuta a sentire la presenza dell’aria, fallo scorrere più volte sulle ciglia, ti renderà l’occhio lieve e acuto. Posa la punta del dito di fronte a te sul vuoto, senti la forza di gravità e gettala ai tuoi piedi.
Sotto il polpastrello c’è lo spessore dell’aria, piena di voci nascoste.
Inizia a disegnare lentamente un filo che si estende lungo, lunghissimo.
Disegna cerchi, ellissi, ghirigori.
Ora prova a scrivere una parola, che sia breve: aria, per esempio, è perfetta.
Scrivi con il dito
aria
nell’aria.
Vedi come la parola invisibile si mostra?
Appare e scompare.
Accompagna il dito con la tua voce che sussurra «aria» così piano che è quasi solo respiro.
Nell’aria ciò che scrivi e respiri diventa un’unica nota.
Nell’aria puoi scrivere le parole più belle e indicibili, le parole che ti sono più vicine, le parole più tue, nessuno potrà guardarle, nessuno potrà toccarle.
Terzo soffio di vento
Esercizio di metamorfosi
Ricordi Anassimene, il filosofo che osservava l’aria? Nei suoi occhi apparve la prima visione della metamorfosi della materia. Diceva: condensandosi, l’aria diventa vento e poi nuvola e poi acqua e poi terra e poi pietra.
Mi affascinano gli occhi di quest’uomo che in un tempo lontano è riuscito a intuire che l’invisibile diventa visibile: l’aria si fa pietra.
Ora capovolgi il movimento, come il vento quando cambia direzione: e la pietra in un soffio è aria.
Da bambino mi chiedevo: dove inizia l’Invisibile?
Adesso so che la domanda va girata come fa il vento quando cambia direzione: dove inizia il Visibile?
Quarto soffio di vento
Vedere i colori dell’aria
Quando saprai guardare ciò che ora non vedi, sarà la metamorfosi del paesaggio dell’aria a esserti sempre di fronte agli occhi: onde che roteano, si rincorrono, si raddensano scoprendo e rivelando sfumature.
La trasparenza dell’aria che sembra ferma – a seconda di come batte la luce – può risultare ora opaca, ora lattiginosa, perlacea, opalescente.
Con l’aumentare del movimento e dell’intensità del vento, si accentuano le note di colore.
Ti scrivo la scala cromatica.
- Aria calma. Tu vedi il fumo che sale verticalmente, ragnatele finissime risaltano tra le foglie immobili. Ai nostri occhi l’aria appare di un giallo chiarissimo.
- Aria leggera. Vedi il fumo inclinarsi, i semi piumati si sollevano. L’aria è giallo limone.
- Brezza lieve. Senti il vento sul viso, sulle braccia nude, le foglie frusciare. L’aria è ambra.
- Brezza mite. Foglie e rametti sono costantemente agitati. L’aria è ocra.
- Brezza vivace. I capelli si scompigliano, i vestiti aleggiano, foglie secche, foglietti di carta si alzano. L’aria è arancio.
- Brezza tesa. Provi fastidio agli occhi, gli arbusti cominciano a oscillare insistenti. L’aria è pervinca.
- Vento forte. Senti le braccia che vengono tirate, scostate dai fianchi, anche i rami grandi si muovono. L’aria è corallo.
- Burrasca moderata. Camminare controvento è difficile, interi alberi si agitano. L’aria è ruggine.
- Burrasca forte. Non puoi avanzare, si spezzano i rami, si rompono i comignoli, volano tegole. L’aria è viola.
- Nelle tempeste tutto diventa livido.
Mentre cammini per strada, esercitati a osservare i movimenti provocati dall’aria intorno a te e prova a intuirne i colori.
Una ventata gialla sta passando alta, il cielo all’improvviso si fa verde bosco.
Sul fondo si sente un fruscio scuro.
Quinto soffio di vento
Guardare il silenzio
Il silenzio si sente con gli occhi.
Quando c’è quel silenzio denso, raro, il Vento si ferma.
I Volatori si posano per osservare l’immobilità delle onde sonore.
Sull’aria nessuna increspatura.
La superficie appare liscia come lo spazio bianco di una pagina.
Le voci nascoste sono sul fondo dell’aria.
Sesto soffio di vento
I numeri del volo
I numeri non vanno divisi o sottratti, ma osservati, come si fa con il silenzio.
Nell’1 c’è la linea ascendente del volo librato, quando ti lasci trasportare dalla corrente che sale.
Nel 2 c’è il volo che s’incurva.
Nel 3 ci sono le braccia di un sinuoso volo battente.
Nel 4 ci sono rapidi segmenti di volo che s’intersecano.
Nel 5 c’è una virata morbida, un volo obliquo verso l’alto, una breve virata a destra.
Nel 6 c’è un volo planato a cerchio e uno che gira aprendosi.
Nel 9 c’è lo stesso volo, in senso contrario.
Nel 7 c’è un volo verso l’alto e una virata a sinistra.
Nello 0 c’è il primo di una serie di voli concentrici.
Questi sono i numeri dello Stormo, è così che ognuno di noi può calcolare la trama del suo volo.
Manca un numero, ci hai fatto caso?
L’ho lasciato per ultimo perché è il più vertiginoso: l’8, il numero della rosa dei venti.
Per formare questo volo esegui due cerchi planati in un senso e nell’altro, in modo che alla fine le piante dei piedi siano verso terra e la testa rivolta al cielo.
E subito ruota il corpo di novanta gradi: l’8, che rovesciandosi si posa orizzontale nel vuoto, è il volo infinito.
Settimo soffio del vento
I quattro tempi della musica, del volo, dell’esistenza
La musica è fatta d’aria, le note scorrono nell’aria, senza aria non ci sarebbe musica. La musica, che è invisibile, è l’arte più metafisica. E anche la più fisica: ha il potere di trascinare il corpo. Ogni nota appare fino a che l’aria la sostiene, poi la forza di gravità la fa cadere e la nota si dissolve.
Ogni nota viene dal mistero e torna nel mistero.
La musica, luminosa, scura. Nella musica, come nel vento, si compone la scala cromatica. Ci sono musicisti con l’orecchio assoluto e musicisti con lo sguardo assoluto: riescono a vedere i colori delle note, giallo è il suono della tromba, verde quello del violino, azzurro il flauto, blu il contrabbasso, rosso porpora il pianoforte.
La musica – invisibile come l’aria, fisica come il respiro, fluida come il vento – è l’arte del volo.
I tempi della musica sono quattro.
La prima nota non è l’inizio, la prima nota viene dal silenzio che la precede e la attende. Il primo tempo della musica è il silenzio, un punto che contiene in sé tutte le note che si espanderanno e che ancora non appaiono.
Il secondo tempo è dato dallo scorrere delle note.
Il terzo è il tempo dell’ultima nota.
L’ultima nota non è il termine della musica, così come la prima nota non è l’inizio. L’ultima nota è legata al silenzio che segue.
Il quarto è il tempo del silenzio che contiene in sé tutte le note apparse e scomparse.
Quando il concerto sta per giungere alla fine, noi Volatori osserviamo con attenzione l’ultima nota, la nota che si sofferma sull’orlo della musica, emana un bagliore, e scivola nel silenzio. L’ultima nota può essere preparata da una fortissima tensione che porta al culmine di intensità e volume, a una caduta a precipizio. Oppure da una diminuzione del suono graduale, una lenta planata che va a spegnersi.
L’ultima nota è l’ultimo respiro della musica.
L’ultima nota è blu oltremare.
Mai applaudire all’ultima nota.
Bisogna attendere il silenzio e guardarlo fino in fondo.
Quattro sono i tempi della musica, quattro i tempi del volo.
Il primo tempo, fermo come il silenzio, contiene in sé ogni volteggio, battito di braccia, virata, planata che ancora non appare.
Il secondo tempo è lo scorrere del corpo nell’aria.
Il terzo tempo è nell’ultimo movimento che chiude il volo.
Il quarto è il tempo del silenzio fermo che racchiude l’intera trama del volo apparsa nell’aria e scomparsa.
Quattro sono i tempi della musica, quattro i tempi del volo, quattro i tempi dell’esistenza. Ogni nota viene dal mistero, torna nel mistero.
Con la punta del dito scrivi nell’aria tre domande:
dove porta il vento la nota finale?
che colore si apre oltre il blu oltremare?
che numero c’è oltre il volo infinito?
NOTE
I brani qui sollevati dal vento sono tratti dal libro Il poeta dell’aria. Romanzo in 33 lezioni di volo (Hacca edizioni).
Chicca Gagliardo ha scritto romanzi e racconti sul senso della meraviglia, la scoperta della poetica dello sguardo. Dai suoi libri sono nati video, laboratori, seminari, letture teatrali, passeggiate letterarie, mostre, tra cui Immagini dall’aldilà dei pesci al Mart di Rovereto.