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Confini sbiaditi

Intervista e laboratorio a cura dei
Servizi Educativi – Palazzo delle Esposizioni di Roma

Un bordo è il confine tra due mondi che sono uno solo, ma che, diviso a metà, sembra più semplice. Siamo circondati da queste divisioni e dovremmo provare a romperle e mescolarle. Come quelle che, a scuola, tengono separate le materie scolastiche: non vedete come si chiamano l’un l’altra strabordando dalle caselline dell’orario e sovrastando il suono della campanella?


“Ti con zero”, titolo tratto da un racconto di Italo Calvino pubblicato nel 1967, è l’istante che rompe il flusso, permettendo di arrestarsi nel tempo e nello spazio e aprirsi a infinite possibilità: un bordo/un confine che non limita, ma anzi apre all’infinito… un po’ come la siepe di Leopardi. Come avete trasferito questa suggestione nei percorsi proposti ai bambini e alle bambine?

Stando proprio sul confine, tra arte e scienza, provando senza timore a oltrepassare le discipline intese come campi del sapere separati. In mostra osservando e commentando insieme come nella prospettiva degli artisti contemporanei la matematica, la biologia, la creatività e la filosofia si mescolano in modo inestricabile. Chi può dire con esattezza dove finisce l’arte e inizia la scienza, e viceversa? Abbiamo ragionato piuttosto su ciò che le accomuna: la ricerca, la sperimentazione, la tecnologia, il porsi domande, lo stupore della scoperta.

Per fare un esempio, ci siamo soffermati su un’opera dal titolo Deep Swamp (2018-2021) in cui Tega Brain, giovane artista di origine australiana, mescola arte, ecologia e ingegneria. E lo fa installando all’interno di terrari tre ecosistemi con piante acquatiche tipiche delle zone umide e paludose. A prendersene cura, non un botanico in carne e ossa ma tre webcam collegate a software di intelligenza artificiale appositamente programmati, in modo da monitorare e modificare costantemente il processo di crescita secondo un obiettivo prestabilito. L’opera diventa il pretesto per riflettere su quanto la specie umana tenda a manipolare l’ambiente a proprio piacimento, a rischio della sua stessa sopravvivenza. Così anche con i più piccoli, utilizzando un linguaggio semplice e immediato attraverso una serie di domande mirate e materiali che fanno leva sull’esperienza quotidiana, si può ragionare su temi complessi e immaginare il futuro che ci attende.


Perché, forse mai come oggi, è importante creare dei varchi per facilitare l’attraversamento dei confini che separano i diversi campi in cui l’uomo si sperimenta?

La forza dell’arte può essere dirompente, al pari di quella della scienza, perché capace di creare nessi e legami con la vita del mondo e della specie umana, interrompendo il flusso indistinto di informazioni a cui siamo sottoposti ogni giorno. Gli artisti, e anche gli scienziati, pongono domande per interpretare il presente e attraverso la loro instancabile pratica cercano risposte.
Nel caso di Giuseppe Penone, importante esponente dell’Arte Povera, ciò che s’indaga è il rapporto tra arte, natura ed essere umano.

La sua opera Propagazione (2021) è un invito a vivere in armonia con il mondo naturale percepito come processo di trasformazione e come materia prima in divenire. Al centro dell’opera site-specific c’è l’impronta di un polpastrello intinto nell’inchiostro e premuto al centro di un foglio di carta. Dal disegno dell’impronta partono linee concentriche che via via s’ingrandiscono fino a uscire fuori dal foglio e a invadere la parete. È immediata l’associazione dell’impronta digitale con gli anelli di crescita dell’albero e con le onde che si propagano sulla superficie dell’acqua nel momento in cui avviene un contatto. Penone ci mostra come un piccolo gesto sia capace di imprimere una forza, una spinta verso l’esterno, che aziona un cambiamento. Allo stesso modo ognuno di noi può contribuire in modo attivo, attraverso le sue scelte, alla definizione del futuro che ci attende e coinvolgere gli altri in un processo di consapevolezza e condivisione. L’invito rivolto ai bambini e alle bambine di fronte all’opera, come gesto di responsabilità collettiva, è stato apporre tutti insieme su un grande foglio la propria impronta fino a comporre la scritta “il futuro è nelle nostre mani”.


Avete dei suggerimenti per sollecitare nelle bambine e nei bambini questa capacità di tracciare connessioni anche laddove non sono immediatamente percepibili? 

Uno spunto interessante per fare esperienza diretta dei nessi tra pensiero scientifico e pratica artistica è offerto da Alighiero Boetti e dalla sua Storia naturale della moltiplicazione (1974-75).

Con un approccio molto vicino a quello munariano nel rigore con cui vengono presentate le regole del gioco perché possano essere sperimentate nelle loro infinite declinazioni, Boetti traduce l’aritmetica in arte. Grandi fogli a quadretti, che richiamano in modo immediato i quaderni di scuola, sono riempiti di forme realizzate a inchiostro nero. La regola di partenza è semplice e facilmente replicabile anche con bambine e bambini: segnare su ciascun foglio tante forme quanti sono i quadratini che si anneriscono. Nove forme diverse composte ciascuna da nove quadratini, dunque 9×9, e poi quindici forme di quindici quadratini (15×15) e così via. Le moltiplicazioni danno vita a forme astratte via via più articolate, in cui anche le composizioni più dense e in apparenza disordinate rispondono alla stessa logica matematica, chiara eppure quasi inafferrabile, perché portata al limite dall’artista. Se fatta in gruppo l’esperienza permette di mettere a confronto i lavori realizzati per riscontrare la pluralità e ricchezza di risultati emersa a partire da una stessa consegna, ma anche la difficoltà di tradurre visivamente operazioni sempre più complesse facendo i conti con i vincoli imposti dai supporti a disposizione (lo spazio del foglio). Non a caso nel presentare l’opera alle alunne e agli alunni delle scuole di italiano per stranieri con il progetto Nuovi cittadini romani si erano scelte come parole chiave “metodo” e “regola”, non come termini opposti di immaginazione e creatività, ma come generatrici di sperimentazioni e possibilità.

Da oltre venti anni i Servizi educativi – Laboratorio d’arte del Palazzo delle Esposizioni di Roma hanno come obiettivo avvicinare tutti i pubblici, in particolare quelli più giovani, all’arte. Con visite animate, laboratori, corsi di formazione e mostre operative attente all’accessibilità, offrono percorsi originali per interpretare la realtà attraverso i linguaggi del contemporaneo e l’editoria d’arte dedicata a ragazzi e ragazze.