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Facciamo un Gioco

Intervista a Luca Boscardin

Tu sei un designer di giocattoli. Da dove è nato il desiderio di questa professione? È maturato nel tempo o è stato un obiettivo che avevi chiaro fin da subito?

Ho iniziato studiando architettura a Venezia e la progettazione è la parte che ho amato di più. Man mano che andavo avanti nel mio percorso, ho capito che non mi importava più di tanto che cosa si progettasse, se un edificio, una grafica o un oggetto: i passaggi erano sempre gli stessi.
Tuttavia, ho anche realizzato come non riuscissi a mettere nulla di me, del mio modo di progettare, in lavori dalle grandi dimensioni. Perciò, piuttosto che palazzi o ponti, ho deciso di dedicarmi al progetto di palazzi, ma in cartone, di macchine di legno, di animali in stoffa. Insomma, ho deciso di diminuire e di rimpicciolire la scala del progetto in modo tale da poter mettere un po’ del mio in quello che stavo facendo.

Nella scelta della mia professione, poi, ha giocato un ruolo anche la mia curiosità, che è una caratteristica che condivido con molti altri designer e progettisti. È come se fossimo ancora un po’ bambini nell’essere entusiasti di vedere, capire, toccare, annusare come è fatto qualcosa. Mi trovo spesso ad avere davanti, per esempio, un albero e a immaginare a come potrei smontarlo e rimontarlo attraverso un incastro; o a come potrei permettere di farlo in modo sempre diverso. Questo esercizio mentale, che ripeto con molti oggetti, è uno dei principi alla base del mio modo di progettare e, se ci pensiamo, è in se stesso una specie di gioco.
Non dirò che l’amore per questa professione è venuto da sé. Piuttosto, è maturato col tempo, provando e provando quello che mi faceva battere il cuore. Ho tentato e inseguito le mie capacità finché non sono arrivato al mondo dei giocattoli. Mondo che, tra l’altro, mi ha permesso di non rispondere in modo definitivo alla domanda che si fa ai più piccoli: “Che cosa farai da grande?”. Nel lavoro che faccio, un giorno sono un esploratore di animali fantastici attraverso un domino, un altro, progettando una macchina spaziale, divento un astronauta, e il giorno dopo ancora, realizzando una struttura in cartone, sono un architetto. Probabilmente, è proprio il non sapere cosa fare e il continuare a giocare ad avermi portato a diventare un progettista di giocattoli.

Se ti chiedessi di definire la parola “gioco”, che cosa ci diresti?

Il gioco è un modo di imparare. Anzi, è il modo di imparare più bello, perché si ha modo di apprendere attraverso il divertimento, da soli o in compagnia.
Il gioco è tradizionalmente legato al mondo dell’infanzia, ma non è esclusiva di questa fase della vita: tutti giochiamo, anche se in modo diverso. Quello che cambia, secondo me, è che mentre per il bambino attribuiamo al gioco un valore educativo, pensando all’adulto, lo definiamo uno svago.

Parliamo del tuo gioco Siamo tutt* pari. Non credo di sbagliare se dico che si tratta di una rivisitazione del memory. Una rivisitazion…