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Il prossimo salto

Laboratorio a cura di Monica Gilli

Se penso a cosa significhi prossimo per un insegnante, in questo periodo dell’anno, e, soprattutto, in questo momento storico, non riesco a non pensare anche alla pregnanza emotiva che l’aggettivo prossimo porta con sé.

L’approssimarsi di un evento è sempre e anche un movimento del pensiero progettuale. Uno spostare la mente verso ciò che verrà e iniziare a immaginare, prefigurare e desiderare.
Ogni insegnante e/o educatore è chiamato, a questo punto dell’anno scolastico ed educativo, a iniziare a fare posto nella propria mente ad accogliere chi verrà, a pensare per lui/lei spazi, tempi e parole di accoglienza, così come a preparare un saluto, una conclusione di percorso, un bilancio per chi proseguirà il cammino in un ciclo di studi e di esperienze nuove, inedite.

È giunto il tempo di organizzare il passaggio, favorire il prossimo salto.

Nei documenti programmatici, nelle riunioni docenti e negli incontri educatori questo tempo si realizza con un’organizzazione pensata per proporre attività e vissuti dove i “remigini” possano iniziare a pensarsi come capaci e pronti al passaggio.
Nella tradizione della scuola cattolica italiana San Remigio era il santo che si festeggiava il primo ottobre, giorno in cui coincideva anche l’inizio dell’anno scolastico. Questo termine forse un po’ obsoleto conserva però, ancora oggi, un significato identitario molto forte per tutti i bambini/e e i ragazzi/e che si accingono a lasciare un ambiente sociale dove hanno costruito competenze ma, soprattutto, dove hanno intrecciato storie di vita e hanno sperimentato relazioni affettive fondanti.

I remigini vivono per questo anche uno status sociale molto particolare che si potrebbe definire antropologicamente liminare o di transizione. Essi perdono un’identità acquisita e consolidata da punti di riferimento spaziali e affettivi, lasciano un ruolo che li ha definiti “grandi” per affrontare nuove avventure di vita e di conoscenza e dirigersi verso un futuro prossimo che si può prefigurare ma che non si conosce.
Il pensiero progettuale e organizzativo degli adulti che accompagnano questi prossimi passaggi non può prescindere dal considerare quanto l’aspetto emotivo possa essere determinante e necessiti di essere verbalizzato, narrato, condiviso e magari accolto con un abbraccio.

Cosa pensa un bambino/a che dovrà affrontare questo passaggio?

Molti di loro raccontano un’esperienza emotiva molto densa e piena di toni contrastanti, di sentimenti verso se stessi di stima, di coraggio e al contempo di timore, qualche insicurezza e molto desiderio, soprattutto di imparare!
Davvero l’essere umano nasce per conoscere e proprio nello sguardo di questi bambini si vede chiaramente brillare il desiderio di apprendere, di imparare, di diventare un adulto capace di fare e di pensare.
Alla scuola potrebbe bastare questa energia per muovere tutte le risorse umane e materiali per soddisfare la sete ancestrale, tutta umana, di conoscenza.

Proprio per godere insieme di questa meraviglia e per far sentire una presenza adulta in ascolto del dire emotivo di questo passaggio si può proporre un’intervista a tutti coloro che affronteranno il prossimo salto scolastico.

L’intervista è uno strumento scientifico conosciuto dalle scienze umane che prediligono la ricerca qualitativa; una tipologia di ricerca che può raccontare meglio la complessità del sentire umano.
Intervistare dei bambini, personalmente, in un luogo raccolto, dove sia possibile sentirsi a proprio agio e raccontare può essere un’esperienza di grande intensità e altresì di utilità per progettare raccordi verticali personalizzati e valorizzanti.

Qui di seguito troverete alcuni ingredienti e una traccia da poter seguire per provare a sperimentare l’intervista che potrà essere breve, oppure proseguire utilizzando anche il disegno spontaneo dove i bambini potranno associare le proprie emozioni ai colori da utilizzare.

Ingredienti per un’intervista esclusiva

  • Uno spazio dedicato e raccolto, conosciuto dal bambino.
  • Carta e matita, anche se è possibile (chiedendo l’autorizzazione all’intervistato) registrare per poter, poi, con calma, sbobinare l’intervista.
  • Poche domande, ma buone.
  • Prevedere la possibilità dei silenzi, delle emozioni forti, dei sorrisi, di qualche lacrima, della bellezza di assistere e condividere il desiderio.

Traccia da seguire o utile per prendere spunto

1. Dati

  • Intervistatore: (Nome e Cognome)
  • Intervistato: (età del bambino al momento dell’intervista espressa in mesi)

2. Introduzione

«Ciao …(nome del bambino), oggi vorrei chiacchierare un po’ con te, se ti va. Posso registrare la tua voce? Magari dopo la riascoltiamo insieme.
Sono curiosa di sapere come ti senti ora che sei diventato un “remigino” (termine utilizzato a scuola per definire i bambini che andranno alla scuola primaria). Ti farò alcune domande ma vorrei anche ascoltare quello che ti senti di raccontarmi.»

3. Domande

  1. Che cosa vuol dire, per te, essere un “remigino”?
  2. Ti ricordi quando sei arrivato a scuola e avevi __ anni? (Mostro una foto al bambino scattata durante l’inserimento con la mamma/papà)
  3. Come ti sentivi? E come ti senti oggi?
  4. Dopo l’estate andrai alla scuola primaria. Hai voglia di raccontarmi come immagini sia questa nuova scuola?
  5. Cosa sai fare oggi che non sapevi fare quando sei arrivato a scuola?
  6. Ti senti emozionato?
  7. Vuoi provare a dirmi le tue emozioni?
  8. Se dovessi disegnare la tua emozione, quale colore sceglieresti?
  9. Quale disegno faresti?
  10. (Guardiamo insieme il disegno fatto ed eventualmente sostenere la verbalizzazione durante il disegno)
  11. Hai voglia di raccontarmi qualcos’altro?

Grazie!

Se siete curiosi e avete voglia di farvi un’idea di un possibile risultato di questo esperimento, potete cliccare qui e scaricare due esempi di interviste vere e proprie.

Monica Gilli è maestra d’infanzia e allieva dei bambini, pedagogista critica e sognatrice, sempre in movimento e alla ricerca di significati e storie da raccontare.