Il tempo dei libri
Articolo a cura di Pietro Corraini
Dopo anni e lustri a parlare di quanto il digitale e l’avvento di internet avrebbero distrutto il valore dei libri e della carta, siamo ancora qui a stampare, scrivere, leggere e comprare libri. Sempre di meno, ma resistiamo.
Il libro resiste nel panorama degli strumenti dedicati alla diffusione del sapere.
Fino a pochi anni fa il “libro” ne era l’unico rappresentante, oggi non è che un comprimario: provate a chiedere a una persona qualsiasi di imparare qualcosa di nuovo e vedrete che non si precipiterà né in biblioteca né in libreria.
Il libro non è più lo strumento principale di acquisizione di nuove conoscenze.
Ci sono però molti motivi per cui l’oggetto libro resiste. Quello che più mi affascina in questo momento e di cui vorrei parlare qui è il TEMPO.
Il tempo fa parte del libro sotto diversi aspetti:
c’è il tempo che serve per produrlo (e produrne tutte le parti),
il tempo che impieghiamo per leggerlo,
il tempo rappresentato dal libro nell’atto di girarne le pagine
e, soprattutto, il tempo che i libri sono in grado di attraversare.
Ad oggi, abbiamo la certezza che il libro attraversa il tempo e le intemperie, anche per centinaia di anni, e contemporaneamente abbiamo l’esperienza di non riuscire ad aprire fotografie scattate con macchine fotografiche pochi anni fa.
Si tratta ovviamente di una iper-semplificazione, ma che prende in considerazione due aspetti a mio avviso molto chiari: la durabilità della materia stampata e l’obsolescenza della materia digitale.
Se si vuole che un contenuto sia valido, leggibile e godibile per un orizzonte temporale al di sopra della decina d’anni, allora il libro è ancora lo strumento che garantisce la durata maggiore. Molti siti di dieci anni fa risultano invece irraggiungibili (se non attraverso archivi e macchine del tempo digitali).
Ma è un altro l’aspetto che rende questa durabilità ancora più preziosa: la sua immutabilità.
Una volta stampato, il libro rimane invariato nel tempo. Non lo si può editare né modificare (e questo, implacabilmente, impone che ci si prenda più tempo per produrlo).
Errori, censure e cambiamenti di sensibilità non incideranno su libri già stampati mentre siti, PDF, libri digitali sono modificabili in ogni momento senza lasciar traccia del cambiamento. Anche se aziende digitali e utenti decidono che non è buona creanza cambiare senza lasciar traccia e che, anzi, è buon uso mantenere una cronologia delle modifiche, non cambia il fatto che si possa fisicamente fare.
Nel caso della carta stampata ciò non è proprio fattibile, a meno di crearne nuove stampe e distruggerne le precedenti.
La facilità con cui è possibile distruggere i libri è molto affascinante, perché contrasta proprio con la loro durabilità.
La storia è, ahimè, piena di momenti di cambiamento in cui dittature o in generale potenti interessati a riscrivere il passato (pensa te!) si sono premurati di incenerire, cancellare e annichilire libri e carta.
La realtà è però diversa da quella immaginata in Fahrenheit 451, dove i protagonisti sono costretti a imparare a memoria i libri; è più simile, semmai, a Il Nome della Rosa, in cui, da qualche parte, almeno una copia o anche solo poche pagine che ci permettano di ricostruire sono rimaste. In ogni caso, alla fine muoiono tutti comunque.
Sono la sua fragilità e la sua forza, fuse insieme, a rendere la materia stampata particolarmente preziosa.
I libri sono piccoli gioielli capaci di contenere conoscenza (più o meno approfondita, questo è chiaro) e come tali devono essere trattati.
Librai, bibliotecari, grafici, stampatori ed editori sono portatori di sapere tecnico e artigianale prezioso.
I libri, più o meno interessanti che siano, sono una sorta di riserva aurea di sicurezza della conoscenza della specie umana che si sviluppa ormai a grande velocità anche attraverso altri mezzi. Il valore della moneta di un paese non è più controbilanciata dal valore dell’oro che quel paese possiede nei suoi depositi, ma, allo stesso modo, quell’oro è il garante della sua solidità.
I libri sono fondamenta e radici di un sapere che, altrimenti, sarebbe fluido e mutevole.