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Libri da collezione

Intervista a James Bradburne e Federica Rossi

Di fronte alla realtà, i libri possono decidere di ignorarla o di tenerla in considerazione. Di questa seconda possibilità è un esempio la collezione Adler, composta da 257 libri sovietici per bambini pubblicati prevalentemente negli anni Trenta del secolo scorso. James Bradburne e Federica Rossi ci raccontano la loro storia.


Che cos’è e com’è nata la collezione Adler?

JB: La collezione Adler nasce grazie a una coppia di giovani architetti modernisti, Hans Edward Adler, di origine ceca, e Hedwig Feldmann, tedesca. Nel 1930-31 si trasferiscono a Mosca per aiutare a costruire la nuova realtà socialista. Qui, si incontrano per la prima volta, si innamorano e si sposano.
Rimangono in Unione Sovietica fino al 1933. In questi anni di permanenza riescono a raccogliere un numero incredibile di libri sovietici per bambini. Non sappiamo quanti fossero esattamente in origine. La collezione che abbiamo ritrovato conta 257 titoli, ma dovevano senz’altro essere di più. Abbiamo modo di credere che, in tutto questo tempo, alcuni siano stati regalati, altri siano andati perduti.
In ogni caso, il nucleo che abbiamo potuto recuperare resta un inestimabile tesoro. Si tratta di volumi pubblicati quasi interamente tra il 1930 e il 1933 (e comunque sempre dopo il 1922). Con quale criterio, però, sono stati acquistati dai due architetti? In parte, i libri riflettono gli interessi di Hans e Hedwig, il loro modernismo e l’interesse di Hans per lo stile mediorientale. Ci sono tre libri in yiddish, che non ci sorprendono, poiché Hans era di origine ebrea. D’altro canto, ci sono scelte che facciamo fatica a spiegarci: dei 257 volumi, per esempio, ben 84 sono in lingua ucraina e stiamo ancora cercando di capire se sia frutto di un caso o ci sia una ragione precisa.
Inoltre, è molto interessante notare che la collezione non è rappresentativa della letteratura per l’infanzia disponibile all’epoca. Mancano i grandi classici russi, ma, in compenso, ci sono edizioni rarissime che mostrano edifici molto importanti come il planetario, la torre della radio e altri simboli del processo di industrializzazione. La collezione Adler è una sorta di capsula del tempo: tre anni di acquisti figli dell’interesse che i due architetti rappresentavano.

La storia della sua scoperta è deliziosa. 
Rientrati in Germania nel 1933, la situazione politica tedesca costringe i coniugi Adler a fuggire in Inghilterra. I libri rimangono nella casa della mamma di Hedwig fino al 1959, quando, a seguito della morte della madre, Hedwig torna in Germania per svuotare e vendere la casa di famiglia. Ritrova la collezione e la porta con sé a Londra, riponendo la valigia in soffitta. Ed è proprio qui che, nel 1986, la figlia di Hans e Hedwig ritroverà i 257 libri.    
Dopo diverse vicissitudini e grazie al desiderio di Susan Adler di valorizzare il tesoro dei genitori, siamo riusciti a raggiungere un accordo: l’intera collezione Adler sarebbe stata donata alla Braidense, che si sarebbe impegnata in un grande lavoro di valorizzazione del preziosissimo patrimonio e di cui Federica Rossi è stata la principale curatrice. Ad oggi, abbiamo realizzato una mostra, un booklet, un libro, un documentario, un convegno e, a breve, pubblicheremo i fac-simili. 
La collezione Adler, in Italia, è una rarità. Ed è generatrice dal punto di vista della ricerca, poiché pone domande che spingono a scavare all’infinito. La stessa biografia dei due collezionisti, che tanto si lega alla scelta dei libri, è ancora tutta da indagare. La vitalità delle illustrazioni e dello stile, poi, è specchio diretto del fermento didattico che ha segnato l’Unione Sovietica dal 1920 al 1938.


Questi libri, dunque, sono stati usati come strumenti per forgiare una nuova cultura, una visione del mondo. Quali sono, però, i nuovi personaggi e le nuove favole di questa rivoluzione?

FR: La collezione Adler è figlia di un periodo storico segnato da nuovi eroi. Tra i 257 libri, per esempio, ne troviamo uno che non sarebbe mai potuto apparire nelle tradizionali fiabe dell’epoca zarista: l’elettricista. L’operaio è uno degli eroi della nuova filosofia della Terra dei Soviet, ma, in particolare, l’elettricista rimanda alla campagna di elettrificazione del paese iniziata nel 1920 e al famoso detto di Lenin “Il comunismo è il potere sovietico più l’elettrificazione di tutto il paese”. Si tratta di un tema chiave nella propaganda politica, non è quindi un caso che alcuni libri Adler raccontino di elettricisti che, riportando la luce in città, la salvano dal buio. Altri eroi sono anche i minatori e tutti quegli operai che, lavorando più degli altri, riescono a portare avanti rapidamente il piano quinquennale di Stalin che mirava a fare dell’URSS una grande potenza industriale. 
È giusto dire, però, che alcuni aspetti delle favole tradizionali non spariscono dai libri della collezione Adler. Certo, non vi si trovano le figure tipiche del mondo zarista: in quelle che possiamo chiamare “favole politiche” i rivoluzionari sostituiscono i principi e le principesse e a diventare rilevanti sono personaggi storici come lo stesso Lenin ed episodi della Rivoluzione d’Ottobre quali la presa del Palazzo d’Inverno. Allo stesso modo, il realismo prevale sul genere fantastico. Tuttavia, ci sono ancora, per esempio, animali e natura che rimangono protagonisti delle fiabe sovietiche. Proprio a questo proposito, la collezione vanta un titolo – La Palude -, che parla, appunto, della vita in una palude: in questo caso, il soggetto è un evergreen, trasversale a tutte le culture. E alcuni “classici” della letteratura per l’infanzia non tramontano con l’URSS, nella collezione Adler ne sono una prova preziose edizioni dei racconti di Kipling e di Tolstoj.


In che modo un libro, e soprattutto un libro rivolto all’infanzia, può trasformare e cambiare il mondo?

JB: Recentemente ho letto un libro interessante sulla letteratura per l’infanzia. È un libro che mi ha colpito, perché promuove delle riflessioni profonde, ma al tempo stesso devo ammettere che mi ha un po’ preoccupato. Ancora una volta, come spesso accade, ho avuto la sensazione che i bambini vi siano trattati come esseri viventi diversi, quasi come fossero extraterrestri. 
Io, come ho detto tante volte, sono d’accordo con la scuola di Reggio Children, secondo cui il bambino, inteso come entità separata dalle altre persone, non esiste. Ecco perché parlare di letteratura esclusivamente per bambini mi spaventa. Intendiamoci, i momenti della vita sono contraddistinti da esperienze diverse e mentirei se dicessi che a cinque anni leggevo gli stessi libri che leggo adesso: non voglio suggerire di leggere Dostoevskij ai bambini della scuola dell’infanzia. D’altra parte, però, ammetto di aver letto Gianni Rodari a quarant’anni, quando, dovendo imparare la lingua italiana, è stato importante farlo con i testi che un madrelingua assimila in tenera età. Ecco, è l’esperienza e non l’anagrafe ad avvicinarci alla letteratura.

Dunque, rispetto alla domanda che poni, preferirei riformularla così: come può la letteratura, in generale, trasformare il mondo e come possiamo crearne capace di cambiarlo? 
Tutta la letteratura parla di come interagire con il mondo e lo fa soprattutto attraverso altre persone e personaggi. Questo le consente di mostrarci possibilità alternative a quelle a cui siamo abituati: offre narrazioni che sono modelli diversi per agire, per entrare in relazione con il mondo. Lo fa sempre, anche se la proposta si palesa nelle figure di Winnie Pooh o di Cipollino. 
Allo stesso modo, il potenziale del progetto sovietico di cui abbiamo un assaggio nella collezione Adler è proprio il tentativo di costruire un nuovo racconto del mondo, facendo venire allo scoperto strutture nascoste come quella di classe. È inevitabile che, soprattutto in casi come questo, la nuova narrazione sia imbevuta di ideologia, ma è un aspetto di cui gli autori sono consapevoli e in nome del quale si espongono alle critiche. Del resto, ogni proposta narrativa può essere criticata in nome del modello di relazione con il mondo che suggerisce. Il noto personaggio Crocodile, un coccodrillo umanizzato noto per indossare un cilindro, era osteggiato dalla moglie di Lenin non certo perché eccessivamente ridicolo, ma perché rappresentava la borghesia.  

Dunque, ogni letteratura prova a mostrare come comportarsi con il mondo in cui si è chiamati a vivere. In questo, ogni letteratura è potenzialmente trasformativa. Lo è per i più piccoli, per cui è dirimente l’aspetto emozionale: per chi non sa ancora leggere il potere trasformativo della letteratura si manifesta anche nella lettura ad alta voce. Lo è per i più esperti: man mano che si cresce, si è in grado di far propri e valutare modelli di interazione, ovvero modelli narrativi, più complessi, perché più complesse sono le questioni che pone il mondo intorno a noi.

FR: Un libro è di per sé qualcosa di estremamente prezioso, così come preziosi sono le conoscenze e i contenuti che veicola. Basta pensare all’enorme sforzo che si è sempre dedicato alla raccolta e alla conservazione dei volumi/rotoli, etc. nelle biblioteche. Per fare qualche esempio sparso nel tempo e nello spazio: Alessandria d’Egitto, le Biblioteche Nazionali voluta in occasione dell’Unità d’Italia a salvaguardare un patrimonio librario importante e significativo, l’impegno dell’odierna Cina, che sta investendo nella realizzazione di biblioteche incredibili. Perché anche di questi tempi, l’epoca dei data, all’epoca del trionfo dell’immagine rispetto al testo, sappiamo che i libri, anche nella loro dimensione materiale, di oggetto, custodiscono informazioni importanti. Sarebbe un errore mandare al macero, distruggere le copie dei libri esistenti in nome della digitalizzazione, che pure è imprescindibile e chiaramente strategica per il presente e per il futuro. 
Ed è altrettanto vero che anche noi esseri umani, a prescindere dall’età, impariamo sempre. A seconda del momento della nostra vita, possiamo leggere lo stesso libro in modo diverso. A noi, però, spesso spetta il compito di scegliere che cosa dare ai bambini da leggere e dobbiamo farlo nella consapevolezza che quella sarà la prima cosa che leggeranno. Ogni libro che proporremo ai bambini nel loro progressivo ingresso nel mondo della lettura sarà una nuova prima esperienza che, come tale, si ricorderà. Al di là di frasi banali, si può affermare che le prime impressioni lasciano il segno: in qualche modo, sono portatrici di una qualche verità che in futuro si potrà negare o sottoscrivere, ma non smarrire. 

Ciò che leggiamo da piccoli ha su di noi un impatto enorme e questo i sovietici lo sapevano molto bene. Conseguentemente nell’ Unione Sovietica degli anni venti-trenta alcuni dei migliori artisti si dedicarono ai libri per l’infanzia, si trattava anche di una educazione estetica. I libri dovevano essere belli. La letteratura, fatta della commistione di parole e immagini, era uno strumento educativo importantissimo. Ecco perché, oltre ai libri che troviamo nella collezione Adler, gli stessi manuali scolastici dell’epoca ruotavano intorno alla figura di “Lenin, amico dei bambini”. Era importante che ci fosse una totale corrispondenza tra i testi usati a scuola e le fiabe che, la sera, avrebbero letto i nonni o mamma e papà. 

Federica Rossi, dopo essersi diplomata all’Istituto Accademico di Belle Arti “1905” di Mosca ed essersi laureata in storia dell’arte all’Università di Torino, ha conseguito il dottorato alla Scuola Normale Superiore di Pisa. Ha poi svolto attività di ricerca presso diverse istituzioni tra cui la stessa Normale, la Fondazione Ermitage Italia, l’Archivio del Moderno (Accademia di Architettura, Università della Svizzera Italiana), il Kunsthistorisches Institut in Florenz – Max-Planck Institut. Dal 2021 insegna all’Università Iuav di Venezia. Ha ideato, curato, e collaborato alla realizzazione di mostre per diverse istituzioni tra cui Biblioteca Nazionale Braidense, Milano; Fondazione Palazzo Strozzi, Firenze; Museo di Belle Arti Puškin di Mosca, Museo Statale di Architettura Ščusev di Mosca. Si occupa del dialogo fra la cultura artistica e architettonica russa e sovietica con l’Europa Occidentale. Ha scritto una delle prime monografie su un architetto russo del Settecento pubblicate in Occidente Palladio in Russia. Nikolaj L’vov architetto e intellettuale russo al tramonto del Lumi, Marsilio, Venezia 2010 (Premio internazionale di Storia dell’Architettura J. Ackerman). Autrice di numerose pubblicazioni, illustratrice, ha sempre prestato attenzione anche agli aspetti materiali del manufatto librario: il libro da lei ideato Volchonka (Mosca, Proekt Belij gorod 2019, grafica I. Aleksandroff) ha vinto la medaglia d’argento al European Design Awards (categoria pubblicazioni).