Luci a regola d’arte
Articolo a cura di Elena Stradiotto, per Fondazione Sandretto Re Rebaudengo
Quest’anno, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo è stata invitata a unirsi alla rete museale torinese che già da cinque anni porta avanti il progetto: “Incontri illuminanti con l’arte contemporanea”.
A lanciare l’idea del progetto è stato l’Assessorato alla Cultura della città, che voleva avvicinare il territorio e le persone a comprendere che cosa accadesse sulle loro teste in occasione del progetto annuale “Luci d’artista”, grazie al quale la classica luminaria natalizia è sostituita da un segno più significativo e significante.
Ad oggi Torino, nel periodo natalizio (ovvero da metà novembre al 14 gennaio) vanta su tutto il suo territorio 26 luci d’artista, delle quali è importante capire la ragione e la natura: che cos’ha quella luce di diverso da una normale luminaria? “Incontri illuminanti con l’arte contemporanea” punta a condurre la cittadinanza a provare a rispondere a questa domanda.
Il progetto, in particolare, coinvolge i dipartimenti educativi dei musei cittadini d’arte contemporanea e non, che di volta in volta adottano una Luce e costruiscono percorsi capaci di avvicinare ad essa le persone e viceversa, in un rapporto di costante reciprocità, così che l’opera d’arte sia davvero pubblica e partecipata. Recentemente, i dipartimenti educativi dei musei hanno ricevuto l’indicazione di spostarsi verso i margini della città, e Luci d’Artista da sempre poste nel centro sono state collocate nelle zone più periferiche, scatenando a volte dei forti conflitti ed episodi di vandalismo. Era evidente la necessità di un lavoro culturale e territoriale con le persone, affinché l’operazione non risultasse totalmente scollegata dalla loro vita quotidiana e reale. Ecco, dunque, la ragione di un programma culturale, educativo e formativo rivolto agli insegnanti, alle scuole del territorio, alle famiglie, agli abitanti perché l’opera d’arte pubblica venisse accolta con cura e non aggredita.
“Incontri illuminanti” si svolge nel medesimo periodo dell’accensione delle luci. Noi abbiamo scelto di lavorare sul territorio dov’è collocata la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, ovvero con la Circoscrizione 3. La Luce che abbiamo “adottato” è Volo su dell’artista locale Francesco Casorati. Si tratta di una luce storica, che, nel corso degli anni, ha visto diverse ubicazioni nella città: dopo una prima collocazione nelle vie del centro, da un paio d’anni viene posta in via Dante di Nanni, la via pedonale sopra un mercato rionale nel quartiere popolare di Borgo San Paolo.
Il nostro desiderio era che questo spazio fosse il teatro delle azioni delle bambine e dei bambini, delle famiglie, degli studenti. Per il nostro progetto abbiamo scelto il macro titolo di Grafie e abbiamo organizzato il lavoro secondo due direzioni.
In primo luogo, abbiamo scelto di usare la luce come elemento che rende possibile scattare delle fotografie, ovvero come materia che origina e riesce a originare un’immagine. Abbiamo proposto la pratica analogica della fotografia stanopeica partecipata, grazie alla quale siamo riusciti a coinvolgere tante realtà e comunità molto diverse tra loro. Il percorso, suddiviso in workshop, è partito dal momento di raccolta delle scatole di latta, che sarebbero state successivamente trasformate nelle macchine fotografiche. La tecnica utilizzata avrebbe dato luogo a negativi non riproducibili, scatti unici e decisivo è stato il momento della scelta dei soggetti da fotografare: un modo, questo, per approfondire la conoscenza del quartiere, passaggio essenziale prima dell’incontro con l’opera.L’esplorazione di Borgo San Paolo, mappato per l’occasione, è stata animata da un obiettivo: comprendere che cos’è l’arte pubblica e, quindi, andare a cercarne i più svariati esemplari secondo il punto di vista dei partecipanti (dal murales fatto dai writer all’Igloo di Mario Merz) e fotografarli. Gli scatti ottenuti sono stati inseriti in una mostra fotografica partecipata che era già in corso, “Incontri in bianco e nero”.
La seconda parte del nostro lavoro ha riguardato il vero e proprio incontro con la Luce d’artista, alla quale abbiamo scelto di avvicinarci attraverso la danza, il movimento, il corpo. Le indicazioni ricevute dai musei prevedevano la collaborazione dei dipartimenti educativi con realtà territoriali no profit attive sul territorio di competenza. E, così come abbiamo collaborato con delle cooperative per il momento fotografico, per questa seconda fase abbiamo lavorato sulla dimensione del teatro e della danza insieme all’associazione / filiera d’arte DIIDEE.
Ovviamente, quando parliamo di danza, non intendiamo la danza in senso stretto, ma la libera espressione del movimento personale ispirata alla Luce d’Artista. L’opera di Francesco Casorati presenta degli uccelli stilizzati collegati tra loro da un filo rosso che ciascuno tiene nel becco. Abbiamo ripreso l’idea del filo di luce, un filo che, metaforicamente, lega delle individualità.
Il lavoro con i bambini, un centinaio di studenti del triennio della scuola primaria, è stato scandito in diverse fasi. Innanzitutto abbiamo preparato i materiali per una libera sperimentazione: le classiche lucine di Natale gialle e rosse e tubi trasparenti (quelli usati per dar da bere alle piante) in cui infilarle. Per ogni gruppo di 3/4 bambini abbiamo predisposto cinque metri di filo e abbiamo chiesto loro di provare a muoverlo nello spazio. Il setting di questa prima esplorazione è stato molto semplice: penombra, fili rossi e fili d’oro, libero movimento nello spazio con questi oggetti.
Successivamente, le attività sono sempre state condotte in due: io, ovvero la mediatrice dell’opera d’arte, e un’esperta di danza proveniente dell’associazione. In un primo laboratorio, con i fili, a ritmo di musica, siamo andati a vedere la Luce, che attraversa tutta la via del mercato: i bambini hanno potuto sperimentare con il proprio corpo e con la luce il percorso del filo rosso della luce d’artista sopra le loro teste. In questo modo, è come se avessero portato a terra la Luce. Tutti coloro che vedevano passare i bambini ne rimanevano incuriositi e domandavano loro cosa stessero facendo: è stato forse il momento più divertente e abbiamo visto concretamente che cos’è la danza di comunità, ovvero un modo di innescare rapporti tra le persone grazie al movimento, anche nello spazio pubblico.
La passeggiata si è svolta al suono della musica de La Morte del Cigno. Questo perché l’esplorazione dell’opera era anche il momento introduttivo alla performance finale: lo spettacolo Reverie, che reinterpreta in chiave contemporanea La Morte del Cigno grazie a una coreografia eseguita da una comunità intergenerazionale di danzatori e non, e che si sarebbe svolto proprio sotto la Luce d’Artista.
Al rientro dalla passeggiata nella via del Mercato, abbiamo portato i bambini nel Museo, dove ad accoglierli ci sarebbero state altre attività. Innanzitutto, in vista della performance finale, a partire dai loro gesti abbiamo costruito un minimo di coreografia costituita, infine, da dieci gesti posti in sequenza.
Infine, per un approccio significativo al museo, siamo andati a cercare la luce all’interno delle collezioni. In particolare, poi, ci siamo soffermati sull’opera di un collettivo di artisti euroasiatici. La loro opera consiste di un grande pannello cosparso di neon verticali verdi che al contempo illuminano e nascondono.
I bambini hanno subito colto la particolarità di questa ambiguità: se di solito la luce mostra e illumina, rende visibile, a volte, eccessivamente forte e proiettata verso di sé, impediva di leggere le parole poste dietro di lei. Il pannello su cui sono posti i neon è composto dai tappeti di preghiera delle moschee sciite e la superficie che ne risulta è interamente coperta da preghiere scritte in arabo. Da notare è anche il colore dei neon: il verde è il colore dell’Islam, ed è verde la luce che si usa per illuminare le moschee. Sopra il pannello, invece, gli artisti hanno scritto delle parole in inglese, che, a mo’ di slogan pubblicitario, annunciano che la storia è fatta dei nostri errori e noi continuiamo a ripeterli per ricordare al futuro la nostra stupidità. Si tratta, evidentemente, di un’opera molto provocatoria.
A seguire, ci siamo ritrovati per fare delle prove in vista della performance/festa finale.
La prima prova collettiva è stata emozionante: anche se a causa del ponte dell’Immacolata la metà dei bambini non è potuta venire, abbiamo visto effettivamente realizzarsi un vero e proprio corteo di luce fatto dai movimenti dei bambini.
Stretti stretti nei loro piccoli gruppi da 3 o 4, al partire della musica facevano nascere la luce, abbassando o alzando il filo. Poi, in fila, costruivano un lungo serpente di luce, che si stendeva fino in fondo alla via, dove c’è la Chiesa di San Bernardino. Lì, ad aspettarli, c’erano i danzatori che avrebbero reinterpretato la Morte del Cigno. Inutile dire che il freddo era pungente. Tuttavia, ancora non sapevamo che cosa ancora ci aspettasse.
Il 15 dicembre, giorno della performance, ha nevicato. Le strade erano impraticabili e gli stessi vigili che erano stati allertati per rendere possibile l’attraversamento della strada da parte dei bambini, ci hanno contattato per dirci che l’evento non sarebbe stato possibile.
Anziché in strada, ci siamo trovati nel museo, che, tutto sommato, era un luogo coerente con il progetto. Abbiamo spento le luci e abbiamo avviato il corteo all’interno della Fondazione: siamo partiti dal fondo delle sale del museo e, passando per il lungo corridoio, abbiamo attraversato tutte le mostre, le cui opere venivano via via illuminate dalla luce emanata dai bambini.
Infine, nello spazio del bookshop, si è svolta la danza su La Morte del Cigno, per la coreografia di Ornella Balestra.
Suggestioni da parte dei bambini? Il processo, ad oggi, è stato prettamente esperienziale. Non c’è ancora stato modo di raccogliere riflessioni a posteriori. Però posso raccontare degli aneddoti interessanti estrapolati dalle varie fasi svolte fin qui.
Durante il laboratorio con i bambini, abbiamo chiesto loro come si fossero sentiti a danzare con la luce. Una bambina ha detto di essersi sentita libera e anche un po’ famosa. Qualcun altro ha risposto sostenendo che danzare con la luce rallentasse i suoi movimenti, sia perché lo sguardo era impegnato a seguire la luce piuttosto che il proprio corpo, sia perché dava molta importanza al gesto che muoveva il filo; inoltre, la lentezza era dovuta anche al legame inscindibile con i compagni del piccolo gruppo.
Come ho detto prima, i dieci gesti coreografati per il corteo sono stati concordati con i bambini. L’idea di far nascere la luce da terra, però, è proprio nata da loro: l’idea di camminare dall’inizio così, come se niente fosse, non li convinceva e hanno proposto di porre la luce a terra, raccolta come in piccoli nidi, che piano piano nascono, partono e vanno ad alimentare l’opera d’arte, sia essa la Luce d’Artista, la coreografia dei danzatori o le opere del museo che così vengono illuminate.
Vorrei menzionare anche un altro momento che è stato emozionante vivere insieme ai bambini. Con loro, abbiamo avuto modo di vedere la Luce d’Artista accendersi nel tardo pomeriggio: i loro sguardi, nell’assistere al momento di accensione, al cambio di stato dalla penombra alla luce, erano colpiti e sarebbe molto bello poter riprendere con loro questo momento e parlarne un po’. Chiederemo alle insegnanti, che sicuramente avranno già avviato una riflessione con loro, che cosa è venuto fuori. A un episodio, però, abbiamo già avuto la fortuna di assistere. In Museo, con una quinta elementare, abbiamo fatto il laboratorio di movimento all’interno di una sala che ospita i dipinti di Victor Man, per la mostra Le palpebre verso sera. Lì, la luce è molto soffusa e i ritratti esposti mostrano quasi tutti volti sospesi tra la veglia e il sonno, evocando un’atmosfera onirica e crepuscolare. Nel corso dell’attività, l’insegnante ha avuto la prontezza di rivolgere ai bambini una domanda interessante: «Guardatevi intorno: la luce dov’è qui?». I bambini, dopo aver mostrato il filo che tenevano in mano, hanno affinato la vista e hanno trovato la luce dove questa è e sarà sempre un elemento essenziale: nei quadri dipinti.
Chissà quante altre suggestioni ci sapranno regalare!