Laboratorio a cura di Gaia Scarpari
Quando mi sono trovata a chiedermi come nascesse un disegno, non ho trovato immediatamente una risposta. A dir la verità, forse non mi è chiaro ancora ora, mentre scrivo.
Spiegare un processo che nasce spontaneo e naturale non è cosa semplice: riuscireste a spiegare cosa vi porta a compiere ogni singolo respiro? Probabilmente no, perché oltre le spiegazioni scientifiche non c’è una vera logica dietro alcune cose, se non quella intricata e complessa dettata da sentimenti ed emozioni.
Disegnare è, per me e per tante altre persone, un’esigenza, un modo di esprimersi.
Potremmo riduttivamente dire che per uno scrittore lo strumento è la parola, per un attore il corpo e la voce, per un illustratore la sua mano, e così via. Eppure, dietro qualsiasi dimensione o professione artistica, c’è sempre un elemento comune: l’immaginazione.
C’è, dietro qualsiasi parola scritta, dietro ogni personaggio in cui immedesimarsi, dietro ogni disegno su carta, tela o taccuino, una spinta invisibile che porta le persone a creare naturalmente qualcosa.
Nella mia visione delle cose, mi piace pensare che ogni volta che la mia matita si poggia sulla carta, io stia dando vita a qualcosa che prima non esisteva. Allo stesso tempo, mi piace immaginare che qualcosa, dentro di me, stia fluendo fuori, pronto per prendere forma.
È o non è anche questa e a suo modo una nascita?
Cercherò, qui di seguito, di prendervi per mano in un viaggio all’interno della mia mente, quando un’idea chiama per essere realizzata, quando un pensiero esige una matita per diventare un’illustrazione.
In questo laboratorio non voglio darvi compiti da seguire, passaggi necessari e obbligati da affrontare; vorrei piuttosto offrirvi spunti, darvi un “La” che possa liberare le vostre note nascoste! Questo perché vorrei che vi sentiste liberi: liberi di nuotare nel vostro processo inventivo e creativo, liberi di compiere le scelte che istintivamente e naturalmente sentite. Solo così potrà nascere qualcosa di autentico, qualcosa che sentirete vostro.
Se mi chiedessero che forma ha il mio cervello quando penso a quale illustrazione creare per un testo, risponderei di certo “una lavatrice in piena centrifuga”. Perché? Beh, perché sento che quello è il momento di acchiappare qualcosa di difficilmente afferrabile. Immagino il cestello di una lavatrice che, al posto di calzini, magliette e mutande, ha mille possibili idee.
Quando dentro di voi nasce il desiderio di rappresentare qualcosa di astratto, come può essere il concetto di “amore”, “felicità”, “rabbia”, o volete disegnare qualcosa di difficile come “La Fantasia”, potete ricorrere all’attività della “pesca”.
Prendete un foglio, scrivete tutto ciò che vi viene in mente che riguardi ciò che volete disegnare. Possono essere oggetti, parole, aggettivi. Date libero sfogo alla mente! Non ci sono limiti, né di pensiero né di tempo.
Questo processo può durare minuti, giorni o persino anni (sarebbe bello e molto utile costruire un quaderno da aggiornare nel tempo in cui racchiudere questa moltitudine di parole!).
Fatto questo, potete procedere in due modi: potete scegliere le parole che più vi convincono, o chiudere gli occhi, passare un dito sul foglio e lasciare che sia lui a scegliere per voi!
Vorrei farvi un esempio: una volta volevo disegnare il bene che sento per i miei nonni. Non volevo però propriamente disegnare i loro volti, non volevo limitarmi ad un ritratto.
Allora ho cominciato a servirmi dei ricordi: il rumore del mattarello che tira la pasta, il suono della bicicletta di mio nonno che mi portava a casa da scuola, una spazzola che mi pettina i capelli prima di danza, due mani che chiudono un tortellino o una sciarpa a quadretti. Mille sono le possibilità, mille sono i simboli di cui ci si può servire.
Perché sotto sotto è solo questione di trovare il giusto simbolo, capace di racchiudere il vero senso di ciò che volete comunicare.
È tutta questione di cercare l’emblema di ciò che volete disegnare: trovare quello giusto, quello che racchiude un concetto, un’idea, un’essenza, che sia personale o universale.
Quando mi capita di realizzare un’illustrazione per un testo, dopo averlo letto, penso sempre: e se disegnassi il contrario di quello che il testo dice?
È un’operazione molto divertente, per me e (spero) anche per chi si troverà a leggere.
Vorrei farvi un esempio: la scorsa settimana, dovevo rappresentare l’idea di “Tatto”.
Mille erano le possibilità: una mano che sfiora una nuvola? Una coperta morbida? La corteccia di un albero secolare?
Dopotutto, praticamente ogni cosa può essere ricondotto al senso del tatto.
Ad un tratto ho pensato: e se disegnassi qualcosa che è meglio non toccare? Non è tatto anche quello, a suo modo?
L’illustrazione che ho realizzato è stata quella di un cactus.
Mi piace spesso andare contro alle parole, non perché non mi piaccia quello che dicono, ma perché mi piace creare un collegamento che non sia per forza scontato.
Un’illustrazione non necessariamente deve essere un appendice al testo: non deve semplicemente limitarsi a descrivere, ma può, a suo modo, raccontare, godere di vita propria e… infrangere alcune regole.
Provate dunque a pensare al contrario, all’inverso: sarà sorprendente scovare la quantità di possibilità che avrete a disposizione.
Ci sono alcune illustrazioni che meritano particolare attenzione: le illustrazioni che mi hanno fatto perdere la paura.
Questo punto non ha molto a che fare con il provare a rappresentare un’idea, quanto più con il tentativo di disegnare un personaggio che mai avrei, di mia spontanea volontà, disegnato.
Un giorno dovevo illustrare un testo che parlava di strisciare e sibilare. “Oh no”, ho pensato, “devo disegnare dei serpenti!”. Essi sono, vi garantisco, uno degli animali che più mi intimorisce.
Mi sono fatta un po’ di coraggio, ho fatto un po’ di ricerca online sulle varietà e specie diverse di serpenti e ho raccolto le foto di quelli che mi parevano più buffi, per colore, forma e fattezza.
Dalla matita sono nati serpenti coloratissimi, dalle pose annodate o dalle espressioni divertenti.
Ho notato, a distanza di mesi, che, se penso a un serpente o ne vedo una fotografia, non provo più la stessa sensazione di paura e ribrezzo di prima. Non posso certo assicurarvi e assicurarmi che se ne vedessi uno dal vivo rimarrei impassibile, ma credo proprio che l’aver disegnato qualcosa che mi faceva paura mi abbia aiutato.
Quando penso a un serpente, ora, non penso più a quelli spaventosi di prima: penso a serpentelli simpatici, colorati e, forse, anche un po’ incompresi.
Illustrare e disegnare qualcosa che ci spaventa sarà forse difficile, eppure credo che potrebbe valerne la pena. Per me è stato, inconsciamente, un modo per esorcizzare una delle mie piccole paure. Volete provare anche voi?
Un’ultima cosa: provate a disegnare qualcosa con la mano destra e poi a disegnare la stessa con la mano sinistra (viceversa, se siete mancini). Disegnare qualcosa con la mano con cui abitualmente non si scrive può dare vita a una nuova visione delle cose, più libera, meno controllata e, chissà, forse più fantasiosa. Mettete poi a confronto ciò che avete disegnato con la destra e ciò che avete realizzato con la sinistra.
Il risultato sarà notevole e, chissà, forse ci aiuterà a capire che le illustrazioni non devono essere perfette per essere belle.
(Se volete aggiungere uno step di difficoltà, potete provare a disegnare ad occhi chiusi!)
Ciao!
Sono Gaia, studio editoria e sono cresciuta a pane e libri illustrati.
Il mio hobby preferito è “accumulare libri”, e giuro che prima o poi riuscirò a leggerli tutti. Realizzo le illustrazioni per FarFarFare perché mi piace creare nuovi mondi tenendo una matita in mano.
Per saperne di più su di me:
Foto e pensieri sparsi (e anche molti libri): IG
Alcune mie illustrazioni:
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