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Neve per regola e caso

Intervista a Roberto Natalini

Fonte di ispirazione per la nostra immaginazione ed elemento poetico, il fiocco di neve è una porzione di realtà irrinunciabile anche per chi si occupa di matematica. 
In un viaggio tra passato, presente e futuro, il matematico Roberto Natalini ci porta a osservare la neve con uno sguardo inedito, stupito e rispettoso. Lo stesso che rivolge alla disciplina di cui si fa portavoce.


Un giorno mia figlia, che frequenta la seconda elementare, è venuta a casa e, riportando una frase della sua (bravissima) maestra, ci ha sgridato dicendo che «la matematica la si deve esperire!». Si perde spesso l’idea che i concetti matematici siano nati per risolvere problemi e riflessioni riguardanti la realtà che ci circonda. Come potremmo, al contrario, ricucire questo rapporto?

È sicuramente giusto sostenere che la matematica debba essere esperita, vissuta: non si può parlare di matematica senza farla. È vero: la matematica si è sviluppata (e continua a farlo) su secoli e secoli di idee, di invenzioni culturali; ripartire da zero ogni volta sarebbe impossibile. È necessario perciò trovare un compromesso tra la matematica che c’è stata e che è utile a risolvere nel modo più semplice alcuni problemi e l’idea che sia importante affrontare questi ultimi nuovamente e da soli. Se non lo facciamo, il rischio è di diventare matematicamente insensibili. 
Ma quali sono i problemi che la matematica può aiutarci a risolvere? Sono quelli relativi alla quantità delle cose, che possono essere contate e misurate. Si parla di questo quando, per esempio, ci si domanda quante siano le pecore di un allevamento, quanto sia grande un terreno che vogliamo suddividere tra varie persone o come passi il tempo. Si tratta di operazioni elementari, ma è proprio da questi interrogativi che…