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Nidi a più non posso

Intervista a Elia Mele, delegato Lipu

Costruire un nido è un’azione primordiale e continua legata alla cura. Vuoi raccontarci tutto ciò che, sulla base della tua esperienza, può essere interessante per esplorare il “nido”, concetto denso che parte dalla semplice materia?

Un nido contiene tanti mondi. 
Se ne troviamo uno, questo ci può raccontare tante cose sia dei piccoli che vi sono stati accuditi e vi sono nati, sia dell’animale che l’ha costruito, facendone un’architettura unica. Ogni nido, in effetti, è un’opera d’arte non replicabile, frutto senz’altro di un istinto e di una genetica comune ma anche di un’impronta del tutto individuale. 
Un nido ha più di una funzione. Quella principale è l’accudimento dei piccoli nei momenti di massima fragilità, ovvero quando sono appena nati o quando sono ancora uova: il nido offre al genitore la possibilità di covarle, tenerle al caldo, ripararle dagli eventi atmosferici. 

C’è però molto altro. 
Pensiamo all’uccello giardiniere, che adorna il proprio nido per attirare la femmina. In questo caso, oltre a proteggere le uova e i piccoli volatili, il nido, insieme ad altre caratteristiche tipiche del maschio di questa specie, contribuisce alla conquista di una compagna. 

I nidi di cicogna, invece, che appaiono enormi, quasi al limite del possibile, possono trasformarsi in ripari; addirittura, possono offrire ad altre specie, per esempio ai passeri, un nido nel nido. Si potrebbe dire che i nidi delle cicogne, soprattutto quando sono più strutturati, siano una sorta di condominio in cui, grazie a una spartizione altitudinale, si realizza una convivenza pacifica. Le cicogne sono fondamentalmente delle accumulatrici seriali e nel tempo i loro nidi crescono sia in peso sia in volume: una volta che la costruzione è già avviata da un po’, i passeri si rifugiano negli strati più bassi del nido, per trovare riparo durante la notte o nelle ore più calde o, perché no, per trovare qualcosa da mangiare (proprio qui, in effetti, finiscono gli scarti delle cicogne). 

Infine, possiamo citare i nidi di picchio, le ben note cavità scavate all’interno delle nervature dei tronchi. Anche in questo caso, il nido diventa un rifugio per altri animali. In particolare, può capitare che si trasformi in una tana perfetta per i piccoli mammiferi che vivono fuori città.

Ecco, un nido è una costruzione capace di raccontare tante storie: ci lascia degli indizi – resti di cibo, per esempio – da cui possiamo intuire persino dettagli di quei piccoli che non sono riusciti a raggiungere l’età adulta.
E un nido è una struttura che ha sì una funzione principale, ma può averne molte altre, anche inaspettate. Le sue sfaccettature sono tantissime e il loro permanere nel tempo in un dato luogo può dare vita ad attività inedite. 

Torniamo al concetto di scarto cui accennavi poco fa, mi sembra che la costruzione di un nido sia un’operazione condotte dagli animali in modo molto ecologico. È così?

In natura, l’idea di riciclo è innata. Se quello che trova è funzionale al suo scopo, l’animale lo usa senza stare troppo a scegliere. Questo accade perché le risorse sono sempre comunque limitate, così come il tempo a disposizione per arrivare all’obiettivo: adattarsi è necessario.
Nei maneggi, per esempio, i nidi vengono costruiti a partire dai crini dei cavalli. E, se vogliamo un esempio ancora più sorprendente, dobbiamo pensare ai nidi di merlo, che sono pieni dei fili di plastica usati per legare i sacchi della spazzatura. In questo caso, un rifiuto che non dovrebbe trovarsi in natura viene comunque preso in considerazione, apprezzato per la sua resistenza, la sua leggerezza e la sua forma e sfruttato a vantaggio dell’animale. Insomma, si fa con quello che si ha e, anche se quello che c’è non dovrebbe esserci, non è detto che non si riesca a ricavarne qualcosa di buono.   

Quando un animale costruisce un nido, tutto il suo impegno è orientato a raggiungere la funzionalità di cui ha bisogno. Questo, però, non gli impedisce di curare l’aspetto estetico della sua casa: ogni nido può raccontare l’idea del bello che l’ha guidato nel dare forma alla sua architettura. La parte estetica dell’animale, secondo me, esiste ed è visibile. E ciò non vale solo per il caso più conosciuto, ovvero quello dell’uccello giardiniere cui abbiamo già accennato: sono assolutamente convinto che ogni piccola architettura abbia la sua bellezza, declinata ogni volta in modo diverso, e riscontrabile nella scelta dei materiali, nel modo in cui questi si mescolano, nel tipo di intreccio che riconosciamo tra le componenti… 
Alcuni uccelli, per esempio, usano esclusivamente sottilissimi fili d’erba. Al contrario, le rondini impastano il fango con l’erba o con la paglia, creando quello che sembra a tutti gli effetti l’antenato naturale del nostro cemento armato. Osservare un nido ci permette anche questo: ricordare quanti spunti la natura ci possa dare (e ci abbia dato) per migliorare le nostre vite.

In che modo gli autori di un nido si relazionano alla loro opera nel corso del tempo?

Una buona parte delle specie resta legata al proprio nido per tutta la vita. Ne è un esempio la cicogna: dove una coppia nidifica, lì resterà. Altre specie, invece, usano il nido che hanno costruito solo per una stagione, sfruttandolo per le covate del periodo. Infine, ci sono specie che abbandonano il nido subito dopo averlo costruito. 

Il nido dei Germani è un esempio di evento lampo. La femmine, che sa benissimo cosa deve fare, non perde tempo: abbozza un rifugio ponendovi qualche piuma capace di scaldare le uova, e poi, appena schiuse, porta via i piccoli con sé in direzione dell’acqua. 

Il cuculo, invece, non costruisce affatto il proprio nido: depone le sue uova nel nido di altri uccelli. Queste si schiudono molto rapidamente, molto prima di quelle originarie, che il piccolo cuculo appena nato prova a scacciare subito, non appena uscito dal guscio: una volta nato, liberarsi delle uova originariamente deposte nel nido in cui ora si trova lui, è il principale obiettivo di un cuculo neonato. Così facendo, il piccolo cuculo, rimasto solo con quelli che non sono i suoi veri genitori, si spaccia per il loro pulcino e si fa nutrire fino a raggiungere la maturità.

Si può dire che il cuculo rubi, per natura, un nido che non gli appartiene. D’altro canto esistono anche specie in cui a essere naturale è l’aiuto intergenerazionale, soprattutto nell’accudimento dei piccoli.
Quello dei nidi è un mondo bellissimo e assolutamente ricco di interazioni estremamente varie.

E se dovessimo fare una passeggiata e alla ricerca di queste architetture, cosa ci consiglieresti di fare?

Io dico sempre che non c’è bisogno di andare chissà dove: non serve un parco naturale per vedere un nido, basta semplicemente andare in un parco pubblico cittadino. 

Se abitiamo in città, per esempio, possiamo esplorare le siepi o gli spazi del nostro cortile. Ciò che importa, sempre e comunque, è condurre quest’osservazione con molta attenzione.

Il nido è per definizione un oggetto molto delicato: gli uccelli sono ipersensibili a qualunque azione di disturbo possa percepire nei suoi confronti. Se l’animale scopre che, per qualsiasi ragione, il suo nido è esposto, è vulnerabile, se, quindi, teme che possa essere una potenziale preda, la prima cosa che fa è abbandonarlo. E questo accade in qualunque stato evolutivo sia il suo piccolo – un pulcino appena nato, un uovo, un uovo sul punto di schiudersi. Può sembrare brutale, ma la natura è così: piuttosto che perdere tempo cercando di salvare ciò che non può essere salvato, l’adulto se ne va e nidifica altrove.

Per questo, quando osserviamo un nido, dobbiamo innanzitutto preoccuparci di essere abbastanza lontani così da non recare disturbo. E, se proprio non resistiamo all’idea di osservare un nido da vicino, possiamo farlo fuori dalla stagione riproduttiva (tra novembre e febbraio andrebbe benissimo – e i rami spogli offrono un’ottima visuale). In questo caso, ci possiamo permettere proprio di andare a cercare un nido frugando tra i cespugli: non avete idea del mondo che si trova là dentro!

Se siamo in un momento in cui sappiamo che l’animale è presente nel suo nido, non ci potremo avvicinare, ma sarà perfetto se ricorreremo a un binocolo. In questo caso, che siamo in città o altrove, la cosa importante è sapere dove puntare lo sguardo. Alcune specie nidificano all’interno delle chiome delle alberature, ma altre preferiscono situazioni più antropizzate e, per fare il nido, scelgono i nostri edifici. Il gheppio, per esempio, nidifica nelle anfratti presenti negli edifici, mentre il rondone tende a sistemarsi sotto i tetti delle case più vecchie. 

Se volete andare a vedere un nido e, come me, abitate a Milano, fatevi una passeggiata davanti al Castello Sforzesco o intorno a San Siro, soprattutto d’estate, anche quando ci sono i concerti. Una delle scene più belle a cui si può assistere è proprio quando, sullo sfondo di un concerto, con la musica ad altissimo volume, si vedono i rondoni uscire a cercare del cibo del tutto noncuranti della popolazione umana che si è assembrata all’interno dello stadio. Altrettanto bello, e forse un po’ più semplice, è lasciarsi avvolgere dai sonorissimi stormi di rondoni intorno al Castello Sforzesco, nelle ore tarde del pomeriggio. 

Ecco cosa intendo dire quando affermo che non c’è bisogno di andare chissà dove per fare delle bellissime osservazioni. È chiaro che alcune specie bisognerà andare a cercarle in luoghi particolari, ma non dobbiamo trascurare il fatto che anche la città è ormai uno scrigno di biodiversità.


Elia Mele, naturalista, da oltre 7 anni è delegato Lipu della Sezione di Milano. Ama la Natura, nella sua forma più selvaggia, e gli piace raccontarla, attraverso incontri col pubblico adulto, le scuole e i bambini. Crede fermamente che la bellezza, nella sua massima espressione estetica e filosofica, si sublimi nella Natura, nelle sue forme, nelle sue dinamiche.