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Noi siamo progetto

 a cura di Monica Gilli

Per un adulto pensare che la propria vita sia un progetto è pressoché normale. Si progetta di iniziare a vivere in autonomia, di acquistare o semplicemente trovare una casa, si progetta la ricerca del lavoro, si pensa a costruire una famiglia. Si progetta il proprio tempo libero in funzione delle passioni, delle relazioni e dei desideri, ma per un bambino o un giovane ragazzo pensarsi progetto è piuttosto complesso. È necessario stimolare le riflessioni dei giovani in crescita perché inizino a pensarsi in chiave progettuale.

Costruire cose come ponti

Martin Heidegger ci ha insegnato che è necessario scartare le parole come fossero caramelle per trovare significati utili a spiegare la complessità del nostro essere-nel-mondo.[1] Il filosofo prova allora a immaginare il progetto di sé come un ponte che viene costruito facendo però molta attenzione a osservare le due rive che dovrà unire. Il ponte, inevitabilmente, modificherà la morfologia del territorio ponendosi come elemento da osservare esso stesso.

Pensarsi come progetto

Partendo dall’immagine proposta dal filosofo tedesco, proponiamo ai bambini e ai ragazzi di partire proprio dal ponte, chiedendo loro di disegnare il ponte che immaginano e riflettendo insieme sulle metafore che ne possono nascere.
Le due rive potrebbero essere il passato e il futuro, da dove si viene e verso dove si va, potrebbero essere dei contesti come la scuola e la famiglia, oppure, facendo riferimento al periodo di pandemia, potrebbero essere il dentro e il fuori, lo stare tra le mura che proteggono e il ritorno alla socialità, ma anche all’imprevisto.
Non poniamoci limiti e lasciamoci trascinare dalle parole, immagini e idee della nostra comunità.

Proviamo a osservare le diverse tipologie di ponti raffigurati e riflettiamo sul fatto che il ponte è una struttura che ha lo scopo di superare un ostacolo geologico o artificiale che si antepone ad una via, interrompendo la direzione.
Il ponte, come il progetto, unendo due rive, permette loro di esistere, mostrandone tutto il valore. È proprio la presenza del ponte che ci permette di cogliere un’angolazione differente, di poter intravedere nuove prospettive.
Le riflessioni che emergeranno da questa attività di dialogo, disegno e scrittura potranno essere funzionali per soffermarsi con i giovani a riflettere e iniziare a definirsi, a pensarsi essi stessi come progetto.

Abitare il progetto 

È ancora Heidegger che ci suggerisce di abitare il nostro ponte, il nostro progetto. Abitare significa prendere dimora. L’abitare esprime, secondo Heidegger, il modo di essere, la disposizione dell’animo e del fisico, il “modo in cui l’uomo è nel mondo”. Il filosofo tedesco intreccia la parola abitare con un’azione essenziale per l’uomo: la cura. Abitare sarebbe il fine che sta alla base di ogni atto di costruzione. 
Il luogo dell’abitare è un luogo reale che si identifica con la propria casa, e, allo stesso tempo, è anche il modo che gli esseri umani hanno di essere sulla terra come mortali. Il filosofo tedesco dice: “L’abitare sarebbe quindi in ogni caso il fine che sta alla base di ogni costruire.[2]   
Questa riflessione ci porta a considerare che costruire è propriamente un abitare, che abitare è il modo in cui i mortali sono sulla terra e, infine, che l’azione di costruire, di edificare costruzioni, dice della necessità umana di protezione e di cura di sé.[3]

Costruire e abitare il proprio progetto a partire dalle mani

Per semplificare al meglio e per rendere i concetti sopra esposti più fruibili per i bambini è necessario passare all’azione, ovvero proporre un’esperienza che “dica” di questo progetto che siamo e del modo in cui lo abitiamo.

Il laboratorio, ovvero il processo

  • Pongo o creta o plastilina o pasta di sale: materiale malleabile e facilmente manipolabile 
  • Tempo: un progetto necessita di tempo non solo per realizzarsi, ma, soprattutto, per permettere all’ideatore di viverlo, di immergersi in esso.

Il laboratorio proposto non prevede di rappresentare e costruire un oggetto specifico. Si potrà procedere alla costruzione del ponte precedentemente disegnato, oppure creare un albero tridimensionale o un vaso. Si può lasciare libera l’immaginazione o proporre un oggetto carico di significati metaforici e iniziare a lavorare, con cura.

Il processo, con tutti i suoi passaggi, è l’elemento e l’obiettivo di questo laboratorio, cercando di rendere visibile e narrabile il pensiero progettuale in tutte le sue fasi: 

  1. ideazione: ossia il disegno.
  2. creazione fisica contenente le sensazioni e le emozioni suscitate, gli errori e gli “aggiustamenti” dell’opera in corso.
  3. una riflessione critica finale sul processo e sul prodotto realizzato.

Ogni bambino potrà scrivere i passaggi avvenuti per la realizzazione del suo progetto oppure sarà l’insegnante a documentare passo passo il percorso mostrando come il pensiero e l’essere umano siano in grado di gettarsi oltre e scoprire e costruire il mondo partendo dalla conoscenza di sé.


Monica Gilli è maestra d’infanzia e allieva dei bambini, pedagogista critica e sognatrice, sempre in movimento e alla ricerca di significati e storie da raccontare.


NOTE
1. M. Heidegger, Costruire abitare pensare in Saggi e Discorsi, Mursia, Milano, 1976
2. Heidegger M., Saggi e discorsi, Mursia, Milano, 1976, p. 97.
3. Ivi, p. 98.