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Non c’è Scorza
senza Succo

Laboratorio a cura dei Ludosofici

Ciascuno di noi è se stesso, e su questo non ci piove. 
Ma se fosse possibile diventare qualcosa di completamente diverso da noi?
Se fosse possibile trasformarsi, nel vero senso della parola?

Noi crediamo che sia possibile e pensiamo che non sia necessario ricorrere ad alcun trucco di magia. Basta esercitarsi molto nell’arte dell’immedesimazione: svestire i nostri panni per vestirne di nuovi, entrare negli abiti di qualcuno o di qualcosa che non siamo noi. Non per finta, però: credendoci davvero. 

È per questo che prima di cominciare è importante riflettere sul fatto che ogni scorza che indossiamo e ci riveste influisce moltissimo su ciò che abbiamo dentro, e viceversa. Una vera trasformazione non può avvenire se crediamo che la scorza sia separabile dal succo: che il corpo sia altro da pensieri ed emozioni, che la voce sia distante da movimenti e sensazioni. 

Ciascuno di noi è se stesso, e su questo non ci piove. Eppure, possiamo uscire dalla nostra scorza per indossarne altre e immaginare, immedesimandoci, che cosa accadrebbe a diversi personaggi immersi nella stessa situazione. 

Vi proponiamo qui la stessa scena raccontata a partire da punti di vista diversi: siete pronti a trasformarvi?

Il corpo

Per prima cosa, provate ad ascoltare ogni racconto e lasciate che il vostro corpo si muova assecondando le parole e le immagini che man mano prenderanno forma nella vostra mente. Non dimenticate che l’obiettivo non è quello di osservare i personaggi con occhi esterni, ma di incarnarli sempre di più: i vostri occhi saranno i loro occhi, i vostri movimenti i loro movimenti; il vostro corpo il loro corpo. Non li vedrete oltrepassare degli ostacoli, ma sarete voi a doverli superare, così come non vedrete dei personaggi gioire o spaventarsi, ma sarete voi a provare felicità o paura.

Un bambino…

Ah, che meraviglia! Questo posticino è davvero perfetto per te.
Te ne stai lì sdraiato, con tutto il corpo disteso su un soffice prato. Il calore del sole ti scalda dai piedi su fino alla punta dei capelli. È quasi ora di pranzo e la luce è così forte che ti costringe a coprirti gli occhi. Ti eri portato un libro da leggere, ma tutto sommato un bel pisolino non sarebbe una cattiva idea… Stai giusto per metterti a sonnecchiare, quando “Tic!”: una goccia ti cade sul naso. “Tic!”: una goccia sull’orecchio sinistro. “Tic, tic, tic!”: altre gocce ti colpiscono la faccia e le mani. Possibile che stia piovendo? Era così sereno fino a pochi secondi fa! Di scatto apri gli occhi e ti metti a sedere. Guardi in alto: minacciose nuvole nere si stanno avvicinando. Di sicuro sta per scoppiare un acquazzone. Hai pochissimo tempo per raccogliere tutte le tue cose: il libro, la felpa, lo zaino con il pranzo…
Avrai preso tutto? Speriamo! Raccogli da terra il guinzaglio di Poldo, il tuo cane, e lo strattoni, ma lui non sembra aver intenzione di seguirti. Forza, Poldo, sta per diluviare! Chissà che cosa frulla nella testa di un cane… Beh, poco importa, tu devi andare a ripararti prima che la pioggia ti inzuppi dalla testa ai piedi: con tutta la forza che hai tiri, tiri, tiri… e ti ritrovi di nuovo steso per terra…

Poldo, il Cane…

Ti senti il cane più fortunato del mondo. Te ne stai lì accucciato sul prato. Con il muso nascosto sotto le zampe, stai sonnecchiando da un po’: non riconoscerai i colori, ma di sicuro tutta quella luce è un grosso ostacolo a una bella dormita. Senza dubbio, è più fastidiosa la luce del sole di quelle goccioline che da un po’ ti picchiettano la schiena. Ti fanno solo un po’ di solletico: nulla che le tue zampe posteriori non possano risolvere con una grattatina. Che cos’è, però, questo trambusto? Alzi il muso e vedi il tuo padrone alzarsi in piedi. Lo fai anche tu, sulle tue quattro zampe. Sniff! Che odore che ha la pioggia! Cominci a fiutare tutto quello che hai intorno. Avvicini il muso al terreno: anche quello, con la pioggia, ha un odore interessante… Ahi! Qualcosa ti tira e ti costringe ad alzare la testa. È il tuo padrone che urla e tira quella corda attaccata al tuo collo, guardandoti ed emettendo quel suono che ormai riconosci: “Poldo!”. È evidente che ce l’ha con te: chissà cosa vuole. Gli rispondi abbaiando e torni a fiutare il terreno, che la pioggia ha reso così morbido: la tentazione è irresistibile e devi scavare. Ahi! Un altro strattone e di nuovo quel suono familiare: “Poldo!”. Adesso è troppo: opponi tutta la resistenza che puoi e fai cadere il tuo umano per terra. Hai vinto! Il tuo sguardo viene attirato da qualcosa che si muove accanto a te: ti fermi, pronto in agguato…

Il Lumacone

Finalmente, dopo tanto sole, un po’ di pioggia! Per te, che sei una lumaca, questo è il perfetto momento per uscire allo scoperto. Piano piano, vieni fuori dal tuo guscio: ti distendi e poi strisci lentamente, inarcando e stendendo il tuo corpo. Senti il terreno tremare sotto di te e allunghi le antenne per vedere di più. Non è impresa semplice per te che sei così piccolina, più bassa di un filo d’erba: ti allunghi il più possibile, ma scorgi ben poco di quello che accade. Riesci a vedere solo delle cose che si spostano a gran velocità, davanti e sopra di te. Le conosci, quelle cose: sono “scarpe”, quegli oggetti umani minacciosi che temi prima o poi ti schiacceranno. Non sei abbastanza veloce per schivarle, né abbastanza forte per fermarle: puoi solo rattrappirti ogni volta che il pericolo è vicino. Come… adesso! E… adesso! D’accordo, ora vai avanti: la gustosa fogliolina a cui aspiri è quasi tua… Apri la bocca, pronta a dare il primo morso, ma… Ohi! Un pezzo di terreno ti è atterrato addosso. L’ha lanciato una zampa. Una zampa di qualcosa di enorme, che avvicina sempre più il suo muso a te. “Wof!” Non capisci: quel verso non è il tuo. Meglio non rischiare: rientra nel tuo guscio e resta ferma lì.

Fiore

Ahi… Ahi… Povero te, fiore delicato! Schiacciato sotto il peso di un bambino, sei tutto accartocciato e fai fatica a respirare. Hai imparato che non puoi ribellarti a questa storia: le radici ti bloccano al suolo, muoverti e spostarti ti è impossibile. Perciò, quando finalmente inizia a piovere e il bimbo che ti schiaccia si alza in piedi, piano piano ritorni in posizione. Non sei tu che lo vuoi, accade per natura: il gambo si raddrizza, le foglie si distendono e i petali, uno dopo l’altro, si sistemano. Adesso sì che sei di nuovo in ordine. Eppure, piove. Quei goccioloni, grandi più delle tue foglie, precipitano su di te come dei sassi, facendoti ogni volta traballare: TOC! TOC! TOC! In più, il fuggi fuggi generale non ti tiene molto in considerazione ed ecco scarpe e zampe che ti schiacciano: Ciaf! Ciaf! Ciaf! Che vita difficile, quella del fiore… Ma mai come quando si avvicina quell’essere un po’ viscido e bavoso: nelle giornate di pioggia accade sempre, che disgrazia! Dentro di te tremi, non vuoi perdere una foglia… Mamma mia, ti morderà? “Wof!” Qualcosa ti ha salvato: il predatore è tornato nel suo guscio e tu rimani lì, un po’ acciaccato, sì, ma almeno sano e salvo.

Lo Smartphone

Non è possibile: è successo di nuovo.
Per te, che sei uno degli ultimi modelli di Smartphone, essere dimenticato così facilmente da chi dovrebbe tenerti con cura è davvero umiliante.
E adesso te ne stai lì, fermo immobile, immerso nel fango di una melmosa pozzanghera, e ti domandi perché, tra tutte le tue funzioni, non ci sia anche quella di camminare.
Chi ti ha progettato ha fatto scelte strane… Ti ha dotato di un occhio potentissimo, ma non hai una testa per guardarti intorno. Da un po’ hai persino una voce tutta tua, ma non puoi dire niente se prima qualcuno non ti chiede qualcosa: e ora che vorresti urlare per chiedere aiuto non puoi. E soprattutto non ti puoi muovere di un centimetro. Costretto in quella posizione, sei scosso da continui brividi che annunciano l’arrivo di infiniti messaggi.
Oh no – oh no. Una chiamata. Qui la vibrazione si trasforma in terremoto, se qualcuno non risponde… Sì, ma chi? Non c’è nessuno lì intorno, se non… un essere bavoso che, strisciando, ti sale addosso e, senza volerlo, accetta la chiamata: «Pronto?». Certo, e ora chi lo dice a quell’umano che ha risposto una lumaca?

La voce

Adesso sarete stanchi, dunque prendete fiato e sedetevi tranquilli. 

Potete provare un secondo tipo di trasformazione, un po’ più sottile, ma non per questo meno intensa. Questa volta sarete voi a leggere i testi, affidando alla vostra voce il compito di entrare nei panni dei diversi personaggi. Anche la nostra voce può trasformarsi, arrivando a somigliare e ad avvicinarsi moltissimo persino a ciò che per sua natura non può parlare. 

Un importante suggerimento, però: la voce non è indipendente dal corpo, poiché il suo compito è quello di esprimere attraverso suoni e parole ciò che sentiamo nella pancia, le sensazioni e le emozioni che ci pervadono dalla testa ai piedi. Includere l’uso della voce nel nostro esperimento non fa che aggiungere un tassello a ciò che abbiamo fatto prima.

Quindi, anche se sei stanco, difficilmente potrai prendere fiato e stare seduto tranquillo… Il tuo corpo non potrà far altro che seguirti.  


I testi sono stati scritti per Broken Atlas, progetto laboratoriale curato dai Ludosofici per la XXII Esposizione Internazionale della Triennale di Milano, Broken Nature: Design Takes on Human Survival