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Poesia, ozio, lentezza…

Intervista a Simone Savogin a cura di Chiara Araldi

1.

Il poeta: colui che ha fatto del guardare i tramonti una professione, un marchio di fabbrica, una ragione di esistere. Ma è poi vero? Tu credi esista un rapporto tra l’ozio e la creatività?

Pur essendo una persona estremamente fattiva, devo ammettere che serve calma, spesso, per riordinare le idee e mettersi a scrivere. Soprattutto durante l’osservazione, quando si “raccolgono i dati” per elaborarli e poi metterli su carta, serve tempo, serve pazienza, serve attenzione. È difficile mantenere alta l’attenzione in uno stato differente dalla calma, anche solo mentale, quindi l’ozio fornisce una certa calma intrinseca, nel tempo che si può trascorrere giustapponendo parole e pensieri, trovando soluzioni migliori per ritmo e suono all’interno di un pensiero.

Non sono certo esista un vero e proprio rapporto tra ozio e creatività, perché non credo l’ozio influisca su di essa, anzi, spesso l’ozio porta solo altro ozio o altra apatia, quindi assolutamente l’opposto della creatività, un indulgere in comportamenti sempre più piatti e meno industriosi. Certo, spesso la pigrizia aguzza l’ingegno, quindi si trovano soluzioni per fare ancora meno sforzo ottenendo risultati maggiori, ma non sempre funziona con la poesia.

Spesso, però, l’ozio implica una certa dose di arricchimento intellettivo e spirituale: letture, conversazioni, film, fruizione di altra arte; tutte cose che sono la vera linfa della creatività. Quindi forse sì, l’ozio è una delle condizioni migliori per creare un habitat in cui la creatività possa svilupparsi, ma non credo ne sia diretta fonte, non credo sia certezza di ispirazione e non credo che per tutti funzioni così.

2.

L’ozio implica la possibilità di svuotare il tempo, per riempirlo di un significato: il riposo, la riflessione o, perché no, la noia.  Nel mondo in cui viviamo, invece, il tempo sembra essere sempre pieno, tutto è velocissimo, sincopato, affastellato. Tu ti definisci “lento”. Come si può essere le…