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Ri-Alzate la voce!

Laboratorio a cura dei Ludosofici

In ogni nostra casa è custodita la storia di una mamma, nonna, bis-nonna, zia, amica, vicina di casa, cugina, sorella, amica… che non aspetta altro di essere raccontata o addirittura illustrata. Potete aggiungere fotografie o altro materiale che può servire a descriverla meglio e raccontare le straordinarie gesta di cui è stata protagonista. E quando le tracce sono state smarrite, nulla ci vieta che possiamo essere noi, con la nostra immaginazione, a sopperire a questa mancanza. Grazie all’esempio di Le Ortique, che ridà voce alle artiste dimenticate, anche noi possiamo dare voce a tutte le artiste nascoste nelle nostre case e nei nostri ricordi e immaginare, a partire da loro e grazie a loro, nuove forme per i nostri sogni e i nostri desideri.

Dunque, che aspettate? Scaricate il libretto qui sotto, andate alla ricerca di voci sussurrate e trasformatele in racconti udibili in tutto il mondo!

Tanti cerchi e un solo centro:
Lalla Kezich

Articolo a cura di Alessandra Trevisan (Le Ortique)
Letto da Costanza Faravelli

Se “Trieste è una donna”, è anche la città in cui Laura de Manzolini Vidali nasce il 3 novembre 1924, all’inizio del ventennio fascista. La sua formazione si svolge in un collegio di suore a Capodistria, terra di confine che anima il suo orizzonte e che segna un’infanzia in cui deve affrontare la separazione dei genitori. È piccola, timida e fragile eppure, molti anni più tardi, sarà proprio quello il momento che la farà nascere scrittrice, quando sceglierà di pubblicare per Rizzoli, nel 1982, La preparazione, un romanzo breve e autobiografico dedicato alla sua prima comunione e a quel tempo di attesa, familiare eppure difficile, in cui l’iniziazione spirituale è parte di uno scollamento del sé: «Lauretta abbassò di nuovo lo sguardo e disse: ‒ Va bene. Pensò ad altro, si sentiva come divisa in due. Ripeté macchinalmente: ti chiedo perdono, papà.» Nel gesto dimostra una maturazione viva e oltre-religiosa, che inizia quando, ripensandosi ragazzina, rivive catarticamente le ansie del passato, le trasforma nella materia viva della scrittura. Un’attività per lei intima, un privato che è politico.
Ma partiamo da prima. Dopo la guerra, infatti, farà l’attrice alla Silvio d’Amico di Roma, lavorerà in radio a Trieste, insegnerà alle scuole medie e scriverà radiodrammi e sceneggiature. Incontrerà poi Tullio Kezich, suo marito. È un momento di rinascita molto appagante, per un’Italia che si avvia al Boom economico. Lei la vive attraverso una maternità desiderata, e che tuttavia la fermerà per qualche tempo. Nel 1956, infatti, nasce il figlio Giovanni e Lalla si dedica con esclusività alla vita domestica. 
Ripartirà negli anni Sessanta da Roma, viaggiando in tutto il mondo con Tullio: i due sono impegnati a partecipare ai festival di cinema internazionali, da Los Angeles a Cannes. Lei diventa un punto di riferimento per lui: una figura che ne costruisce il mestiere e che, nei propri diari, appunta commenti alle proiezioni su cui il marito scriverà poi critiche per i giornali. È una nuova fioritura, un sentirsi partecipe e completa non a servizio di qualcuno ma autonoma nel supporto che può dare. 
Negli anni Settanta riunisce i suoi primi racconti. Li pubblicherà nel 1977, quando Enzo Siciliano e Raffaele Crovi inizieranno a credere nel suo talento di scrittrice. Lalla ha più di cinquant’anni e sente che il suo narrarsi bambina vince la volontà di fare qualunque altra professione. Si guadagna uno spazio intellettuale non facile per le donne che vogliano pubblicare. Parallelamente scrive poesie che non usciranno mai ma che fondano il suo immaginario, lo perimetrano e fanno respirare tutto il resto. Partecipa poi a premi letterari, si espone, riceve critiche eccellenti. È una figura stimata, anche se resta defilata. 
La forma breve è quella che preferirà sempre: si sente a suo agio con il racconto e la potenza delle sue descrizioni filmiche lo testimonia. D’altronde ‘la visione’ è ciò da cui ha imparato a scrivere e che avviluppa il suo approccio. Nei suoi testi ci si immerge nei luoghi e nei tempi esteriori e interiori, in vite sospese di personaggi in costruzione, alla ricerca di un equilibrio tra l’io, il noi e il mondo. Anche quando scriverà favole per i bambini tesserà trame che si interrogano, personaggi che cercano un loro ‘centro’. È forse lei che si sente dentro questo ‘movimento’, questo vivo Gruppo concentrico, titolo perfetto di una sua raccolta che esce nel 1987, in cui le donne sono protagoniste. Scrive lì: «Mi avevano dato una cameretta tranquilla e raccolta con due letti alti di mogano, le coperte di cotone bianco e il lavabo di marmo. La sera per andare a letto dovevo arrampicarmi come per una scalata e mi piaceva tirarmi su con fatica e guardarmi intorno da quell’altezza». Il punto di osservazione – ancora – della bambina di questo racconto (Le statuine di cera) ci dice come Lalla Kezich sia immersa nell’ingenuità della fanciulla per definire i contorni di chi esplora, valuta, conosce e diventa grande, donna e autrice. Dice come la rinascita trovi la propria chiave nel passato per farsi presente. E per lei è come se dentro la parola resistesse un mondo, un’idea da salvare, protesa al domani, allo slancio, al contatto con l’altro, sulla pagina e nella vita. In effetti, il suo ancestrale ancoraggio del femminile è vivo in una poesia inedita: «Qualche volta,/ quando le donne parlano tra loro,/ penetrano nell’anima/ l’una nell’altra.» Un legame che ci fa riflettere, risvegliare e sperare.

Foto Alessandra Trevisan

Alessandra Trevisan è PhD in Italianistica all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Si occupa di autrici dimenticate del Novecento e ha lavorato a lungo su Goliarda Sapienza, dedicandole due monografie. Nel 2020 ha fondato con Viviana Fiorentino e altre autrici il gruppo Le Ortique. È lyricist e poeta.


Le Ortique deforming the canon. A group of women authors committed to discover forgotten women artists.
Dall’Italia all’Irlanda, un percorso obliquo e fuori strada fatto da autrici per riscoprire le artiste dimenticate dai canoni.