Laboratorio a cura dei Ludosofici

“
” è un modo di dire molto diffuso, ma per nulla banale. In qualche modo riassume bene il punto di vista di alcuni dei più famosi filosofi.Platone, per esempio, nel suo Mito della Caverna, racconta di prigionieri costretti in una posizione che li obbliga a mantenere lo sguardo fisso davanti a sé. Essi sono inconsapevoli della loro condizione e credono che ciò che vedono corrisponda alla realtà. Se potessero muoversi e voltarsi, scoprirebbero che ciò che normalmente osservano non è altro che l’ombra di oggetti che altri uomini, fuori dalla caverna, portano sulle spalle: oggetti, che, a ben guardare, sono a loro volta imitazioni delle cose reali. Cogliere l’essenza del reale, secondo Platone, è un’impresa estremamente difficile, proprio perché essa è al di là di ciò che appare ai nostri occhi. Anche altri filosofi diranno che l’autentica realtà resta irraggiungibile, come nascosta dietro un velo.
Dunque è vero che le apparenze ingannano?
Dipende. Pensiamo a un libro. Esso ci appare innanzitutto attraverso la sua copertina, che racchiude le pagine e la storia che vi è scritta.
Un libro, si dice, non dovrebbe essere giudicato dalla copertina, perché questa non dice abbastanza e, se parla, lo fa in modo inappropriato rispetto al contenuto. Eppure una copertina può essere un vestito aderente che lascia intravedere molti particolari o solo alcuni, un abito largo che libera l’immaginazione o un travestimento che imbroglia e si prende gioco di chi la osserva.
Prendiamo cinque fiabe: Il Brutto Anatroccolo, La Bella e la Bestia, Pinocchio, La Sirenetta e Cappuccetto Rosso. In tutte i protagonisti subiscono delle trasformazioni che mutano le loro sembianze: qualc…