Sotto di noi
Intervista ad ArcheoKids
“Cosa c’è sotto?”: a questa domanda l’archeologia può rispondere in tanti modi. Scavando e recuperando concretamente ciò che per secoli è rimasto nascosto sotto terra; osservando reperti che godono della luce del sole e immaginando un passato che sta sotto il nostro presente, fondandolo o, semplicemente, precedendolo.
Per conoscere meglio la disciplina che tanto affascina grandi e piccini, abbiamo intervistato i fondatori di “ArcheoKids, il blog che racconta l’archeologia ai bambini”.
Nell’immaginario collettivo “l’archeologo” è uno dei mestieri più affascinanti che si possa intraprendere. Perché, secondo voi, fin da subito, la bambina e il bambino sentono la necessità di costruire un legame con il passato, andando oltre quello che è il loro presente?
Il fascino che l’archeologia esercita sui bambini e sulle bambine può, probabilmente, essere spiegato in duplice modo. Innanzitutto, l’archeologo è lo studioso che ha accesso a un mondo che è “altro”, indefinitamente “lontano” nel tempo (poco importa quanto) e diverso da quello odierno. In un certo qual modo è una sorta di interprete del passato: traduce in una lingua comprensibile a tutti la lingua parlata dagli oggetti e dai resti materiali di civiltà antiche e, così facendo, rende possibile il dialogo tra civiltà lontane e il presente, tra il passato e le donne, gli uomini e i bambini di oggi.
E poi, non dimentichiamoci che l’archeologia, con tutto l’insieme di luoghi comuni che si trascina dietro (il mistero, l’avventura, i tesori, la scoperta), fa grande presa sulla curiosità dei bambini. Chi ha poi però la voglia e la pazienza di andare oltre quei luoghi comuni e approfondire lo studio della disciplina, si renderà conto che l’archeologia è tutt’altro che un film all’Indiana Jones.
L’archeologia, credo, richiede che si crei un equilibrio tra immaginazione e lettura del dato reale. Credo che un buon bilanciamento tra queste due facoltà sia importante anche in altri campi, non solo nel campo dell’archeologia. Cosa ne pensate?
Se è vero che l’archeologo, per fare bene il proprio mestiere, deve studiare molto (sapere come erano fatte le “cose” in passato) e deve, come un bravo investigatore, registrare le tracce e tramite queste ricostruire ciò che è stato, è anche vero che l’immaginazione non solo aiuta moltissimo a pensare come un edificio o un oggetto fossero in origine – a partire da pochi filari di pietra rimasti o da qualche frammento di ceramica – ma serve anche a proporre nuove ipotesi ricostruttive o interpretative.
In questo processo ricostruttivo-interpretativo, pur partendo da dati oggettivi o dalla ricerca di indizi che confermino le ipotesi formulate, l’immaginazione può fornire un apporto decisivo nel darci spunti per procedere nella conoscenza del passato. Se poi l’immaginazione si associa a un buon intuito, entrambi permettono di “vedere” ciò che ancora non si vede bene, di fare quel balzo in avanti che
può portare a grandi scoperte.
C’è una frase di Albert Einstein che chiarisce bene questo concetto:
“Ho quel che basta dell’artista per attingere liberamente alla mia immaginazione. L’immaginazione è più importante della conoscenza. La conoscenza è limitata. L’immaginazione comprende il mondo.”
Parto dalla mostra dedicata a Bruno Munari organizzata a Bologna all’interno del Museo Civico Archeologico nel 2007, in occasione dei festeggiamenti per il centenario della sua nascita. Si era decisa quella ubicazione per sottolineare la vicinanza della sua filosofia artistica con idee di archeologia come quella di Vere Gordon Childe, che legge nel bullone di oggi il reperto di domani. Così, nelle bacheche dei saloni dedicati alla civiltà etrusca trovavano posto, in
armonia con i reperti, circa 40 opere dell’artista. Avete suggerimenti per creare delle armoniche corrispondenze di indagine tra passato, presente e, perché no, futuro, che possono essere utilizzate anche in classe?
Il punto di partenza imprescindibile per creare un’armonica corrispondenza di indagine tra passato, presente e futuro è la riflessione sull’oggetto in sé.
Facciamo un esempio. C’è stato, c’è e sempre ci sarà il bisogno di illuminare gli spazi in cui abitiamo; il soddisfacimento di questo bisogno avviene, a seconda delle epoche, con oggetti d’uso che rispecchiano le conoscenze, le tecnologie, le abilità, le materie prime a disposizione in quel contesto e in quell’epoca specifica.
Sicché, nel corso dei secoli, si è passati dalla lucerna alla lampadina, all’illuminazione a led e in futuro… chissà. La costante è l’oggetto illuminante, la variabile è rappresentata dalla forma estetica, dal materiale e
dalla tecnologia che sostanziano quell’oggetto.
Per rendere questo concetto chiaro ai più piccoli proponiamo un’attività a misura di bambino/a. Si richiede a ogni alunno/a di portare in classe un gioco o un giocattolo appartenuto ai loro genitori e, se riescono a recuperarlo, anche ai loro nonni. Oltre a questo, dovranno portare anche un loro gioco o giocattolo. Ciascuno/a dovrà poi provare a immaginare un giocattolo/gioco del futuro (con il
quale magari tra venti o trent’anni giocheranno i propri figli) e disegnarlo.
Tutti i materiali raccolti – oggetti e disegni – possono essere utilizzati per allestire un piccolo museo che mostri concretamente, per quel che riguarda il tema “giochi e giocattoli”, l’armoniosa corrispondenza tra passato, presente e futuro relativamente a quasi quattro generazioni.
Cambiano le tipologie di oggetti, resta invariato il bisogno di soddisfare il diritto al gioco di ogni bambino in tutti i tempi.
Giovanna Baldasarre, Elisabetta Giorgi, Samanta Mariotti, Nina Marotta e Francesco Ripanti sono cinque archeologi professionisti. Fanno parte dell’associazione di promozione sociale M(u)ovimenti, che progetta iniziative di conoscenza e valorizzazione del patrimonio culturale per grandi e piccoli.
Nel 2014 hanno fondato ArcheoKids, il blog che racconta la storia e l’archeologia ai più piccoli. L’obiettivo è offrire una narrazione diretta, non filtrata né stereotipata, dell’archeologia e di tutto ciò che ruota attorno a essa (scoperte, eventi storici, protagonisti, ecc.), ma anche di riflettere sul ruolo sociale che questa disciplina oggi può avere: il futuro del patrimonio dipende da noi e l’archeologia ci aiuta a recuperare la memoria storica collettiva dei luoghi.
Per contattare ArcheoKids, è possibile scrivere a: archeokids@gmail.com