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Spazio alla luce

Intervista ad Anna Pironti e Paola Zanini
Fondatrice e Responsabile Dipartimento Educazione
Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea

La luce è necessariamente in dialogo con il buio, opposti che si richiamano in continuazione e che non possono vivere l’uno senza l’altro. In che modo questo dialogo viene trasferito all’interno dei numerosi workshop che proponete su questo tema?

Partiamo da un assunto semplice, ma fondamentale: la luce è vita. Non a caso, Io, lo spazio e la luce è il titolo della prima ricerca sviluppata dal Dipartimento Educazione negli anni di avvio delle proprie attività, che è nata contestualmente all’apertura del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea nel 1984. Si trattava di un percorso propedeutico per avvicinarsi all’arte contemporanea appunto, con la nostra presenza continuativa a scuola, che consentiva agli allievi di tutti gli istituti scolastici in prossimità del Museo, dalla scuola dell’Infanzia alla Secondaria, di vivere un’esperienza sperimentale, estetica e sinestetica, mettendo a fuoco gli elementi costitutivi dell’opera – in particolare la relazione con lo spazio, la scoperta di sé a partire dalla forma (sagoma) generata dall’ombra del corpo, grazie alla luce che diventa strumento per lo svelamento e la rivelazione. L’ombra è fondamentale, con tutto il suo significato anche simbolico/metaforico e ci proietta nella dimensione dell’artificio.

Da allora ad oggi, nell’arco di quasi 40 anni, questi stessi contenuti riemergono nella mostra di Olafur Eliasson al Castello di Rivoli, Orizzonti tremanti, che rende evidente quanto i fenomeni ottici e luminosi siano determinati dall’interazione dinamica tra gli elementi: lo spazio circostante, la presenza del corpo, la stessa acqua che con il suo movimento produce i bagliori alla base del riverbero cromatico nei Caleidorama.

La luce è per noi interessante al di là del fatto estetico in sé, ovvero come elemento capace di svelare la realtà con le sue molteplici sfaccettature e di fare acquisire quote di consapevolezza, così da affinare la capacità di sguardo attento e analitico, importante specialmente nella nostra società sempre più veloce dove la vista è distratta da un’infinità di stimoli, perché tra guardare e vedere c’è una grande differenza. Questo è un discorso che partendo dall’educazione all’arte può contribuire alla crescita e al benessere della persona nella sua totalità.