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Tu chi sei?
Piacere, mi presento!

A cura dei Ludosofici

Siete al parco o a casa di amici. Incontrate un gruppo di nuovi bambini e vi presentate. Che cosa fate? Dite il vostro nome, vi stringete la mano e, di sicuro, vi guardate in faccia. Perché vi soffermate proprio sul viso e non sui piedi o l’ombelico? 

C’è un filosofo, Emmanuel Lévinas, che dice che guardare il volto di un’altra persona è come aprire la porta di una nuova casa e varcarne la soglia. In effetti, il viso di qualcuno può già raccontarci tanto della sua storia personale. E, soprattutto, è dal volto, e non da un piede o un ombelico, che siamo in grado di riconoscere qualcuno. 

Che cosa si può capire, però, dal viso di una persona?
Ci sono i suoi tratti somatici: la forma del suo naso, il colore dei suoi occhi sono dettagli che distinguiamo chiaramente. Poi, guardando magari un qualsiasi ritratto, fotografico o dipinto, potremmo intuire la professione del personaggio che abbiamo di fronte agli occhi: se è tutto truccato e perfettamente pettinato, potremmo pensare che lavori nel mondo dello spettacolo, perché apparire bello è parte integrante del suo lavoro; se porta un cappello tipico di una qualche divisa militare, potremmo credere che si tratti di un marinaio, un pilota o un carabiniere. 

Un volto, infine, rivela anche un’emozione: un sorriso smagliante od occhi spenti sono segno di entusiasmo o di tristezza. Il rossore sul viso può essere al contempo segno di imbarazzo o di un divertimento che ha portato allo stremo delle forze. 

Sembra proprio che da un viso si possano capire tante cose. Perciò ecco il primo gioco che vi proponiamo. 

1.

Prendi un foglio di carta e prova a fare un autoritratto di te stesso. Disegna il tuo volto in modo tale che non ci siano dubbi, perché quello lì ritratto sei sicuramente proprio tu.

2.

Chiedi a un’altra persona di disegnare il tuo viso, così che alla fine tu abbia un tuo autoritratto e un tuo ritratto. 

Il risultato è uguale? Al di là delle abilità pittoriche, potreste sorprendervi a scoprire che dettagli presenti nel ritratto mancano nell’autoritratto e viceversa. Perché il nostro stesso volto può essere rivelatore o magari può imbrogliare. Forse chi ha disegnato il nostro viso ha intravisto un’emozione che eravamo convinti non si notasse o si è lasciato ingannare da qualcosa e ne ha tratto conseguenze non corrette: quella mollettina dà l’idea di una bimba vanitosa, ma se fosse lì solo per far sì che i capelli non le cadano sugli occhi così da non distrarla dall’esercizio di matematica? 

Perché, se il volto è la soglia da varcare, al di là di essa c’è tutto un mondo da scoprire. 

“Tu chi sei?” è una domanda a cui non si potrà mai rispondere del tutto. Il nome non basta, così come il nostro viso. Eppure, vale la pena continuare la ricerca.
Tornate a concentrarvi su voi stessi e pensate: che cosa fa di me ciò che sono? Che cosa mi rende davvero me stesso? Che cosa mi fa dire che sono proprio io? 
Oltre all’aspetto esteriore c’è il mio carattere, la mia personalità. Ed è qui che continua il nostro gioco. 

3.

Raccogli una grande quantità e varietà di materiali: stagnola, cotone, foglie secche, stuzzicadenti, schegge di plastica o di gomma. L’importante è che a toccarli la sensazione sia sempre differente. 

4.

Prendi una scatoletta di cartone e scrivici il tuo nome. 

5.

Prova a descriverti a partire dai diversi materiali, che dovrai scegliere toccando. Ogni materiale potrà suggerirti una tua caratteristica (l’essere fragile, dormiglione, curioso, etc), ma non c’è una corrispondenza esatta: ognuno esplorerà i materiali dal suo punto di vista.

6.

Raccogli i materiali nella scatoletta. 

7.

Se hai fatto questo gioco con i tuoi amici o genitori, raccontate i vostri risultati: spiegate chi siete a partire da ciò che avete scelto. 

Allora forse si poteva dire chi si è, se addirittura si è riusciti a collocarsi entro una scatola. Ma ancora una volta, siamo sicuri che sia tutto lì? 
Che cosa c’è, in effetti, dentro quella scatola? Ci sono io ora o c’è il me stesso del passato? O quello che sarò in futuro? Ci sono io per come sono a scuola o per come mi comporto a casa? O magari ci sono io quando mi trovo in situazioni tutte nuove e sconosciute? 
Il punto è che noi cambiamo sempre. Cambiamo in relazione al tempo, ma anche alle persone e alle situazioni. Dire chi si è è tutta una questione di intrecci e mescolanze. 

“Tu chi sei?” sarà forse una domanda senza risposta. Ma proprio per questo non dobbiamo mai smettere di farcela.