Vai al contenuto

Volta pagina

Intervista a Paola Momentè

Al giorno d’oggi, il cambiamento climatico e i rischi che da questo possono derivare sono questioni sulla bocca di tutti. La maggior parte se ne dice preoccupata, ma spesso sono i più piccoli a esserne davvero spaventati. Del resto, mentre noi continuiamo a parlare di “generazioni future” come se si trattasse di persone con cui non avremo mai davvero a che fare, i bambini e le bambine cominciano a identificarsi con gli sfortunati individui che subiranno gli errori, l’innocente ignoranza e la colpevole irresponsabilità degli esseri umani che li hanno preceduti.
La paura fondata dei bambini e delle bambine dovrebbe quindi portarci a rinunciare ad affrontare l’argomento? Niente affatto. Deve però convincerci a trovare strategie sempre più ricercate ed efficaci per farlo. Ci sarà una volta – Storie per un clima da favola (Corraini Edizioni) è un libro e un esempio da cui prendere spunto. Ecco perché abbiamo voluto intervistare la sua autrice.


Com’è nato il libro?

Spesso mi piace accompagnare i miei disegni con frasi o giochi di parole. Anche in questo caso l’idea è nata perché per un po’ di tempo mi è ronzata per la testa la frase “climate change is not a fairy tale”. Inizialmente pensavo di realizzare dei manifesti illustrati in cui inserire del testo e riportare dei dati sulla gravità della situazione, ma poi ho capito che l’idea meritava più spazio, e più pagine.


Perché è così difficile far capire quanto eventi lontani, sia nel tempo sia nello spazio, ci tocchino profondamente da vicino?

È da un po’ che ci rifletto e non sono giunta a nessuna illuminante verità. Parlando di spazio, credo che il classico “occhio non vede, cuore non duole” possa valere anche in questo caso; certamente è riduttivo ma comunque veritiero. Per quanto riguarda il tempo, invece, in questi giorni sto leggendo Siamo ancora in tempo! di Jason Hickel, edito da ilSaggiatore, e mi ha molto colpita un passo in cui l’autore paragona il nostro interesse per i fatti e i dati ambientali agli incubi di chi soffre di sindrome post-traumatica: ci giriamo e giriamo attorno, ma non viviamo mai il trauma vero e proprio. C’entra con la natura dell’uomo e anche con un assurdo – nel vero senso del termine – concetto di spirito di sopravvivenza. Questa cosa mi affascina tantissimo.


In questo libro i personaggi delle favole e dei classici riportano l’attenzione sulle problematiche di tipo ambientale che attanagliano il nostro pianeta: perché la scelta di affidare proprio a loro tale narrazione?

Inizialmente è stato un gioco di associazioni, ma credo che il tutto poi si sia incastrato proprio grazie all’indole di questi personaggi. Portare messaggi e significati è nella loro natura, per questo sono stati dei perfetti alleati per informare sullo stato dei loro ecosistemi e del nostro pianeta. Inoltre, credo che offrire soluzioni miracolose o lanciare moniti non sia nell’interesse di nessuno, né mio né loro né tanto meno del lettore; sensibilizzare, invece, è nell’interesse di tutti e farlo attraverso queste figure è soprattutto nell’interesse dei più piccoli. Per un po’ di tempo mi sono preoccupata del fatto che potesse essere un libro troppo negativo, ma spero che il loro immaginario e il loro spirito di gruppo che si scopre alla fine possa offrire la giusta chiave di lettura.


Dal tuo libro sembra che il cambiamento climatico sia un problema che si riflette a 360°: non solo a livello ambientale ma un qualcosa che agisce cambiando i risvolti delle storie, i finali, le narrazioni, la cultura. Questo libro sembra dire “È dal mondo che nascono le storie e le possibilità: se il mondo non è più quello di prima, cosa racconteremo in futuro?”. I classici sono un modo di tramandare, lasciare al prossimo una morale, una storia, un messaggio. Dovremmo agire allo stesso modo quando parliamo del nostro pianeta. Qual è stata l’idea da cui sei partita quando hai pensato di parlare di cambiamento climatico?

Credo sia nato tutto dopo la marea eccezionale, la cosiddetta Acqua Granda, che ha colpito Venezia nel novembre del 2019. Come dicevo, la frase “climate change is not a fairytale” mi girava in testa da un po’ ma è stato dopo quell’evento catastrofico che ho iniziato a dare una forma all’idea. Essendo particolarmente legata alla città, quella del Gatto con gli Stivali è stata la prima immagine/manifesto che ho realizzato e successivamente sono nate le altre. Nello stesso periodo si parlava infatti dei milioni di ettari bruciati in Amazzonia e la combinazione “deforestazione – bosco di Cappuccetto Rosso” è stato il passo successivo. Piano piano ho notato che ogni causa e ogni effetto del cambiamento climatico in corso poteva essere rapportato a una favola o fiaba così ho iniziato ad approfondire l’argomento, a rileggere favole e a scombinare i loro lieti fini.


Parlare di queste tematiche vuol dire parlare dell’altro, di chi vive oggi e soprattuto di chi verrà domani: cosa significa per te affidare questa responsabilità ai libri e all’illustrazione?

Avendo scelto questa professione dovrei saper rispondere abbastanza facilmente, ma in realtà faccio molta fatica. So, però, che mi piace guardare ai libri e all’illustrazione come a degli strumenti: sono utili, risolvono problemi, svoltano situazioni, spesso hanno più di una funzione e quasi sempre sono anche ergonomici. Possono durare per tantissimo tempo, ma possono anche essere utili una volta sola o non fare proprio mai al caso tuo. Li puoi prestare, perdere per sempre o tramandare, puoi trovarne una versione migliore oppure una che non funzionerà mai come quella vecchia. A volte ho paura di essere troppo pragmatica per questo lavoro ma i libri e le immagini aprono e chiudono cose e mi piace pensare di poter creare oggetti di questo tipo.

Paola Momentè

Paola Momentè (1991) è autrice, illustratrice e un po’ graphic designer. Origini balneari venete, oggi vive e lavora a Venezia. Ha studiato Arti Visive e dello Spettacolo allo IUAV e si è specializzata in Illustrazione all’ISIA di Urbino. Ha collaborato con Einaudi Ragazzi, Marsilio Editori e ogni tanto tiene i laboratori didattici a Punta della Dogana, Venezia. È grande fan de La Settimana Enigmistica.