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Vuoto come spazio

A cura di Atto

Atto ha curato la grafica di questa rivista che si intitola Vuoto, nella quale il collettivo di architetti Orizzontale ha prodotto i testi e le immagini, in un delicato equilibrio tra vuoto e pieno, tra la necessità di spazio e quella di fare spazio. 

Atto ha dovuto, attraverso l’impaginazione della rivista, raccontare questa ricerca.

Ma cosa fa un/a grafico/a di fronte al vuoto della pagina bianca? Come fa dialogare lo spazio pieno con lo spazio vuoto? Quale relazione tra contenuto, grafica e tipografia? 

Le parole del testo stampato vengono guardate, non udite.
La configurazione dello spazio del libro […] deve corrispondere alle tensioni di trazione e pressione del contenuto.
– El Lissitzky, 1923, sulla rivista Merz

Il progettista e il progetto sono due organismi osmotici in continuo dialogo, non c’è separazione tra ciò che si vive e ciò che si progetta. Quando il collettivo di architetti Orizzontale ci ha chiesto di pensare a un contenitore che raccogliesse le loro riflessioni sullo spazio pubblico prodotte durante il lock down, abbiamo accettato con entusiasmo, consapevoli che l’esperienza di isolamento e cattività appena vissuta avrebbe lasciato delle tracce tangibili nel progetto. 

Orizzontale ci ha inviato una prima bozza nella quale le immagini erano state elaborate digitalmente, usati colori fluorescenti, clipart di word. Questo primo loro passo ci ha incoraggiati a ragionare su un oggetto cartaceo, che si portasse dentro linguaggi eterogenei, aberrazioni, esperimenti. 

Ecco che la limitazione della libertà di movimento, l’impossibilità di entrare in relazione fisicamente, ci ha spinti a una progettazione più fluida, aperta e leggera.

Pensando al celeberrimo libro Medium is the massage di Marshall McLuhan e Quentin Fiore e alle parole di El Lissitzky, abbiamo provato a ragionare sul concetto di libro visivo, perché bisogna sempre ispirarsi ai migliori.

Abbiamo esplorato le capacità del testo di diventare elemento espressivo, di farsi portatore di senso anche dal punto di vista visivo, di sottomettersi al suo significato.

FarFarFare serve a guardare quello che avviene fuori, soffermarsi in spazi diversi da quelli che siamo abituati a frequentare, per prendere spunto e trovare quella che è la nostra strada. E allora perché non provare a prendere un foglio bianco, del formato che si preferisce, e facciamo come ha fatto Atto: proviamo a raccontare visivamente le emozioni e il vissuto di questi mesi con frasi, ritagli di giornale, fotografie, disegni: calibriamo gli spazi, gli equilibri tra gli elementi, tra i colori… perché tutto è un racconto. 

Non permettiamo che pian piano lo scorrere del tempo prenda il sopravvento senza darci la possibilità di raccontarci quanto abbiamo vissuto. 


Atto è uno studio di progettazione e comunicazione visiva nato a Milano nel 2013 dall’incontro di due grafici professionisti. Sara Bianchi e Andrea Zambardi progettano grafica, tra carta e mondo digitale. Amano la ricerca, l’insegnamento e l’auto-produzione. Soprattutto credono che la cultura generi cultura.