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La piega spiegata
Laboratorio a cura dei Ludosofici
Il labirinto di Pomodoro
Articolo a cura di Paola Boccaletti di Fondazione Arnaldo Pomodoro
Addentrarsi in un labirinto è un atto coraggioso.
Col fiato sospeso, compiamo il primo passo, varchiamo la soglia, oltrepassiamo l’ingresso. Respiriamo, il nostro torace ora si gonfia e si sgonfia regolarmente.
Proseguiamo di qualche centimetro, forse di una manciata di metri. Poi, i nostri piedi rallentano e, infine, si fermano. E, di nuovo, tratteniamo il fiato.
Laboratorio a cura dei Ludosofici
Non è la paura a fermarci, non necessariamente. È semplicemente la forza dell’incertezza, dell’indecisione. Davanti a noi si apre un bivio, un’alternativa di fronte alla quale dobbiamo pensare.
Il carattere spezzato del labirinto, che prepotentemente ordina di orientarsi in un percorso in cui sarebbe più facile perdersi, è un invito a riconoscere e a valutare molteplici possibilità che, lì per lì, si equivalgono. Come rispondere a questa esortazione?
D’istinto, la nostra reazione sarebbe quasi isterica: gli occhi comincerebbero a oscillare a destra e a sinistra, ballando da un’opzione all’altra come in una conta frenetica che, senza farsi notare, volesse sostituire la sorte alla scelta.
Noi, però, non siamo questo. Non tratteniamo il fiato per riempire quella pausa di un vuoto incontrollato e frettoloso. Ci fermiamo per riflettere e per provare a capire.
Articolo a cura di Paola Boccaletti di Fondazione Arnaldo Pomodoro
Cosa può suggerirci la geometria di un labirinto? Che cosa possiamo intuire da un percorso apparentemente incomprensibile? Quali indizi vi ha lasciato chi l’ha immaginato e realizzato?
Per rispondere a queste domande, e non per indovinare la strada giusta, dobbiamo pensare. Dobbiamo guardarci intorno, leggere e interpretare. Dobbiamo lasciare che ciò che ci circonda si intrecci con noi, con il nostro vissuto e possa parlare. Così facendo, avremo scelto. L’avremo fatto noi, perdendoci e orientandoci al contempo, proprio come vuole un labirinto.