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FARFARFARE #ALFABETI

Ciao! Questa è FarFarFare, la newsletter che ogni mese sceglie un tema e di settimana in settimana lo esplora attraverso laboratori, attività e tanti materiali che potrai usare a tuo piacimento. 

Tutto cambia

Intervista a Vera Gheno

Alfabeto del gesto

Laboratorio a cura di Delfina Stella

Lettere da leggere

Bibliografia a cura della Libreria Vicolo Stretto

e un po’ di cose curiose che abbiamo selezionato su internet!

In un famoso duetto di quasi cinquant’anni fa, Mina accusava il suo interlocutore di non fare altro che pronunciare «parole, parole, parole…», lasciando intendere che a quegli effimeri insiemi di lettere avrebbe di gran lunga preferito la concretezza di un gesto.   

Non è così difficile condividere il punto di vista femminile della canzone. Del resto, chi non ha mai pensato che le parole siano la versione meno incisiva, più ambigua e disimpegnata delle azioni? Le frasi che pronunciamo, per quanto pregne di significato o ispiratrici dei più mirabolanti immaginari, si dissolvono velocemente e confondono la loro eterea consistenza con quella altrettanto intangibile dell’aria. Esserne gli autori non implica una responsabilità così grande; esserne la voce non rende complici di gravi misfatti. Una parola scritta, è vero, nel suo apparire chiaro e resistente al tempo, attira a sé una certa dose di rispetto e di timore, ma anche in questo caso impallidisce al cospetto di un gesto capace di trasformare sensibilmente la realtà. 

Già, perché, in fondo, che cosa può fare una parola? Per quanto amorevole, non saprà mai regalarci il calore di un abbraccio. Per quanto pesante, la sua massa non graverà mai sulle nostre spalle e, anche se tagliente, non saprà ferire come farebbe la lama di un coltello impugnato e mosso da una mano. Una parola potrà essere decisa, affidarsi a una voce ferma e sicura, suonare autorevole e suadente, ma sarà mai convincente come una prova che si offre agli occhi o un esempio che ispira e invita a essere imitato?

Così, se da un lato parlare è facile perché tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare e, lungo la strada, verba volant non lasciando sull’acqua nemmeno la traccia di una scia, dall’altro le parole soffrono di un perenne complesso di inferiorità rispetto ai fatti, ai gesti e alle azioni. Si sentono in difetto, ma non perché poco convinte del loro valore, bensì perché sottostimate da coloro da cui sono espresse. Facendosi forza, prendono alla sprovvista bocche e orecchie provocando risate, pianti o confusione: scuotono gli animi laddove non riescono a scuotere i corpi. Accusate di inefficace immaterialità, rivendicano la loro sensatezza, pienezza e poliedricità sfoggiando i numerosi significati che sanno contenere e traggono in inganno lasciandosi fraintendere. Trascurate, mangiate e lasciate a metà, fanno notare quanto minuscoli dettagli possano essere preziosi: lettere, vocali, accenti o apostrofi che, ignorati, scombinati o appositamente scelti, potrebbero stravolgere un’idea. 

Di per sé, però, contrapporre le parole ai fatti potrebbe essere un falso punto di partenza. Se non ci fossero lettere a comporre nomi, verbi e aggettivi necessari a raccontare, tutto quel che accade quasi non esisterebbe: chi potrebbe riconoscerlo? Ed è pur vero che le parole sono strumenti pronti all’uso: elementi essenziali a scrivere, leggere, comprendere, interpretare e fare ordine.  Parlare è già un modo di agire, e “fatto” è già una parola.

C’è una corrispondenza inevitabile tra la concreta realtà e il velo di parole che la riveste, una pelle che, strappata, non la renderebbe nuda, ma priva di vita. Nessun oceano nel mezzo, tra il dire e il fare: tutto naviga e procede sulla stessa barca, che, quando cambia direzione, direzione, urla al vento quel che fa.

Tutto cambia

Intervista a Vera Gheno

Che cosa sappiamo della lingua che usiamo tutti i giorni per esprimerci? A scuola apprendiamo la grammatica e cerchiamo di conoscere il maggior numero di parole possibile. Spesso, perciò, ci sembra che la lingua sia solo da imparare, ma non è così: la lingua è ancora da fare, perché, come la realtà che racconta, non può fare a meno di cambiare.

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Laboratorio

Alfabeto del gesto

Laboratorio a cura di Delfina Stella

A che cosa può dare origine una lettera? A una parola, certo, ma non solo: da una lettera può scaturire un pensiero, un’immagine o un gesto che si sviluppano e trasformano attraverso una libertà vincolata solo da quel minuscolo appiglio, a cui ci si può aggrappare per non rischiare di cadere.

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Lettere da leggere

Bibliografia a cura della Libreria Vicolo Stretto

Parola dopo parola, lettera dopo lettera, un libro prende forma. E non importa se di lettere o parole non si vede neanche l’ombra: il fatto che nessuno le abbia scritte non significa che non siano state immaginate. Ci sono lettere visibili o nascoste in tutti i libri, ed è per questo che noi possiamo leggerli.

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Alcune cose curiose

  Che cos’è e da dove viene lo Shwa? Come si pronuncia? Vera Gheno racconta, in breve, la storia di questo simbolo oggi tanto dibattuto che si propone tra le possibili soluzioni per una lingua che vuole provare a essere più inclusiva e più al passo con il nostro presente.  

Oggi stortiamo il naso di fronte all’eventualità che nuovi simboli siano introdotti nel nostro alfabeto e, di conseguenza, nella nostra lingua scritta e parlata. Siamo diffidenti perché siamo abituati a pensare alla lingua come a un dato indiscutibile. Eppure, se guardare al futuro ci fa così tanta paura, possiamo rassicurarci volgendo lo sguardo al passato, dove compaiono alcune lettere che oggi non si usano più. 

L’alfabeto fonetico è ricco di segni che solo i più attenti scrutatori dei dizionari avranno in mente. E, anche in questo caso, difficilmente si conosceranno tutti. Già, perché l’alfabeto fonetico è internazionale, ovvero tenta di raccogliere tutti i suoni di tutte le lingue parlate nel mondo. Viene da sé che un simile alfabeto sia in continua evoluzione.