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Ciao! Questa è FarFarFare, la newsletter che ogni mese sceglie un tema e di settimana in settimana lo esplora attraverso laboratori, attività e tanti materiali che potrai usare a tuo piacimento. 

Libera necessità

intervista all’antropologo e scrittore Matteo Meschiari
a cura di Ilaria Rodella

Oltre il giardino

laboratorio a cura dell’artista Claudia Losi

Ri-formare

Quadrografia a cura di Carlo Tamaniniresponsabile
dell’Area educazione e mediazione del Mart

e un po’ di cose curiose che abbiamo selezionato su internet!

«I filosofi si sono limitati a interpretare il mondo in modi diversi; si tratta ora di trasformarlo». Con queste parole Karl Marx componeva l’ultima delle sue Tesi su Feuerbach e, al contempo, lanciava il suo programma filosofico e politico. Ma che cosa voleva dire esattamente? 

Forse che il tempo di perdersi in chiacchiere era finito e che era finalmente giunto il momento di entrare in azione? Può darsi. Potrebbe però anche voler dire che alle teorie fino ad allora elaborate dovesse seguire un cambiamento, visibile e tangibile, della realtà. In questo caso, interpretazione e trasformazione non sarebbero da intendere come alternative l’una all’altra, ma come conseguenti e, in qualche modo, imparentate.

Del resto, non è la capacità di interpretare a consentirci di dubitare che le cose non stiano esattamente così come si credeva? A mostrarci che di uno stesso fatto esistono molteplici versioni e dunque che, in fondo, la realtà potrebbe anche essere diversa da come appare qui e ora ai nostri occhi?

E la trasformazione non è forse figlia di un progetto, di un’idea o di un desiderio che non vedono l’ora di incidere sulla realtà, rendendola diversa da com’è?

Entrambe, interpretazione e trasformazione, tradiscono una sorta di insoddisfazione, di incapacità di accontentarsi. Entrambe fanno appello alla nostra responsabilità e libertà di immaginare. Pretendono che la realtà non sia mai solo una e solo quella e questo, se da un lato è un rischio, dall’altro descrive uno dei nostri poteri più straordinari: quello che fa sì che per i nostri occhi e per le nostre mani il reale, oltre che reale, è anche possibile.

Libera necessità

L’immaginazione è una facoltà libera che va incoraggiata, perché permette di giocare seriamente. Perché, come dice anche Matteo Meschiari, è necessaria alla sopravvivenza.

Oltre il giardino

a cura di Claudia Losi

È a partire dalla realtà che ci circonda che la nostra immaginazione può dare sfogo alla sua, dunque alla nostra, libertà. Per farlo, però, ha bisogno di un’alleata: un’attenzione paziente, che questo laboratorio vi aiuterà ad allenare.

Ri-formare

quadrografia a cura di Carlo Tamanini,
responsabile dell’Area educazione e mediazione del Mart

Una selezione di opere che libera l’immaginazione di chi osserva e racconta come uno sguardo attento e consapevole sappia dare nuova forma alla realtà.

Nel corso dei secoli, la nostra immaginazione ha permesso di inventare, ascoltare, rielaborare, custodire e tramandare moltissime fiabe. Esse non sono, contrariamente a quanto potrebbe sembrare, un’evasione dalla realtà, ma una sua rilettura e ne costituiscono una fondamentale porta d’accesso. Le fiabe, ci ricorda Gianni Rodari in questo estratto televisivosono necessarie ancor di più in un momento in cui la realtà si fa sempre più visibile e prepotente: c’è bisogno di armarsi di metafore, di essere ascoltatori e co-autori di fiabe, per poter interpretare e fare propria la realtà.

A volte la realtà supera l’immaginazione e, per questo, sembra ancora più incredibile di un racconto di fantasia. Questo articolo rivela che qualcosa di simile a quanto narrato ne Il Signore delle Mosche di W. Golding è accaduto davvero, ma con una differenza non da poco. Naufragati su un’isola e abbandonati a loro stessi, sei ragazzini sono stati in grado di sopravvivere, cooperando e sostenendosi a vicenda, ribaltando la visione pessimista contenuta nel romanzo di W. Golding. I nostri pregiudizi spesso ci impediscono di credere che i bambini saprebbero cavarsela una volta lasciata loro una totale autonomia. Perché invece non fidarsi della loro immaginazione, consentire dei piccoli vuoti e lasciare che siano loro, autonomamente, a riempirli? E se fossero proprio loro a indicarci nuove soluzioni o, perlomeno, strade che non pensavamo percorribili? 

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, i musei non sono luoghi chiusi e impermeabili, autosufficienti e autoreferenziali. I musei sono al contrario sempre desiderosi di arricchire le loro collezioni e di offrirsi allo stupore, alle domande, ricerche e interpretazioni dei visitatori che vi si recano. Ciò è sempre vero, e non potrebbe esserlo di più per un museo che ospita il patrimonio illimitato della fantasia: il  MUFANTmuseo, e laboratorio, del fantastico. E voi, che cosa mettereste in una collezione che raccolga i frutti della fantasia?